Angellara Home/31: i misteri dell’appello !!


Aldo Bianchini

SALERNO – Le sentenze si rispettano, dicono i giuristi di vaglia, ed io le rispetto. Le sentenze, però, si commentano, ed a me piace commentarle al di là della semplice e non compromettente notizia di cronaca. In tantissimi anni di cronaca giudiziaria ho commentato ed analizzato tantissime sentenze; oggi incontro tantissime difficoltà nell’accingermi a commentare la sentenza n. 605 emessa il 19 marzo 2015 dalla Corte di Appello di Salerno (composta dai magistrati Francesco Pasquariello -presidente-, Anita Mele -consigliere relatore- e Giovanna Lerose -consigliere-) nell’ambito del processo denominato “Angellara Home” che ha visto quale principale imputato l’ex Arcivescovo di Salerno Mons. Gerardo Piero. Una sentenza in cui, almeno a mio giudizio, c’è tutto ed il contrario di tutto. Alla prima lettura si sostanzia una ineluttabile realtà: la vittoria su tutti i fronti del teorema accusatorio portato avanti con tenacia dal pm Roberto Penna. La sentenza di primo grado (Teresa Belmonte, Fabio Zunica e Marilena Albarano), pronunciata il 18 luglio 2012, aveva mandato assolti ben otto degli undici imputati. Sia i tre condannati (Pierro, Lanzara e Sullutrone) che il PM si erano opposti e l’appello, inaspettatamente, ha condannato tutti: don Comincio Lanzara (nove mesi), Giovanni Sullutrone (otto mesi 15 giorni), Nicola Sullutrone (otto mesi e 15 giorni), Nicola Massimo Gentile (otto mesi e 10 giorni), Matteo Basile (otto mesi e 10 giorni), Roberto Rago (quattro mesi), Vincenzo Rizzo (quattro mesi), Charles Richard Craparo (quattro mesi) e Pompeo Paolo Mazzucca (quattro mesi). Unica eccezione riservata all’arcivescovo emerito S.E. Mons. Gerardo Pierro che ha visto cancellata la condanna di primo grado (dieci mesi) con verdetto di “non doversi procedere per prescrizione”. La vittoria di Roberto Penna (il PM che ha decapitato Salerno facendo saltare sia l’arcivescovo che il sindaco) mi appare, però, come una vittoria di Pirro in quanto la sentenza d’appello apre le braccia ad ogni possibile soluzione da parte della Cassazione, non esclusa la cancellazione senza rinvio, perché le stranezze della stessa sentenza sono davvero tantissime. Delle tante contraddizioni mi preme mettere in rilievo quella che si legge a pag. 76 della sentenza di appello: “”Quanto all’aspetto relativo all’elemento soggettivo, va ribadito che per il reato di falso è sufficiente la mera coscienza e volontà dell’immutatio veri, ovvero il dolo generico, per il reato di abuso è necessario il dolo specifico caratterizzato dalla specifica volontà di arrecare un ingiusto vantaggio patrimoniale al privato beneficiario””. Le formule, come questa sopra esposta, non mi sono mai piaciute perché in pratica dicono tutto e il contrario di tutto e appaiono sempre come redatte in fotocopia; ma io non sono un giurista e la magistratura come i filosofi del diritto sono decisamente innamorati di queste formule che ripetono fino all’inverosimile senza rendersi conto che la distanza tra la sentenza e la sua credibilità diventa sempre più insormontabile, dove per distanza intendo alludere alla sua capacità di calarsi nell’immaginario collettivo della gente che deve recepire il “senso giusto della giustizia”. Ebbene con questa formula, pur “”in mancanza di prove dirette di specifiche collusioni tra i pubblici ufficiali del Comune di Salerno e la richiedente Arcidiocesi … non vale ad escludere la sussistenza del dolo specifico che connota il reato ex art. 323 cp, rilevata la macroscopicità dell’abuso, consentendosi laddove era possibile solo una colonia marina e verde pubblico attrezzato, addirittura una struttura ricettiva turistica, con totale stravolgimento delle destinazioni di Piano Generale””, la Corte d’Appello pone le basi per la condanna di tutti gli imputati, anche quelli già assolti dal primo grado di giudizio e scaraventa nel caos tutti gli imputati compresi i funzionari e dipendenti del Comune di Salerno senza minimamente “toccare i cosiddetti piani alti” del potere amministrativo della Città che soltanto da noi “possono non sapere”. L’altro caposaldo della sentenza si basa sulla “scorretta concessione edilizia per la costruzione delle due piscine” che dovevano trasformare quella “colonia marina” in una struttura ricettiva a quattro stelle; questo caposaldo è davvero inquietante e cercherò di spiegarlo nella prossima puntata. Ma già da questo momento è possibile porre almeno quattro domande: 1) Che fine ha fatto la requisitoria del sostituto procuratore generale Renato Martuscelli che aveva chiesto l’assoluzione dei tre condannati ?; 2) Perché il dispositivo della sentenza non è stato letto in aula ?; 3) Come è andata a finire la costruzione delle piscine ?; 4) Perché all’arcivescovo emerito è stata “imposta” la prescrizione non richiesta ?. Alla pr

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