PASSARO: da Agropoli a Boston a caccia del tumore … con i virus

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Da qualche parte ho letto: “Un altro caso di cervello in fuga, un altro giovane che è “scappato” all’estero per veder riconosciuti i propri sacrifici. Parliamo di Carmela Passaro giovane ricercatrice originaria di Agropoli che ad Harvard ha iniziato la sua carriera nella ricerca. Laureatasi in Biotecnologie presso l’Università Federico II di Napoli nel 2009, Carmela si è interessata alla viroterapia oncolitica. Cioè lo studio che porta a modificare alcuni virus al punto tale da renderli letali per le cellule cancerose, ma inoffensivi per quelle normali. In parole povere: una volta iniettati nel corpo, questi virus sono capaci di infettare le cellule maligne portandole alla regressione e poi alla scomparsa del tumore stesso”. Il nome e il cognome, Carmela Passaro, hanno attirato la mia curiosità di giornalista e mi sono chiesto: Ma è lei ? La risposta non solo è stata semplice ma addirittura scontata: “Si, è proprio lei”. Carmela Passaro, figlia di due dipendenti dell’INAIL di Salerno/Battipaglia (la mamma, dottoressa Anna Errico, è tuttora ispettrice di vigilanza dell’Ente), me la ricordo fin da bambina quando alcune volte si accompagnava alla mamma nelle sue rarissime apparizioni in ufficio. Per quanto mi risulta Carmela è stata una ragazza volitiva e studiosa, mai secchiona, e come tantissime sue coetanee è stata anche ribelle, ma sempre al punto giusto e mai sopra le righe. Il suo è stato un percorso costante e sicuro, già dalle scuole superiori aveva ben in mente quale dovesse essere il suo futuro: “fare la ricercatrice”, e farlo in un campo assolutamente scivoloso e apparentemente senza clamorosi successi. La lotta contro i tumori affascina l’uomo perché la lotta è affascinante e molto difficile; ci vuole tanta buona volontà, dedizione e pazienza. E quale migliore scelta se non quella di Boston (USA) dopo essere passata attraverso sacrifici personali e familiari senza paragoni. “” Da poco la giovane cilentana è approdata come ricercatrice in neurochirurgia, al Brigham and Women’s Hospital e Harvard Medical School di Boston, nel laboratorio del Professor Ennio Antonio Chiocca. E’ attualmente impegnata nell’impiego degli Herpes virus oncolitici per il trattamento di una forma maligna di tumore al cervello””. Quella di Carmela non è una “fuga di cervelli”, come hanno scritto; è semplicemente la scelta più logica per una giovane dottoressa che ha dedicato gran parte della sua gioventù allo studio finalizzato a conseguire risultati utili per tutti. Il ciclo del progetto in cui è stata inserita la giovane ricercatrice agropolese; un progetto di ricerca selezionato e finanziato dall’American-Italian Cancer Foundation, e premiato nel 2016 come “ricerca di eccellenza” dal Brigham and Women’s Hospital. La cosa più bella è rappresentata dal fatto che la ragazza si è mossa sempre con grandissima umiltà e la famiglia ha cercato di mantenere bassi i livelli di entusiasmo che accompagnavano le varie tappe di Carmela, dalle scuole medie di Agropoli fino al Brigham and Women’s Hospital e Harvard Medical School di Boston. Ho incontrato per caso la mamma di Carmela qualche mese fa sotto l’INAIL di Salerno, nel veloce scambio di battute mi riferì solo per la cronaca che la figlia era approdata a Boston; senza enfasi ma con un visibile e palpabile orgoglio di mamma. Lo stesso orgoglio che qualche giorno fa ha postato su FB quasi come una rivalsa sulla vita che, forse, non rende mai quello che le si da. Prima di scrivere queste poche righe non mi sono sentito con Anna, non sono abituato a fare queste cose preordinate; ho sentito la necessità di partecipare il suo orgoglio e la sua felicità; quella felicità che solo i figli sanno darci e possono toglierci. A Carmela, giovane ricercatrice, i migliori auguri da tutta la redazione de “ilquotidianodisalerno.it”. Al momento in cui scrivo non so se il sindaco di Agropoli, Franco Alfieri, ha già pensato di conferire alla giovanissima Carmela uno speciale riconoscimento; se non lo ha ancora fatto si affretti a farlo. E con lui anche i dirigenti dell’istituto scolastico frequentato dalla ricercatrice nei suoi primi anni di studio.

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