Di Roberto Petrizzo
VALLO di DIANO – Amici lettori di www.ilquotidianodisalerno.it questa volta parlarvi di una cosa che mi fa ritornare ragazzino. L’altro giorno stavo ascoltando il mio gruppo di cantanti preferito e ad un certo punto ascoltando una canzone che faceva così: “Quanti sogni, viaggi, colori”. Ascoltandola molto rilassato, mi fece tornare in mente la nostra ferrovia, la famosa Sicignano Lagonegro. Ora mi direte cosa c’entra una canzone con la ferrovia, ora vi spiego. Torniamo indietro con il tempo quando la tratta funzionava, e la gente la utilizzava (ecco viaggi). Quanti colori si vedevano mentre si viaggiava, il verde della natura, i colori delle case, ecc. (ecco colori). Quanti sogni c’erano nella mente della gente che partiva per un lavoro lontano (ecco quanti sogni). Quante parole, discorsi hanno ascoltato le mura, i binari, che solo se potessero parlare ci sarebbe da scrivere una vita intera su quello che dicevano e discutevano in attesa dell’arrivo del treno. Chi per partire, chi per attendere l’arrivo di un parente o una persona cara. Dov’è quella ferrovia che solo al passaggio del treno, con il fischio ch’emetteva, portava la gioia la voglia di salirci e la fantasia dei bambini che viaggiava al di là delle cose li faceva sognare posti lontani. Ora la si vede lì ferma in disuso in attesa di chissà che succederà, come una cosa che si prende e si mette in un angolo nell’ attesa che qualcuno prima o poi possa riutilizzarla. Perciò invito voi cittadini del Vallo di Diano a dare una mano al comitato Pro Ferrovia di ribaltare questa situazione di abbandono. Vederla lì abbandonata a se stessa sembra quasi che dica: prima eravate voi ad attendere da me che arrivava il treno, ora sono io che attendo voi, che mi aiutate ad essere rimessa in funzione. Perciò non pensiamo solo al passaggio del treno ma per ora rifacciamola rivivere anche con altri tipi di cose, come ristori, nuclei sanitari, ecc. Vedete la cosa più brutta e che noi teniamo buttato un pezzo di storia perché quella è storia che dall’epoca della guerra già c’era. Perciò v’invito a non tenerla ancora in quelle condizioni, di non lasciarla ad un destino che ancora non si sa.