Il medico di famiglia sentinella del territorio

 

 

Da Corrado Caso

SALERNO – E’ inaccettabile l’idea che un paese che, fino a pochi mesi fa, parlava di energia nucleare, imperturbabile e consapevole sul modo come immagazzinare e rendere inoffensive le scorie, oggi, sia disorientato e incapace di risolvere un fatto di ordinario smaltimento di “monnezza”.

L’accumulo vergognoso d’immondizia, verificatosi nella capitale della nostra Regione è, al pari della peste di Camus, la materializzazione di tutti i mali, di tutte le guerre, di tutti gli imbrogli, di tutte le ossessioni e il razzismo che alberga nella mente oscura dell’uomo. Ha sprofondato e irriso, agli occhi del mondo, una città bella pur nelle sue contraddizioni e nello stato di abbandono nel quale è stata condannata dalla ignoranza e dalla pirateria degli uomini. C’è un triangolo della morte che, maleodorante e tentacolare, allarga i suoi confini per fagocitare altro spazio, altri esseri indifesi e che è una inesauribile riserva per quella peregrinazione umana e sanitaria che, sfiduciata, riversa le sue richieste di salute e i suoi risparmi a favore di altre regioni. E il vento del nord con le sue iettature ha finito per smuovere le pagine degli incazzati spingendoli a una rilettura su come l’unificazione dell’’Italia, sia avvenuta alla luce sinistra dei morti di Bronte, delle ruberie e della distruzione dell’assetto sociale del sud. Un bel sogno antico si confronta, ai giorni nostri, con un disegno perverso e irresponsabile che, progressivamente, va modificando il Dna di un paese, il suo senso di appartenenza, la sua civiltà, la ricchezza in risorse umane e territori di storia e cultura nell’illusione che la delezione di una parte risolva i problemi dell’altra.

Ippocrate, padre della medicina, parlava di natura e territorio come opportunità di salute o malattia. Egli rischiarò e modernizzò il pensiero antropologico con l’interesse scientifico dando una dimensione etica del ruolo medico verso quella natura che, egli, considerava un “Quid divinum” che, dell’uomo, ha, fin dall’inizio, determinato biologicamente i caratteri, in una trama misteriosa di reciprocità e influenze. Le sue ricerche definirono l’etiologia delle malattie infettive, la diffusione come conseguenza, frutto avvelenato di poca attenzione, di una secolare distrazione sui problemi dell’ambiente e di una realtà socio-economica complessa. Questa consapevolezza diventa per i più attenti il principio ispiratore di una umanizzazione del territorio e fa della Terra un organismo vivente con un proprio metabolismo, profondamente, compromesso nei meccanismi di difesa dall’incuria e dall’ignoranza dell’uomo: mari, fiumi inquinati, acque luride e processi industriali e le tante cose divenute fattori di rischio biologico. Mentre sull’uscio si intravedono segnali inquietanti, immagini tragiche del sottosviluppo, fatti naturali e manipolazioni genetiche, tempi nuovi e diversi. E’ un capitolo importante e connaturale ai compiti della medicina generale: la cura della terra malata con la costituzione di cento, mille, innumerevoli osservatori che ne scrutino le viscera e i presagi. Una efficace interpretazione riflette questo viaggiare insieme in un rapporto di dare e avere che dovrebbe coinvolgere il medico di medicina generale, le diverse strutture sanitarie, il medico e il paziente per salvaguardare quest’ultimo e la collettività da fonti di contagio, il medico della “città”e la politica nella consapevolezza che è necessario il contributo di tutti nel formare una coscienza ecologica. Quanto più vasta è l’aria di convergenze su questi temi, quanto più chiari gli obblighi e le attese che riguardano la salute e le attese a essa connesse, tanto maggiore sarà la possibilità di contenere il degrado ambientale e con esso il rischio malattia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *