Un mondo senza contanti


di Antonio Peluso (Società Copernico)

In questo nostro appuntamento estivo ho deciso di affrontare un tema molto dibattuto e citato in ogni campagna elettorale o discussione sul sistema fiscale: l’uso del contante nei pagamenti. 
A livello europeo l’amore nei confronti del “cash” varia da Paese a Paese, sia per ragioni storiche sia per, chiamiamola così, abitudine.

Il benchmark di riferimento per quando si parla di abbandono del contante è probabilmente la Svezia. Il paese nordico ha visto crescere i pagamenti tramite Pos dal 2000 in maniera piuttosto sostenuta e oggi solo un quinto dei pagamenti avviene in contanti e se lo misuriamo sul totale degli importi pagati, scendiamo al 5-7%. Per essere chiari ogni 100 corone di transazione, solo 5-7 sono passate di mano tramite moneta fisica. Nella maggior parte dei Paesi del nord Europa assistiamo a una situazione simile, con sempre più esercenti che appendono sulle vetrine cartelli con la scritta “No Cash”. 

Situazione ben diversa nell’Europa meridionale… non so a quanti di voi in Italia sia capitato di leggere un cartello del genere… personalmente mai…. Ma veniamo ai dati.

Nel Belpaese l’83% dei pagamenti è eseguito in contanti. Per capirci mentre i norvegesi eseguono 456 transazioni elettroniche pro capite all’anno, gli italiani sono fermi a 67 mentre i rumeni ad ancora più esiguo 17. Se il dato sull’Italia in realtà non ci sorprende più di tanto (provate a pagare un caffè o il giornale con la carta…), più inatteso risulta essere quello sulla Germania. La locomotiva d’Europa si permette di avere oltre il 75% dei pagamenti fatti via denaro contante e non sono per niente rari i cartelli con scritto sopra “Cash Only” in prossimità della casse… Decisamente una situazione molto più simile al periferico Sud che non ai virtuosi svedesi.

Stando alle rilevazioni, man mano che un Paese cresce in benessere, la tendenza ad abbandonare il contante aumenta per motivi di sicurezza, comodità e costi. I consumatori, coloro che usano i soldi per fare acquisti, possono pensare che l’uso del denaro contante non abbia un costo ma in realtà non è così per banche e venditori: va contato, impacchettato, lavato, sostituito, eventualmente fuso e/o rifuso, conservato e sorvegliato. Per darvi un’idea ogni Paese spende ogni anno circa l’equivalente dello 0,5-1% del proprio Pil per gestire il denaro contante. Non è una novità che molti sostengano che l’utilizzo del “cash” nelle economie evolute aiuta l’evasione fiscale e altre attività illegali, ma molti economisti sostengono che anche le politiche monetarie delle Banche Centrali sarebbero più efficaci in un mondo senza denaro contante circolante.
Nonostante queste evidenze però ci sono molti europei che sono riluttanti a rinunciare alla carta e al metallo sonante. E i motivi possono essere molto diversi tra loro.

Nel Benelux e nei Paesi scandinavi le banche si sono fatte promotrici e sostenitrici dei pagamenti elettronici fin dagli albori, semplificando e soprattutto rendendo più economico l’uso della carta di debito e/o credito. In nazioni molto estese e poco popolate come Norvegia e Svezia mantenere grandi filiali bancarie e sportelli bancomat risulta essere particolarmente costoso, quindi le stesse banche hanno tutto l’interesse a ridurre il più possibile le transazioni “fisiche” che necessitano di sportelli:  la Swedbank ad esempio, la più grossa banca commerciale svedese, ha solo otto filiali in grado di gestire il denaro contante in tutta la Svezia.
Tuttavia in Germania e nel Sud e Est Europa, le banche sono state decisamente meno attive nel promuovere la transizione verso un sistema potenzialmente senza contanti. Le banche tedesche si stanno muovendo in maniera molto lenta nello sviluppare metodi di pagamento alternativi mentre in Italia ancora poche persone possiedono carte di credito/debito e quelli che le hanno le usano poco (25 transazioni all’anno con carta di debito rispetto alle 114 francesi). In Italia però tutto questo è dovuto in parte anche al poco amore da parte dei commercianti per il Pos, legato agli alti costi che spesso impongono le banche. Credo che a tutti voi sia capitato di vedersi accettare la carta solo per pagamenti sopra i 15-20 euro proprio per l’incidenza delle spese fisse sulla transazione…

Proprio per limitare le differenze di costi nell’uso dei pagamenti elettronici, la Commissione europea nel dicembre 2015 ha posto un limite alle fees legate all’uso delle carte di debito pari allo 0,2% e allo 0,3% per le carte di credito.
Anche le autorità nazionali devono però fare la loro parte se si vuole promuovere l’abbandono del contante. Sempre in Svezia l’installazione nei registratori di cassa di una sorta di scatola nera che direttamente invia i dati di vendita all’agenzia delle entrate per combattere l’evasione dell’IVA, ha aiutato a rendere il cash meno attraente. In altri Paesi invece è mancata la volontà politica di prendere provvedimenti così drastici e significativi.

Un altro fattore che gioca un ruolo fondamentale è quello culturale. Ad esempio i digitalmente sofisticati scandinavi possono trovarsi a loro agio a pagare il pane con lo smartphone  piuttosto con che con la carta di credito, ma i tedeschi invece soffrono di una radicata avversione al controllo/monitoraggio, lasciata in eredità a quanto pare dagli anni della Stasi, che un sistema di pagamento tracciabile può comportare.

Un recente sondaggio di PWC ha rilevato che due tedeschi su 5 non usano pagamenti via smartphone perché preoccupati per la sicurezza dei dati inviati. Quando recentemente il ministro delle finanze ha proposto di porre un limite al pagamento tramite contanti pari a 5.000 euro, furono organizzate forti proteste perfino da parte dei giornali.

Anche noi italiani protestammo alacremente quando fu introdotto il limite dei 1.000 euro nel 2011 e prontamente l’attuale governo l’ha inalzato a 3.000 euro l’anno scorso. Secondo molti analisti è proprio la debolezza politica in Paesi come l’Italia e Grecia la principale responsabile degli alti tassi di evasione e altri crimini legati all’alta diffusione del contante, così come la radicata pratica di pagare parte del salario “fuori busta” in contanti.
Il turning point che permette alle persone di rendersi conto che possono sopravvivere anche senza il denaro sonante sembrano essere le 100 transazioni annue per persona, a quanto rilevano diversi studi. Più la percentuale di pagamenti tramite denaro fisico diminuisce, più diventa oneroso il costo nel gestirlo creando quindi un circolo vizioso che dovrebbe portare alla lunga alla sola esistenza di transazioni elettroniche.

Senza dubbio ci sono anche lati negativi nell’abbandonare il contante. Ad esempio installare i pos può essere costoso, andrebbe reso universale il possesso del conto bancario, compreso per le persone più povere. Anche le preoccupazioni riguardanti la perdita dell’anonimato nei pagamenti può essere legittima e il contante è sempre stato un bene rifugio in caso di problemi geopolitici o nell’eventualità di crack informatici.
Tuttavia i vantaggi di un mondo senza circolante, soprattutto dal punto di vista commerciale, sono senza dubbio maggiori. Pensate solamente alla necessità di prendere un taxi in un Paese senza l’euro: attualmente dovreste prima trovare un bancomat e prelevare denaro contante in valuta locale mentre potreste pagare direttamente a bordo con la vostra carta di credito. 
Al di là dei benefici economici di sistema come lotta all’evasione o riduzione dei costi di gestione, l’uso della moneta elettronica avrebbe dei vantaggi diretti anche su noi semplici cittadini, soprattutto in viaggio e nelle spese di ogni giorno, vantaggi che possono diventare via via maggiori con il diffondersi di nuove tecnologie come i pagamenti via smartphone… Forse solo i numismatici avrebbero qualcosa da ridire….

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