Egitto: il nuovo schema di alleanze mondiali del Presidente Morsi

 

 Aria Chiara Rizzo

Da quando è stato eletto Presidente dell’Egitto, Mohammad Morsi si sta impegnando a ricalibrare le scelte di politica estera internazionale e regionale per restituire al Paese il ruolo di leader che al tempo di Nasser lo contraddistingueva. La prima visita all’estero del Presidente è stata in Arabia Saudita, ma ciò non significa che l’Egitto non avrà rapporti con l’Iran, invitato recentemente nel Paese per sedere a un tavolo politico. Il Paese dei Faraoni si muove su diversi fronti:  schierato in prima linea per dare il suo apporto alla comunità internazionale per la risoluzione della crisi siriana, l’Egitto ha definito poco incisive le promesse di giustizia fatte dagli Stati Uniti al popolo palestinese, sul cui dossier ha detto di volersi impegnare. Morsi riconosce l’importanza dei rapporti con l’occidente, ma una delle sue prime visite è stata in Cina. Tutti questi nuovi atteggiamenti politici non sono sorprendenti. Il nuovo Presidente vuole differenziare le sue politiche da quelle portate avanti dal regime di Mubarak. Quest’ultimo aveva scelto l’alleanza con Arabia Saudita, Giordania ed Emirati Arabi, ovvero la cosiddetta “Alleanza dei Moderati”, contro “l’Asse della Resistenza”, rappresentato dall’Iran, ma aveva anche stretto relazioni molto forti con il primo ministro israeliano Netanyahu e con il governo precedente nonostante l’assedio di Gaza.  Quello che in passato era il Paese più forte nella regione araba economicamente e militarmente, oggi è uno dei più poveri e Morsi sa bene che la politica estera deve asservire ai bisogni economici del Paese che necessita di investimenti esteri, commercio con l’estero, crescita economica in tutti i settori e riduzione del tasso di disoccupazione. Il nuovo Presidente riconosce che per iniziare tale processo di sviluppo servono buone relazioni non solo con le petromonarchie, ma anche con Paesi come Iran e Turchia. Non basta essere nelle grazie degli USA e dell’Europa, occorrono accordi con i nuovi Paesi emergenti: Cina, Russia, India e Brasile. Insomma, il nuovo schema di relazioni servirà a sostenere piani di diversificazione economica validi alla crescita del Paese.  Sul fronte della sicurezza, il Presidente è preoccupato per le minacce nella Penisola del Sinai. Per far fronte al problema ha negoziato un patto di favori con Hamas: l’Egitto si impegnerà a migliorare la situazione di Gaza, in cambio Hamas provvederà alla chiusura dei tunnel sotterranei -che collegano la città palestinese all’Egitto- al fine di smantellare le reti di terroristi e contrabbandieri che arrivano nel Sinai.  Certo tenere i piede in due scarpe non sarà sempre semplice: coltivare le relazioni con Hamas ed Israele allo stesso tempo comporterà sforzi immani, così come sarà difficile gestire rapporti paralleli con Arabia Saudita e Iran. Ma se mai Morsi dovesse riuscire nel suo intendo, avrà raggiunto più di un obiettivo: ricostruire l’immagine, la popolarità e la legittimità del partito di cui è membro, I Fratelli Musulmani, e restituire al suo Paese un ruolo di primo piano sulla scena internazionale. Poi, significherebbe aver tracciato bene le linee della crescita che l’Egitto dovrebbe seguire per ridiventare il Paese ricco che era.

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