PADULA: Michele Vecchio, una morte bianca tra fuga di notizie e forzature investigative

 

Aldo Bianchini

PADULA – Una indagine per un infortunio mortale sul lavoro dovrebbe sempre essere condotta nel massimo riserbo, con assoluta discrezione e delicatezza e senza alcuna fuga di notizie. Almeno così la penso io, al di là del fatto che l’indagine sia di natura giudiziaria o di natura tecnico-amministrativa. Questo ovviamente mi detta la lunga esperienza vissuta sul campo per oltre trentacinque anni. Quando mi arrivano voci di forzature o, peggio ancora, di guasconerie mi indigno. E cerco, comunque, di entrare sempre di più e sempre più a fondo nella notizia e di denunciarla pubblicamente. Mi riferisco all’incidente mortale sul lavoro occorso al malcapitato Michele Vecchio deceduto il 5 giugno scorso tra due lastre di marmo all’interno dell’opificio industriale dei F.lli Cancellaro di Padula. Sono state scritte, da tutti, molte cose inesatte sulla dinamica nel determinismo dell’infortunio e non è stata scritta tutta la storia appesa, come spesso accade, tra il rapporto lavorativo vero e proprio e il rapporto amichevole, quasi familiare, tra il lavoratore e il datore di lavoro. Tutti devono capire, soprattutto gli investigatori, che quando ci si muove all’interno di un ambiente di lavoro, dove si è consumata una gravissima tragedia con ripercussioni familiari anche di natura psicologica, bisogna farlo sempre con il massimo della delicatezza possibile tenendo presente che chiunque opera in quell’ambiente (lavoratori e datori di lavoro) è preda, in quei momenti, di scioccanti sensazioni dovute all’improvvisa presa di coscienza che il lavoro può anche essere fonte di disgrazie e di morte. Insomma nessuno è delinquente e gli ambienti di lavoro non sono forzatamente dei luoghi infestati da mafiosi. Con questo non voglio assolutamente dire che l’investigatore deve essere forzatamente un assistente sociale, voglio semplicemente dire che deve essere dotato di un guanto di velluto ancorchè forte e deciso. Tutte le azioni che oltrepassano i confini della corretta, legale e legittima esecuzione del proprio compito sono, indiscutibilmente, da combattere e condannare, senza possibilità di appello. Mi è rimasto impresso nella mente l’episodio accaduto nella Piana del Sele tanti anni fa. Un finanziere che era nel mio gruppo ispettivo sfoderò addirittura la pistola per intimare l’alt ad una donna (bracciante agricola in un fragoleto) che stava cercando di sfuggire al nostro controllo. Quella donna, incinta, cadde addirittura in un fosso pieno d’acqua.  Fortunatamente non accadde nulla di grave e l’episodio fu ricondotto nel giusto alveo grazie all’esperienza ed alla serenità degli altri componenti il gruppo. Bisogna sempre e comunque mantenere la calma per poter essere correttissimi fino in fondo. Tutta la storia, quella vera, di come si è verificato l’infortunio e di quanto è accaduto e sta accadendo intorno alla morte di Michele Vecchio ve la racconterò  nel numero 3 della rivista Città Vallo che troverete in edicola dal 28 giugno in poi. Oggi vi do una piccola anticipazione.  Qualcuno ha scritto che all’interno dell’opificio industriale dei F.lli Cancellaro è stato sequestrato il video della tragedia. Niente di più falso. Gli investigatori hanno si sequestrato una telecamera ma senza tener conto che l’impianto non era automatico e che per registrare bisognava metterlo in funzione manualmente. Ciò non è stato fatto e, dunque, non c’è alcuna registrazione. Il fatto che mi ha colpito è che qualcuno (tra  gli inquirenti o tra gli avvocati ?) nella concitazione di farsi bello ha passato una falsa notizia ad un giornalista che si è fidato del suo confidente ed ha fatto una brutta figura pur di realizzare un piccolo scoop. La cosa assurda è che semmai fossero esistiti i video sarebbero, forse, stati utili proprio alla difesa del datore di lavoro e non agli inquirenti. La fuga di notizie, ogni fuga di notizie, non fa mai bene alle inchieste. Seguite su Città Vallo del 28 giugno il racconto dell’intera vicenda.

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