Vassallo: l’inchiesta si allarga … con il film sul sindaco pescatore

Aldo Bianchini

SALERNO – Da uno dei tanti TG nazionali ho sentito Dario Vassallo affermare che finalmente l’inchiesta per l’uccisione del fratello sta prendendo, forse, la via giusta, ovvero la via della droga. Ha ragione, forse per la prima volta gli dò ragione; ma su un punto non è possibile discutere né mettere in cattiva luce nessuno. Il punto è costituito dalle indagini che, per quanto mi consta, sono state sempre condotte con grande serietà e dedizione dagli investigatori che non hanno tralasciato nulla al caso. Ecco perché Dario Vassallo sbaglia fortemente quando parla di “errori investigativi, c’è ancora tanto da scoprire” o quando risponde ai suoi interlocutori dicendo “E’ la svolta ? Aspettiamo, ancora troppi lati oscuri”. Qualcuno addirittura ha scritto che “torna la pista della droga nell’assassinio del sindaco pescatore” quasi come a dire che quella pista era stata abbandonata dagli investigatori; non è assolutamente così, quella pista non è mai stata abbandonata, forse per alcuni versi è stata trattata con un certo riserbo, per non dire con atteggiamento di pietà verso i giovani protagonisti di quell’estate all’insegna del divertimento, della baldoria ed anche delle pasticche da sballo che caratterizzò quel lembo di terra meravigliosa della costa cilentana. Se avete la bontà di seguirmi cercherò di spiegare meglio cosa potrebbe voler dire “atteggiamento di pietà verso i giovani protagonisti”. Bisogna fare un passo indietro ed andare fino al momento dell’assassinio quando, da subito, le indagini presero la pista della droga e venne rapidamente trovata l’unica pista possibile: Bruno Humberto Damiani che, in quel momento, era probabilmente la punta dell’iceberg del “piccolo spaccio” che vive e vegeta in ogni località turistica. Il problema che gli investigatori hanno dovuto affrontare, già allora, è stato quello di capire se Vassallo lottava contro lo spaccio nella sua globalità come principio a tutela dei territorio, o se, invece, lottava per tutelare interessi squisitamente personali e familiari. Ritorna, quindi, di interesse la domanda che ho più volte posta in questi anni: “Ma Angelo Vassallo prese pubblicamente a calci in culo la sera del 13 agosto 2010 Humberto Damiani per indurlo a rinunciare al piccolo spaccio o per tutelare meglio la figlia che si era avvicinata troppo pericolosamente a quei soggetti ?”. Il particolare dei calci in culo non è da sottovalutare perché oltretutto furono sferrati in pubblica piazza (ma nessun organo di stampa ha mai ripreso questa mia rivelazione forse perché non arrivata dalle fonti istituzionali) davanti a tantissime persone; era una delle serate più belle del ferragosto di quell’anno e probabilmente Angelo Vassallo con quel gesto voleva dimostrare tutta la sua rabbia di padre per il fatto che sua figlia si era avvicinata molto pericolosamente ad un giovane che era molto vicino al Damiani che, ripeto, in quel momento rappresentava la punta dell’iceberg del piccolo spaccio; piccolo spaccio, non grande, è bene chiarire. Da quel gesto eclatante potrebbero prendere il via varie considerazioni: la lotta alla camorra per lo spaccio di droga non si fa a calci in culo in mezzo ad una pubblica piazza, la lotta alla camorra è cosa molto più seria; lo sfogo di un genitore contro il presunto spacciatore ritenuto colpevole di aver messo a rischio la stabilità familiare è una cosa molto più comprensibile ed inquadrabile come gesto isolato e personale. La politica che in quel momento aveva bisogno di un eroe scelse la via della “lotta alla camorra dello spaccio” e Vassallo balzò su tutti gli scudi e, forse, l’invadenza nazionale ed internazionale della politica riuscì anche a deviare il corso normale delle indagini. Dico questo perché alcune cose rimangono misteriose in questa vicenda; quella sera del 13 agosto 2010 dopo il clamore dei calci in culo ci fu anche qualcuno che cercò di mediare e di far sbollire l’ira del sindaco inviando alcuni sms sul suo telefonino ricevendone normali risposte. Il mistero sta nel fatto che quegli sms non furono mai estratti dai tabulati telefonici se non dopo oltre due anni in concomitanza della loro rivelazione fatta direttamente nelle mani della dottoressa Rosa Volpe (DDA di Salerno); rivelazioni che consentirono agli inquirenti di rintracciare gli autori degli sms che in quel momento si trovavano in Florida (USA) per vacanze ordinandone l’immediato ritorno a Salerno e di predisporre successivamente il viaggio in Bolivia per interrogare Humberto Damiani che si trovava ristretto nelle locali carceri per altri reati. Ora sarebbe interessante capire quale fosse “la cosa che Vassallo non avrebbe mai voluto scoprire”; una considerazione che il sindaco avrebbe lasciato agli investigatori che solo ora l’hanno ritenuta di una certa consistenza ed hanno incluso nel pacchetto delle accuse anche altre tre persone molto vicine al Damiani che attualmente è detenuto nel carcere di Secondigliano per diverse altre accuse, sempre relative al piccolo spaccio. A questo punto la Procura, a mio avviso, non ha scelte: o si incammina sui sentieri molto particolari dei rapporti familiari e cerca di scavare in ogni angolo possibile, anche a costo di far male; oppure l’inchiesta si arenerà di nuovo e non sapremo mai chi ha realmente ucciso Angelo Vassallo. Sappiamo per certo che la politica non c’entra, sappiamo che lo spaccio era di piccolo calibro, sappiamo che intorno allo spaccio gravitavano più persone (ma questo è assolutamente naturale) e la storia potrebbe finire qui e non sapremo mai se Angelo Vassallo è stato un eroe nazionale ed istituzionale oppure un semplice eroe di famiglia. Anche perché sono ancora moltissimi i dubbi sulla posizione del cadavere in macchina: corpo riverso sul volante, il finestrino lato guida aperto, le chiavi inserite nel cruscotto, il freno a mano tirato e il cellulare tra le mani; tutti elementi che farebbero pensare ad un dialogo-discussione tra Vassallo e il suo assassino, addirittura il telefonino tra le mani farebbe pensare ad una telefonata che forse Vassallo voleva fare a qualcuno per convincere il suo interlocutore della bontà delle sue dichiarazioni, quasi come se volesse giustificarsi di qualcosa. Ma questo ci porterebbe molto lontano sia dalla politica che dalla droga e su questo, credo, gli investigatori non lasceranno cadere nessuna ipotesi, anche quelle più suggestive. Venerdì prossimo, 5 febbraio, al cinema-teatro Barberini di Roma verrà presentato in prima nazionale il film “Il sindaco pescatore” (regia di Maurizio Zaccaro, protagonista Sergio Castellitto), una fiction della Rai che andrà in onda lunedì 8 febbraio. Saranno presenti le massime autorità dello Stato, molti sindaci  del territorio nazionale e solo tre sindaci del salernitano (Pino Palmieri di Roscigno, Eros Lamaida di Castelnuovo Cilento e Maurizio Tancredi di Caselle in Pittari). Anche questo aspetto apre a molte considerazioni: è la continuazione degli errori strategici di Dario Vassallo o è la conferma del fatto che molti politici locali ben prima dell’omicidio avevano preso le distanze dal sindaco pescatore ? Ne parlerò nella prossima puntata, senza fermarmi alle puerili spiegazioni già fornite dal diretto interessato. Per concludere, ricordo che un lettore di nome “Enzo” ha commentato il mio ultimo articolo su Vassallo, quello in cui parlavo dello scontro tra Dario vassallo e Simone Valiante; Enzo attende una risposta che non tarderà ad arrivare.

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