“La mano operosa ottiene il comando, quella pigra sarà per il lavoro forzato.” (proverbi 12/24).

 

 

da Antonio Cortese (giornalista)

 

In questi ultimi anni e con sorprendente ritardo, si parla e ragiona sulla validità e le future applicazioni della cosidetta “intelligenza artificiale”. Già negli anni sessanta era una moda letteraria fantascientifica alla portata dei più, da Asimov partendo dal futurismo di Marinetti, congelato dalle cecità belliche; poi col ritorno alla natura, dagli anni settanta, semplici favolette sviluppatesi poi in cinematografia anche estrema a seguire futurizzavano uno scenario che a volerlo siamo ancora in largo ritardo. Le auto non volano, l’inquinamento é ancora un problemaccio, e le navi spaziali stanno ancora dal giocattolaio.

 

Ovviamente i progressi tecnologici non si sono fatti attendere: per lavare le casacche di un reggimento bisognava intraprendere una nuova battaglia, mentre ora bastano cinque lavatrici.

 

Il dibattito sulla nuova materia é di facilissima appetibilità, poiché oggi ciascuno dispone di uno smartphone elementare. Sembra però che ultimamente se ne speculi l’argomentazione, illudendo in specie le nuove generazioni. E’ severo far notare o ricordare che per correttezza la parola intelligenza con questo nuovo aggettivo accanto non lo possa essere nel significato. Al limite quando si voglia comunicare gli archibugi della furbizia scaltra, adoperata nei secoli da molti ingegni e inventori fino agli imprenditori odierni, ne si ricorda qualche proprieta’ ma non certo l’intero grado qualitativo.

 

Spesso nei luoghi comuni del discorso, negli intercalari del dialogo, si dice e si sente la solita ramanzina sulla stupida funzione operaia delle macchine che non fanno altro che eseguire un ordine, appunto di un cervello invece che da sempre  é “artigianale”. Quando invece ascoltiamo queste rinnovate superficialità del tipo : “…non ti preoccupare faranno tutto le macchine…”, ebbene in quel momento non sta parlando un dottore o un vecchio saggio, ma la morte. La morte del pensiero, del movimento di ogni funzione vitale, la pigrizia assassina.

 

Altro versetto recita indissoluto da migliaia di anni : “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane”( genesi 3.19).

 

Quindi il dolce far niente a ragion comune non esisterebbe, ma a pensarci bene é anche da stupidi, da rincoglioniti. Il lavoro già come parola é presente nel primo articolo di costituzioni e statuti e anche viene spesso adoperato per semplice intercalare nei dialoghi, ma la verità é che si fonda sull’impegno non solo fisico ma anche mentale ovviamente. Sull’artigianalità della ragione, senza la quale nemmeno le stesse macchine sarebbero state create, si potrebbe invece parlare e discutere in tutti questi congressi che non servono altro che a vendere nuovi telefonini ai visitatori tra uno stand ed un altro. Nelle macchine propriamente non c’è nulla di artificiale, anzi queste sono fatte di strumenti, mezzi reali e concreti. La stessa maschera definita spesso come “virtuale” non é altro che un alibi ai limiti dell’impegno o capacità del singolo uomo o donna che sia; adoperare questi vocaboli é scelta di un lavoro celebrare che i cervelli fatti di bit fanno solamente  a seguito di un comando, ma mai per capriccio. Esiste un computer capriccioso? Forse lo realizzeranno ma non so chi poi se lo voglia comprare. L’impatto dei mezzi di comunicazione ed interazione tecnologici sulla vita dell’uomo sono reali e fattivi. Di artificiale c’è solo la menzogna (o il risultato di essa).

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *