Sanza: problema extracomunitari ?


Aldo Bianchini
SANZA – Il recentissimo episodio di violenza o di tentata violenza fisico-sessuale in danno di una ragazza nigeriana nel centro di accoglienza da parte di un conterraneo merita necessariamente delle riflessioni. La prima riguarda innanzitutto il livello di inserimento e di socializzazione che i profughi hanno raggiunto. Dalle notizie raccolte l’inserimento non risulterebbe ancora del tutto “digerito” dalla popolazione sanzese ma, di rimando, anche dallo stesso gruppo di extracomunitari. Insomma l’integrazione è ancora di là da venire. Le ragioni possono essere tante e lo spazio-tempo di un articolo giornalistico non ci consente di esaminarle tutte. Per il resto l’accoglienza dei cinquanta profughi ha dato vita ad alcune perplessità ed anche a qualche discussione, se non proprio polemiche. Preciso, prima di ogni cosa, che l’azione umanitaria svolta dal sindaco, dalla giunta e dal consiglio comunale, come dall’intera popolazione, è senza dubbio meritevole di ogni attestazione di grande sensibilità umana. Questo è il mio pensiero, anche se unitamente al pensiero arrivano anche i dubbi. Perché Sanza e perché per così lungo tempo? La domanda se la pongono in tanti nel paese ai piedi del Cervati, anche per via di certe scelte mirate in merito all’assistenza (sanitaria, enogastronomica, lavorativa e sociale) che viene assicurata ai 50 rifugiati che, almeno inizialmente, dovevano essere soltanto  immigrati dalla Libia per motivi legati alla guerra civile di quel Paese. Sembra, invece, che di libici nel centro di accoglienza di Sanza non ci sia nemmeno uno. Ed allora perché continuare in quest’opera umanitaria (comunque meritoria) una volta finita la guerra e conclusosi lo stato di allerta sociale in quel paese e anche nei paesi vicini? Questo incomincia a chiedersi più di qualcuno. Anche perché ogni profugo costa pressappoco la cifra di circa 80 euro al giorno che produce una spesa mensile aggirantesi intorno ai 120-130mila euro a carico della collettività. Ma l’opinione che va diffondendosi tra la gente  non si ferma a queste semplici considerazioni perché sembra (ma questo è tutto da verificare!!) che le spese dell’accoglienza vengano distribuite non a tutta la comunità ma in direzioni attentamente selezionate e preferite. Distribuzione gestita soltanto dall’attuale classe politica maggioritaria, almeno così sosterrebbero alcuni della minoranza (non forzatamente consiglieri comunali!!). Per carità il chiacchiericcio è un fatto, l’indotto economico per la comunità è tutt’altra cosa, indotto che c’è ed è visibile. Ci vorrebbe, comunque, a detta di diversi operatori, una maggiore larghezza di vedute nella distribuzione del precitato indotto per garantire, almeno in partenza, parità di condizioni e di attribuzioni. Il tutto, secondo i disegni iniziali, sembrerebbe ancora gestito dalla Caritas del Vallo di Diano che offre piene e solide garanzie di serietà, di trasparenza e legalità. Ma alcuni luoghi comuni serpeggiano nella popolazione. Ed il luogo comune è una cosa molto insidiosa e difficilissima da combattere ed annientare. Cosa fare, quindi. Bisognerebbe attivare una serie di controlli più rigidi per non consentire alcuna prevaricazione o derive di vario genere. Insomma, come dire, la brillante e positiva iniziativa della Caritas presto potrebbe diventare una fonte di discussioni e di polemiche, anche di natura politica, visto che nel centro montano fra qualche mese si andrà al voto e la battaglia si annuncia molto aspra e combattuta. Qualche correttivo, dunque, è quasi d’obbligo.

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