Tribunale Sala C. – Napolitano: “chiamatemi Igino Cappelli”

 

 Antonio Citera

ROMA – Fermento al Quirinale. Dopo aver ricevuto la lettera con allegata  la foto Presidenziale speditagli dal sindaco di Sala Consilina  Gaetano Ferrari, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sarebbe andato su tutte le furie. Voci a lui vicino sussurrano che tra urla e grida, nessuno è riuscito a tenerlo a bada; addirittura, preso dall’ira, avrebbe dato un pugno alla porta del suo studio rompendola. Napolitano inoltre avrebbe esclamato a gran voce lungo i corridoi della “Vetrata”: “ chi c…… è sto Ferrari, chiamatemi il mio amico Igino Cappelli, chiederò a Lui soltanto spiegazioni in merito”. Solo per la cronaca ricordiamo ai lettori che  Igino Cappelli era un noto e apprezzato uomo prima ancora che avvocato del foro di Sala Consilina, per decenni Presidente dell’Ordine Forense, purtroppo  deceduto qualche tempo fa. Si vocifera che tra Il Giorgio nazionale e l’Igino salese ci sia stata una grande amicizia, i due compagni di Università, secondo i bene informati, si sarebbero laureati addirittura nello stesso giorno a Napoli in presenza dei loro genitori che già erano buoni amici. Evidentemente Napolitano non sapeva della sua morte, e quando in risposta alle sue esclamazioni gli è stata riferita la brutta notizia sarebbe scoppiato, giustamente, in lacrime. Dopo alcuni minuti di commozione, sempre a detta dei bene informati, il Presidente sarebbe stato raggiunto telefonicamente dal Presidente della Consulta (probabilmente aveva sentito le grida del Presidente dal palazzo di fronte !!), la stessa che agli inizi di luglio deve sentenziare sulle sorti dei Tribunali soppressi dal Governo.  Il colloquio sarebbe durato pochi minuti, ma il contenuto, è di quelli riservatissimi e, forse, molto doloroso per tutti i cittadini del Vallo di Diano. Sembrerebbe, difatti sembra che il Presidente della Consulta abbia rassicurato il presidente Napolitano sulla tenuta costituzionale delle decisioni già prese dal governo Monti. Ammesso e non concesso che ci fosse stata qualche possibilità di salvezza per la giustizia valdianese, ora l’accorpamento a Lagonegro si può definire cosa certa. Il gesto di Gaetano Ferrari di ammainare la bandiera nazionale togliendo dal muro la foto di Napolitano, ha avuto l’effetto contrario, un gesto esibizionista e privo di cognizione logica (così avrebbero stigmatizzato nelle stanze del Quirinale e della Consulta !!), figlio di una propaganda personale e lontano mille miglia da qualsivoglia bene comune. La vicenda tribunale, andava gestita a priori, con una vera battaglia, con un appoggio della  politica che latitante ha preferito girare intorno all’ostacolo, con dimissioni annunciate a gran voce in più occasioni dai sindaci del Comprensorio. Ma tutto questo fa parte di quel mondo sognato, di un’utopia che fa del populismo e del luogo comune il cavallo di battaglia di chi amministra la cosa pubblica. Oggi è tardi, e le gesta da eroe d’altri tempi non servono e non serviranno a salvare nulla. Il dado sembra ormai tratto, nonostante il TAR Campania ha sospeso l’attuazione dei provvedimenti di riorganizzazione degli uffici giudiziari campani accogliendo il ricorso presentato dalla Regione; ma questo, lo sappiamo bene, lo ha fatto in attesa che si pronunci nel merito la Corte Costituzionale; inutile che l’assessore regionale al lavoro Severino Nappi canti vittoria.

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