20 DICEMBRE 1943: gli uomini che salvarono la libertà di stampa e, forse, anche un po’ di democrazia !! E Avagliano gridò: “Con il treno della libertà

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Il trillo di un campanello, poi la voce stentorea di un cancelliere: “Silenzio entra la Corte”. Sono le 12.50 (circa) del 20 dicembre 1943, esattamente settanta anni fa; la location un’aula del Tribunale di Salerno; i giudici scelti dalle Forze Alleate, gli imputati: Francesco e Luigi Cacciatore, Raffaele Petti, Vincenzo Avagliano per i socialisti; Ippolito Ceriello, Danilo Mannucci per i comunisti. Sono accusati gli ultimi due di aver dato vita al giornale insurrezionista titolato “Il Soviet” e i primi quattro di aver editato “Il Lavoro” meno insurrezionista ma altrettanto pungente. Le forze Alleate, al comando del colonnello americano Thomas Aloysius Lane (che ha assunto da pochi mesi la carica di governatore di Salerno dopo lo sbarco alleato del settembre ’43), qualche giorno prima del processo avevano ordinato la chiusura immediata delle due testate giornalistiche; decisiva era stata la relazione del temibile capitano Rafter (responsabile del PWB – Psychological Warfare Branch, un organo di controllo e censura) che aveva preso di mira soprattutto il quotidiano “Il Soviet” firmato da Ippolito Ceriello per i titoli troppo spinti in favore dell’Unione Sovietica. Sia “Il Lavoro”, per primo, che “Il Soviet” successivamente erano stati i primissimi sospiri di libertà dopo la lunga generazione fascista e la successiva occupazione. Entrambe le testate giornalistiche portavano come sottotitolo: “stampata a Taranto” perché quella città era già stata lasciata libera e indipendente dalle forze Alleate. Addirittura Ippolito Ceriello e Danilo Mannucci erano stati tratti in arresto per un solo giorno. Nel corso del dibattimento di quella mattina del 20 dicembre 2013 sembra (almeno così narra la leggenda) che nella discussione fosse intervenuto direttamente il capitano Rafter con una domanda specifica rivolata agli imputati: “”Come facevate a far arrivare i giornali da Taranto a Salerno in dieci minuti””. Tutti tacciono, temono il peggio; si alza un solo imputato, Vincenzo Avagliano (soprannominato “il ragioniere”) che grida con tutta la voce che ha in petto: “Con il treno della libertà, signor Capitano”. Il gelo cala sull’aula; tutti si aspettano il peggio ma il temibile e temuto capitano Rafter (assistito dal capitano italo-americano Riola) stranamente guarda intensamente l’imputato che è ancora lì impettito, poi gira i tacchi e (forse intimamente anche soddisfatto !!) si allontana per far ritorno a Palazzo di Città senza neppure aspettare la sentenza. Sentenza che viene letta intorno alle 12.50 di quel giorno di libertà: condanna per tutti ad un mese di carcere con la condizionale ed al pagamento di alcune multe. Ha vinto la libertà di stampa, ha vinto la democrazia, grazie a quei pochi uomini coraggiosi, e grazie soprattutto al mitico ragioniere Vincenzo Avagliano. Quest’ultimo non si arrende e il giorno dopo 21 dicembre 1943 stampa ed edita il periodico “Libertà” e lo dirige personalmente, forse per dare maggiore spessore alla dichiarazione coraggiosa pronunciata in aula dinanzi al temibile capitano Rafter. Il giornale periodico rappresenta in verità soltanto socialisti e comunisti con estemporanei contributi del Partito d’Azione e dell’avvocato Galdi in rappresentanza di Democrazia del Lavoro; poi entreranno anche i liberali con il loro leader Giovanni Cuomo. Ma i cattolici non stanno fermi e il giorno 22 dicembre 1943, con l’autorizzazione degli Alleati e l’avallo dell’arcivescovo Mons. Monterisi, stampano “L’Ora del Popolo” diretto da Girolamo Bottiglieri (uno dei personaggi che segnerà la storia di Salerno nei decenni successivi); poi dall’aprile 1944 la direzione passerà a Carlo Petrone. Ma già nel febbraio 1944 Alberto Avagliano e Francesco Cacciatore per il PSIUP, Girolamo Bottiglieri per la DC, Ippolito Ceriello per il PCI, Andrea Galdi per “Democrazia del Lavoro” ed Ernesto Nunziante per il PLI sbarcano a Roma direttamente al congresso dei Comitati di Liberazione Nazionale che parte da Roma e si conclude a Bari il 28 e 29 febbraio. La storia, ovviamente, sarebbe molto lunga e toccherebbe altri ambiti della sfera sociale e politica; quello che interessa per questa storia è il giorno 20 dicembre 1943, il giorno in cui un gruppo di uomini coraggiosi buttarono sul piatto della bilancia anche la loro vita per conquistare la libertà perduta. Tutto il giornalismo salernitano di oggi dovrebbe in questo giorno ricordare quegli uomini e soprattutto quel grido uscito dal petto di Vincenzo Avagliano, il ragioniere, che gelò tutta l’aula del tribunale: <<Con il treno della libertà, signor Capitano>>.

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