Unione Europea: un’istituzione in forte crisi d’identità

Filippo Ispirato

L’idea di un’Europa unita è nata nel 1951 con l’organismo C.e.c.a. (comunità europea carbone e acciaio) composto da sei stati (Italia, Francia, Repubblica Federale Tedesca, Lussemburgo, Paesi Bassi e Belgio) con lo scopo di siglare accordi commerciali nel settore del carbone e dell’acciaio. Nel 1958 si è passati alla Comunità Economica Europea (CEE), con l’intento di puntare ad un organismo basato sul reciproco scambio dal punto di vista economico, commerciale, ambientale e culturale. I paesi aderenti partiti da sei sono diventati, con il passare degli anni, ventisette, con la trasformazione dell’allora CEE in Unione Europea successivamente al trattato di Maastricht nel 1992. L’idea che si percepiva negli anni ’90 dell’Ue era di un’unione di popoli, di culture per raggiungere un progresso civile sempre maggiore, grazie anche alla caduta del muro di Berlino nel 1989 e l’ingresso di alcune nazioni dell’ex blocco sovietico, per riunire le diverse nazioni del continente che erano rimaste divise per quasi cinquant’anni all’indomani della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra Fredda. Purtroppo, come spesso capita a mio avviso, si è snaturata l’idea di Europa di popoli e nazioni per passare ad un’idea di Europa esclusivamente relegata agli accordi finanziari e commerciali; questo è accaduto a partire dal Trattato di Maastricht che ha inserito per i vari paesi membri dei parametri per garantire il loro equilibrio finanziario, che riguardavano lo stock del debito, il contenimento del deficit e dell’inflazione a cui adeguarsi. Tutta la politica finanziaria e monetaria (ossia le decisioni sul contenimento dell’inflazione o sul livello dei tassi di interessi per intenderci) veniva demandata unicamente alla Banca Centrale Europea, a Francoforte, dove si prendevano delle decisioni comuni per ogni paese membro, che perdeva in questo campo ogni autonomia decisionale. A seguire negli anni si è snaturata l’idea stessa d’Europa, si sono annessi stati sempre più eterogenei tra loro, al solo scopo di creare un mercato interno di consumatori, un mercato unico europeo forte e concorrenziale in contrapposizione al gigante americano, con l’obiettivo di espandere l’egemonia economica del vecchio continente nel bacino mediterraneo. L’idea di Europa si è sempre più incentrata esclusivamente su temi economici e finanziari, una realtà, di contro, scarsamente coesa al suo interno che, con la crisi del debito sovrano della Grecia, ha mostrato tutte le sue debolezze; un’Unione Europea con diversità di visioni sull’uscita dalla crisi finanziaria, in cui fanno la parte del leone Francia e Germania, che spesso indicono vertici bi o trilaterali con il Regno Unito, e prendono decisioni economiche che condizionano tutti i ventisette paesi; sul salvataggio della Grecia abbiamo assistito ad un continuo braccio di ferro tra i vari paesi membri sul suo eventuale default, visioni opposte sul fondo salva-stati, che dopo aver incassato il si definitivo dopo un lungo e travagliato iter da parte della Germania, è stato bocciato dalla Slovacchia due giorni fa. Queste divisioni all’interno dell’Unione Europea comportano una debolezza proprio nel sistema economico finanziario sul quale ha tanto puntato l’Ue, una debolezza dovuta all’incapacità di un’azione comune condivisa che porta i cittadini europei a percepire le istituzioni di Bruxelles solamente come un carrozzone politico e burocratico autoreferenziale e distante dalle esigenze dei cittadini, per i quali invece si era sviluppato a partire dai primi anni Cinquanta.

 

 

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