Aldo Bianchini
SALERNO – Quando si parla di crisi, e l’università come istituzione è in una crisi profonda, bisogna sempre chiedersi quali sono i parametri, quali sono state le scelte e, infine, gli effetti che la crisi economica in senso lato e le stesse scelte hanno provocato. Un compito assolutamente non facile nel quale si è cimentato con grande capacità Gianfranco Viesti (studioso e ricercatore) che per conto della www.resricerche.it ha stilato un vero e proprio rapporto sullo stato dell’arte dell’università italiana. Il risultato è stato devastante: “l’università italiana è diventata assai più piccola, e molto più squilibrata territorialmente”; a danno del centro-sud ed in particolare del mezzogiorno con dati bassissimi soprattutto in Sardegna, Sicilia, Basilicata e Campania; era ovvio che noi campani non potevamo mancare all’appello delle istituzioni più disastrate anche se la nostra università (quella di Salerno intendo !!) incomincia a distinguersi per la capacità innovativa che il rettore Tommasetti ha saputo portare all’interno dell’ateneo che era, forse, diventato, troppo vecchio, molto chiuso alle novità e assolutamente immobile.
La ventata di freschezza e di gioventù come quella messa in campo da Aurelio Tommasetti ha sicuramente bloccato il percorso degenerativo proiettando il campus verso una risalita che, seppur lenta, sta diventando costante e foriera di buoni traguardi. Ma detto questo rimane il dramma dell’università in genere in quanto gli ultimi governi (da Berlusconi a Renzi) hanno mantenuto costante il taglio del 20% sull’università mentre, ad esempio, in Germania gli stanziamenti sono aumentati proprio del 20% in questi ultimi anni presi a campione per lo studio di Viesti. Le università del mezzogiorno, prima citate, sono classificate negli ultimi dieci posti fra le 272 regioni dell’ UE per popolazione giovane laureata; ecco spiegato il perché delle tante difficoltà per lo sviluppo del meridione d’Italia rispetto a zone favorite da una distribuzione diseguale dei fondi per lo studio. A differenziare tale distribuzioni incominciò il governo Berlusconi con i ministri Tremonti e Gelmini, ma i successivi tre premier (Monti, Letta e Renzi) hanno continuato a muoversi su quella stessa riga e come il predecessore a distribuire i fondi dove c’erano più radicamenti politici dei ministri competenti. Queste scelte hanno determinato anche gli effetti: tasse universitarie cresciute di oltre il 50%; borse e servizi restano minuscoli soprattutto al sud; l’inflazione al sud è del 21%, al centro del 12% ed al nord solo del 4%. Differenze sproporzionate e quasi incolmabili. Il rapporto di Gianfranco Viesti si conclude con alcune considerazioni davvero interessanti. “Ciò che conta di più, poi, è che si è messa in moto una slavina: tutti gli indicatori si influenzano e si rafforzano a vicenda; negli atenei più penalizzati si è realizzato un circolo vizioso (meno risorse, meno studenti, meno docenti, meno corsi, meno ricerca), che è praticamente impossibile arrestare. Per vedere un’università del sud scomparire, non c’è’ che da attendere” dice Viesti nel suo anticipo del rapporto che sarà pubblicato a breve. Il ricercatore continua e conclude: “Si potrebbe dire che c’è al governo, indipendentemente dall’esecutivo in carica, una sorta di pensiero unico che mira a rimodellare l’istruzione superiore in un sistema ben più piccolo, frequentato da chi è in grado di permetterselo, con le aree di eccellenza tutte concentrate nel triangolo Milano-Bologna-Padova, e il resto del Paese destinato ad una funzione gregaria. La politica non può nascondersi dietro la complessità delle norme; è chiamata a discutere queste scelte. Auspicabilmente a modificarle profondamente. Ovvero a confermarle esplicitamente, ma prendendosene tutte le responsabilità”.
Si distingue, ripeto, da questo diluvio di carenze l’università degli studi di Salerno che grazie al suo rettore, nonostante le difficoltà e i tagli, cerca di assicurare più risorse agli studenti che aumentano certamente di numero, e cerca di far crescere e maturare più docenti da impegnare in molti più corsi in una nuova frontiera di ricerca. Ed è proprio la ricerca che stigmatizza le capacità innovative del campus salernitano che incomincia anche ad affacciarsi sul mercato globale con una progettualità che prima non conoscevamo; buon ultimo il progetto altamente tecnologico che è stato studiato e realizzato per la sicurezza dell’ultimo miglio nel porto di Salerno; ovvero l’università che si pone come attrattore di grandi investimenti privati al fine di migliorare la qualità della vita e dell’economia del territorio sul quale la stessa università vive ed opera. E questa è l’unica via possibile per crescere e maturare.