Angellara Home/28: la sentenza anomala e il pm in mala fede !!

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Dopo le digressioni dovute alle ultime notizie della sentenza del TAR ed al sequestro preventivo ordinato dalla Corte dei Conti (di cui alle puntate nn. 25, 26 e 27) riprendiamo il discorso desunto dal libro <<Una vicenda amara lunga cinque anni per servire la comunità>> scritto dall’arcivescovo emerito mons. Gerardo Pierro verso la fine dell’anno 2012 e mai presentato ufficialmente al pubblico per richiesta esplicita del nuovo arcivescovo mons. Luigi Moretti. Dunque mons. Pierro spiega, con dovizia di particolari, perché ritiene anomala la sentenza penale che ha mandato a condanna di primo grado soltanto lui, mons. Lanzara e l’architetto Giovanni Sullutrone. Per prima cosa, dice l’arcivescovo emerito, dopo il dissequestro della struttura  che ritorna nella piena disponibilità della Chiesa salernitana è legittimo ritenere che l’iter che ha portato alla richiesta e all’assegnazione del contributo regionale per le opere progettate, approvate dalla Regione, si è svolto nel pieno rispetto della legge. Al momento in cui mons. Pierro scrive il libro non sa e non poteva sapere che un anno e mezzo dopo il TAR di Salerno avrebbe riconosciuto la piena legittimità dell’iter ed avrebbe imposto al Comune di riconoscere l’Angellara Home come struttura ricettiva; così come non poteva sapere o ipotizzare che subito la sentenza del TAR sarebbe arrivato il sequestro preventivo dei conti bancari per l’eventuale recupero delle somme incassate dalla Curia come contributo regionale. Per seconda cosa l’assoluzione, con formula piena, del progettista e degli altri tecnici, dimostra con estrema chiarezza che quanto è stato fatto nel restauro del Villaggio, è stato fatto nel rispetto assoluto della legge. Se ci fossero stati errori o abusi, il primo a risponderne doveva essere il progettista, direttore dei lavori; ma nessuno aveva mai chiesto qualcosa in difformità con progetto approvato. Per correttezza va anche precisato che la pubblica accusa, dopo la sentenza di assoluzione, ha proposto appello contro la sentenza, appello che inizierà ufficialmente nel prossimo mese di settembre. Per terza cosa l’assoluzione dei dipendenti comunali dimostra che, nella concessione della licenza edilizia, non c’è stato alcun trattamento di favore: si è agito secondo la legge. Ma l’arcivescovo emerito non si ferma e per quarta ed ultima cosa l’assoluzione dei funzionari regionali, che hanno, sin dall’inizio, istruito la pratica e seguito gli sviluppi successivi fino alla conclusione, è la prova evidente che non hanno violato la legge, ma hanno semplicemente fatto il proprio dovere. Ma il capolavoro giuridico mons. Pierro lo compie e lo scrive ponendosi la domanda <<Stando così le cose, come si spiega la condanna dei tre ?>>. Sempre dallo stesso libro, a pag. 33, si legge testualmente: <<Che in Italia ci sia il problema della “Giustizia” non è un mistero. Tutti sanno (come nel nostro caso !!) che ci sono pm intraprendenti che non esitano un istante a dare in pasto alla pubblica opinione vicende giudiziarie create ad arte e che poi sui dissolvono come per incanto. Totò, il principe della risata, avrebbe detto: “e io pago”. E con il suo scritto l’ex arcivescovo pone problemi serissimi e gravissimi che attengono il pianeta giustizia nel nostro Paese. E’il caso di ripercorrere alcune delle sue domande e risposte. Innanzitutto bisognerebbe chiedersi chi paga lo scempio portato avanti per ben cinque anni e, poi, se l’azione giudiziaria è stata portata avanti in buona fede o meno. A tal proposito mons. Pierro scrive: <<Pur con tutto il rispetto, dovuto ad ogni persona, lo escludo nel modo più assoluto>>. Insomma, secondo Pierro, il pm non ha agito in buona fede e lo dice con assoluta sicurezza da uomo ma anche da ex arcivescovo di una delle diocesi più importanti d’Italia; e non è cosa da poco. Il monsignore spiega anche perché: <<All’inizio delle indagini, nel corridoio del piano terra del palazzo arcivescovile, dopo che il pm ebbe acquisito gli atti e i documenti consegnati da mons. Comincio Lanzara, chiesi al pm se conoscesse i luoghi oggetto delle indagini. Alla risposta negativa, lo pregai di effettuare un sopralluogo al Villaggio, offrendomi di accompagnarlo, data la mia conoscenza. Mi rispose che era impegnato. Non insistetti. Nel corso però della vicenda, nel settembre 2008, il pm, accompagnato dall’avvocato Lucio Basco, dalla Guardia di Finanza e da mons. Comincio Lanzara (che aveva chiesto e ottenuto la disponibilità dei locali della dispensa e della cucina), si recò al Villaggio S. Giuseppe. Osservando la struttura e, smentendo le notizie di stampa, il pm si rese conto che nn era un hotel a 5 stelle…. A seguito del sopralluogo, qualcuno avrebbe pensato che, coerentemente a quanto rilevato personalmente, il pm si sarebbe affrettato a ridimensionare l’apparato accusatorio. Niente affatto. Il pm ha voluto creare lo scoop e ci è riuscito>>. Sicuramente l’ex arcivescovo di Salerno non chiedeva e nemmeno pensava di poter avere un trattamento di favore, ma la richiesta semplice ed umana di un pastore di anime che ha governato la chiesa salernitana per vent’anni meritava, molto verosimilmente, almeno un atteggiamento più aperto da parte del pubblico ministero. Alla prossima.

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