CRESCE IL MERCATO DEI MINIBOND

 
Filippo Ispirato

Il cosiddetto mercato dei “minibond”, il neologismo utilizzato per indicare emissioni di titoli di debito da parte di Piccole e Medie Imprese non quotate, ha conosciuto un forte sviluppo nel nostro paese, grazie ad  una progressiva liberalizzazione dei vari governi che si sono succeduti nel corso degli ultimi tre anni attraverso i Decreti legislativi “Sviluppo”, “Destinazione Italia”, “Competitività”.
 
Con un quadro di riferimento ormai completo, anche il mercato finanziario italiano dei mini bond ha mostrato segni di vivacità con 29 nuove emissioni di minibond da inizio anno ed un controvalore di €325 milioni di prestiti obbligazionari emessi, tanto da rappresentare ad oggi il mercato  è il più grande d’Europa.
 
Mediamente questa tipologia di titoli rendono un tasso di interesse che su attesta il 5% e il 6.5%, che nelle attuali condizioni può essere un giusto compromesso tra un’onerosità di reperimento fondi non troppo elevata per le Piccole e medie imprese che emettono i mini bond, e le richieste degli investitori per un rendimento adeguato al rischio dei titoli in sottoscrizione. 
 
I fondi in minibond, che lo ricordiamo in Italia sono veicoli di gestione collettiva chiusi riservati, o utilizzando la terminologia della AIFMD, fondo di investimento alternativo (FIA) per investitori professionali, svolgono un importante ruolo di “ottimizzatore” del processo che porta gli imprenditori a iniziare un dialogo col mercato.
 
 Infatti attraverso i fondi si da la possibilità alle imprese di poter collocare le proprie obbligazioni più facilmente all’interno del mercato obbligazionario e di ricevere un’adeguata consulenza nella fase di collocamento; al tempo stesso gli investitori professionali possono facilmente trovare, attraverso il risparmio gestito, delle imprese  con interessanti progetti ddi crtescita. Inoltre la diversificazione derivante da un portafoglio con obbligazioni differenziate per scadenze, per modalità di rimborso e per settore di appartenenza dell’emittente, aiuta l’inserimento delle quote del fondo in diverse tipologie di asset allocation strategica riducendone notevolmente il rischio di insolvenza della singola impresa.
 
Osservando i trend che si stanno delineando nel comparto, si osserva un aumento delle dimensioni medie (oltre €11 milioni) e della durata (circa 4.7 anni) e un progressivo allargamento nell’utilizzo dei rating solicited. La liquidità dei titoli è ancora bassa ma l’auspicio è che l’incremento del numero di emissioni agevoli la nascita di un mercato secondario per questa nascente classe di investimento.
 
Sicuramente una struttura più diversificata delle fonti di finanziamento per le PMI, con una maggiore presenza di strumenti di debito collocati sul mercato, è auspicabile per abituare le imprese a comunicare in modo adeguato agli investitori, ma anche utile per favorire un incontro diretto tra il risparmio e l’economia reale.
 
Negli ultimi anni, infatti, una delle principali cause del fallimento di diverse imprese è stata proprio la stretta creditizia, chiamata credit crunch in gergo finanziario, da parte del sistema bancario e del credito tradizionale.
 
Attraverso un aumento del ricorso a questa tipologia di finanziamento, potrebbe, insieme ad un allentamento della morsa della stretta creditizia e ad un corretto utilizzo dei fondi europei e del crowdfunding, aiutare la crescita del nostro sistema imprendotiriale e favorire l’uscita dalla stagnazione economica del nostro sistema imprenditoriale.

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