PETROLIO: Renzi rischia di pagare quello che ha detto ?

Aldo Bianchini

SALERNO – Le perplessità sono tantissime, le occasioni per una reazione altrettanto; parlo del rapporto politica-magistratura che da almeno da venticinque anni tiene sotto scacco qualsiasi presa di posizione della politica bloccando, di fatto, qualsiasi attività innovatrice. C’è bisogno di una legge ferma ma serena, capace di contenere i magistrati nel loro solco ma salvaguardandone l’autonomia e l’indipendenza che sono cose che si conquistano, anche da parte dei magistrati, e non vengono calate dal cielo per magnanimità divina. Quello dell’autonomia e dell’indipendenza è uno spudorato paravento dietro il quale si nascondono abusi di potere incredibili ed a tinte fosche che attraversano e calpestano la politica in ogni momento ed anche per le minime occasioni che la stessa politica elargisce a piene mani. Lo scontro è stato durissimo, inutile nasconderlo, ed ha superato i livelli di guardia che segnano i confini della tracimazione dalla giustizia commutativa in quella distributiva; manca veramente poco per superare i livelli di guardia sconvolti nel 92 e nel corso del ventennio berlusconiano. La frase di Renzi “rispetto i giudici ma aspetto le sentenze”, richiamata più volte in queste settimane, ha un sapore molto amaro che rievoca uno scontro infinito che va avanti da oltre un quarto di secolo, dopo che nel secolo precedente i giudici avevano mantenuto un profilo di moderazione e sensibilità istituzionale senza rinunciare all’autonomia ed all’indipendenza. Qualcuno, però, sosteneva che i giudici di allora erano troppo chiusi nella loro dimensione di “esecutori della legge” e poco aperti alle novità della società civile che intorno a loro macinava consensi, affari e truffe di ogni tipo. Come dimenticare che tra i giudici del pool mani pulite di Milano (scimmiottato poi anche dalla nostra Procura come da altre in tutto il Paese) c’erano proprio Gherardo Colombo e Pier Camillo Davigo (da poco divenuto presidente nazionale dell’ ANM e già partito all’attacco di tutti !!), i due ideologi della lotta alla corruzione ed alle disfunzioni nella pubblica amministrazione; per loro Antonio Di Pietro, come il gip Italo Ghitti, erano soltanto degli strumenti esecutivi insieme al procuratore Francesco Saverio Borrelli,  al suo aggiunto Gerardo D’Ambrosio ed agli altri pm Francesco Greco, Tiziana Parenti e Ilda Boccassini. Anche se per la verità storica Italo Ghitti si vantava spesso, in quel periodo, di aver negato ben 60 richieste restrittive a Di Pietro ed agli altri. I precedenti di Davigo sono tutti diretti verso una radicalizzazione dello scontro politica-magistratura, senza appello e senza soluzione: 1) 16 giugno 94 Davigo intervenendo a Milano a un dibattito sulle nuove regole della finanza: “Ho indagato sui principali gruppi finanziari italiani con i bilanci certificati dalle più importanti società di revisione del mondo: quei bilanci erano tutti falsi. Allora mi chiedo, questi revisori di bilanci sono incompetenti o complici“? 2) 27 settembre 94 Davigo dichiara a Roma: “L’ indagine sulla Guardia di Finanza deve andare avanti. Per vincere la corruzione nella pubblica amministrazione bisognerà rivoltare l’Italia come un calzino“. 3) 13 ottobre 96 A Milano, sulla scena del convegno di MicroMega, Davigo dando un nuovo schiaffo alla Guardia di Finanza dice: “E’ giusto pretendere che si distingua tra persone e istituzioni, ma il rimedio non sono le denunce per vilipendio. Il rimedio è la rimozione delle persone che infangano l’ istituzione“, e infine 4) 19 aprile 97 a Roma durante l’ assemblea nazionale dei magistrati Davigo dà manforte a Borrelli e rincarando la dose dichiara: “I magistrati sono la parte migliore dello Stato, sono gli unici a fare pulizia al loro interno“. Quel “bisognerà rivoltare l’Italia come un calzino” scosse profondamente la politica attonita e sconcertata per un attacco così viscerale; e la politica perse la sfida in quanto non seppe rinnovare se stessa per uscire dal guado. Dopo un tentativo di entrare addirittura nel palazzo del Parlamento, a Montecitorio, per sequestrare i bilanci ufficiali (arrivarono due ufficiali della GdF inviati dal pool e, quindi, anche da Colombo e Davigo) il 12 luglio 1994 si ebbe l’apoteosi della guerra intestina; appena approvato il decreto legge Biondi che limitava l’utilizzo delle manette insorse la Procura di Milano con una storica diretta televisiva nazionale:  La maggior parte dei magistrati del pool Mani Pulite dichiararono che avrebbero rispettato le leggi dello Stato, incluso il «decreto Biondi», ma che non potevano lavorare in una situazione di conflitto tra il dovere e la loro coscienza, chiedendo, con un comunicato letto da Di Pietro in diretta televisiva, di venire «assegnati ad altri incarichi». Nel testo, firmato da Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo, Francesco Greco e Gherardo Colombo, c’era scritto:

Fino ad oggi abbiamo pensato che il nostro lavoro potesse servire a ridurre l’illegalità nella società convinti che la necessità di far osservare la legge nei confronti di tutti fosse generalmente condivisa. L’odierno decreto legge a nostro giudizio non consente più di affrontare efficacemente i delitti su cui abbiamo finora investigato. Infatti persone raggiunte da schiaccianti prove in ordine a gravi fatti di corruzione non potranno essere associate al carcere neppure per evitare che continuino a delinquere e a tramare per impedire la scoperta dei precedenti misfatti, perfino comprando gli uomini a cui avevamo affidato le indagini nei loro confronti. Quando la legge, per le evidenti disparità di trattamento, contrasta con i sentimenti di giustizia e di equità, diviene molto difficile compiere il proprio dovere senza sentirsi strumento di ingiustizia. Abbiamo pertanto informato il Procuratore della Repubblica della nostra determinazione a chiedere al più presto l’assegnazione ad altro e diverso incarico nel cui espletamento non sia stridente il contrasto tra ciò che la coscienza avverte e ciò che la legge impone. La domanda che oggi dobbiamo tutti porci è: “Perché la magistratura ha scelto proprio Pier Camillo Davigo quale presidente dell’ ANM ?”. Cercheremo di analizzarlo nelle prossime puntate.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *