Gambino/93: arriva la sentenza … tra “Saranno mafiosi” e “Il clan dei camorristi” … quale giustizia ?

Aldo Bianchini

PAGANI – Per il rispetto del silenzio che è dovuto al periodo di “clausura”, che la legge impone al collegio giudicante e di conseguenza a tutti, mi ero ripromesso di non scrivere niente fino al momento della lettura della sentenza per il processo “Linea d’Ombra” che vede coinvolto l’ex sindaco di Pagani, Alberico Gambino, in quello che i giudici inquirenti hanno definito come il “Sistema Pagani”. Rompo la consegna del silenzio per dichiarare, senza timore alcuno, che non mi sono piaciute le battute al vetriolo che in chiusura di processo si sarebbero scambiati l’avvocato Bonaventura Carrara e il pm Vincenzo Montemurro, il primo ironizzando sul film “Saranno mafiosi” e il secondo rispondendo con il titolo ancora più inquietante della fiction televisiva “Il clan dei camorristi”. Assolutamente sbagliate e fuori luogo le due affermazioni; qui non stiamo commentando delle sceneggiature ma stiamo assistendo a qualcosa di molto più serio, per non dire tragico e drammatico per la vita di tante persone e delle loro rispettive famiglie. A cominciare dalla famiglia di Antonio Fisichella, un imputato quasi dimenticato, e dei suoi quattro o cinque figlioletti sicuramente innocenti. Di tenore ben diverso, invece, la risposta che il pm Montemurro avrebbe dato al principale imputato, Alberico Gambino, che gli diceva di essere innocente. Nella risposta <<Mi dispiace, io non le credo>> c’è tutto il mondo della giustizia di questo Paese, giustizia che è fondata sull’assunto incontrovertibile del “libero convincimento del magistrato”. Un assunto che io non ritengo assolutamente accettabile per la giustizia di un Paese civile, ma io sono esattamente come il signor nessuno che ha, però, la libertà di esprimere il suo pensiero, ed io lo esprimo, contrariamente ad altri. Le cronache giornalistiche raccontano di un pubblico ministero freddo e cordiale che ha anche stretto la mano a Gambino che gliela porgeva; un gesto senza dubbio e non solo di grande civiltà ma anche di affermazione dei rispettivi ruoli processuali che non devono mai confondersi ma che devono sempre reciprocamente rispettarsi. Almeno in questo processo, contrariamente a quanto accade per il processo Amato, abbiamo una linearità della pubblica accusa che intende raggiungere un preciso obiettivo: la colpevolezza di tutti e di tutto un sistema. Per “Linea d’Ombra” l’accusa è convinta, difatti, della colpevolezza degli imputati che è riuscita a portare alla sbarra, senza esclusione alcuna. Per il “crac Amato” siamo, invece, ancora in attesa di conoscere quale direzione intende prendere la tranche finale dell’accusa che rischia di impanarsi nelle secche della mega inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena. Se poi la storia ci dirà che ha torto Montemurro e ragione Senatore (i  pm  dei due processi) o invece tutto il contrario, saremo pronti a registrare e commentare quanto accadrà. Pur rispettando entrambi i pubblici ministeri devo però confessare che protendo verso la linearità processuale di Vincenzo Montemurro che, come spero, potrà anche avere torto ma che si è sempre mosso nel solco del suo “libero convincimento” , un atteggiamento che non è mai tracimato al di là dei confini del suo compito istituzionale e che non è mai scaduto nella sterile battaglia personale, come del resto lui stesso avrebbe detto all’imputato Gambino alla fine del dibattimento nel corso di quei pochi istanti in cui, presente l’avvocato Giovanni Annunziata, l’accusatore e l’accusato si sono incontrati per un giusto e doveroso scambio di saluti. Ora la parola passa ai giudici del collegio già riuniti (una volta si diceva chiusi !!) in “camera di consiglio” da dove usciranno soltanto quando avranno redatto e sottoscritto il  “dispositivo di sentenza”, ciò a garanzia del totale isolamento dei giudicanti dal resto del mondo. Le cronache sono piene di aneddoti storici; il fatto più clamoroso accadde nel 1963 negli Stati Uniti d’America. Alla prossima.

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