Il paese delle rendite

di Angelo Giubileo

 

SALERNO – Com’è naturale, le cose cambiano in base a una dialettica di forze contrapposte di attrito e viceversa espansione. Ma, in genere, sono quest’ultime ad avere la meglio in base a un processo evoluzionistico che produce comunque un cambiamento, in sé e per sé, sia pure talvolta solo formale. Così che anche i bisogni primari dell’individuo, legati cioè a un’esistenza libera e dignitosa di ognuno, non c’è dubbio che mutino seguendo sia pure solo le mode del tempo.

Il mondo di oggi è un mondo globale. E questo è senz’altro un bene. Com’è naturale, è un mondo che, rispetto a un passato, per così dire meno globale, non può non generare nuovi bisogni e quindi nuove differenze. Confermando, pur attraverso un progresso generale di tipo materiale, talvolta purtroppo le vecchie.

Dopo la storia più recente, è quindi ulteriormente confermato oltre che ampiamente dimostrato che muoversi mediante una logica identitaria, e non viceversa relazionale, serve solo a cercare di mantenere le rendite di posizione di coloro che rivendicano tali – in essere, solo presunte e innaturali e irrazionali – identità. Sia a destra che a sinistra. Perché, sia chiaro, non esiste un’identità che possa definirsi di destra o di sinistra. E anche questo è un fatto ulteriormente confermato oltre che ampiamente dimostrato.

Lo storico Paolo Mieli, da par suo, ha efficacemente ricordato sulle colonne del Corriere della Sera che ogni qual volta nell’area a sinistra movimenti partitici hanno operato una scissione hanno sempre rivendicato una proposta “unitaria”, e quindi “identitaria”, intraprendendo e ripercorrendo una via destinata puntualmente alla sconfitta. Così va il mondo, anche se molti coltivano la speranza non che possa ma che debba andare diversamente. Buon per loro!

Negli ultimi giorni, come rivendicato in tempi recenti anche dalla sinistra del Pd, pare che divenga sempre più condivisa tra i diversi schieramenti di partito la scelta di privilegiare una logica di sistema generale di tipo coalizionale, che favorisca cioè l’aggregazione di partiti e movimenti che si schierano in uno stesso spazio o “area politica” di generico riferimento.

E invece, accade di nuovo che a sinistra si propagandi e presumibilmente si manifesti, puntualmente, la classica scissione di turno. Perché, quindi? La mia risposta è che si tratti solo dell’estremo tentativo di “conservare” rendite di posizione acquisite in passato.

 

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