La tangentopoli salernitana

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Sono passati 25 anni da quel 17 febbraio 1992 quando in una limpida e fredda giornata invernale milanese parte la tangentopoli nazionale che la storia ricorderà come “Mani Pulite”. Due giovani i protagonisti di quell’evento; da un lato un giovane e sconosciuto magistrato, Antonio Di Pietro; dall’altro un giovane e sconosciuto imprenditore, Luigi Magni. La location dell’evento: un elegante studio meneghino nel quale da anni era seduto come presidente del Pio Albergo Trivulzio l’ingegnere Mario Chiesa, uno dei fedelissimi di Bettino Craxi. La storia anche un po’ fiabesca ci riporta ad una “mazzetta” di circa 15 milioni di lire che Magni doveva consegnare a Chiesa per l’ottenimento dell’appalto per le pulizie di un settore della casa di riposo. Durante lo scambio di denaro irrompe nello studio Antonio Di Pietro con il capitano dei carabinieri Roberto Zuliani e arresta Mario Chiesa che tenta di spiegare che quei soldi precipitosamente nascosti nel cassetto erano i suoi. Mitica la risposta del giudice: “No quei soldi sono i nostri”. Proprio Antonio Di Pietro in queste ore nel corso di svariate trasmissioni televisive nazionale ha finalmente detto una cosa buona e giusta. In pratica il Tonino nazionale ha dichiarato che all’epoca di tangentopoli furono individuati, dal pool mani pulite, reati per circa 300 miliardi di lire; solo per una parte di questa somma (circa 75 miliardi) fu possibile scoprire datore e ricettore, per il, resto non ci fu niente da fare così come per il miliardo di lire che Primo Greganti (unico comunista arrestato) portò dentro la sede del PCI di Via Botteghe Oscure. Per quei 75 miliardi ci furono circa mille arresti. Questo, per estrema sintesi, il fatto nazionale; a Salerno e provincia il discorso fu diverso. Nel nostro territorio il pool di magistrati di “mani pulite” (Michelangelo Russo, Vito Di Nicola, Luigi D’Alessio e Antonio Scarpa), sull’onda emotiva della “relazione Scalfaro” sui disastri del terremoto dell’80 individuarono circa 150miliardi di lire di lavori pubblici gestiti dal pentapartito (Dc, PSI, PSDI, PLI e PRI) e circa 3mila miliardi di lire di lavori pubblici gestiti direttamente dalle famose, o famigerate, Cooperative Rosse; le indagini giudiziarie portarono a circa cento arresti tra i personaggi politici del pentapartito e soltanto ad un’inchiesta seria a carico dei personaggi del PCI con 33 soggetti mandati a processo per la ricostruzione di Valva e poco dopo assolti. Per gli altri processi la stessa storia; dei grandi processi soltanto quello relativo alla Fondovalle Calore ebbe un esito di condanne (anche se parziali e corrette) in tutti e tre i gradi di giudizio; per gli altri (Trincerone, Tangenziale, Teatro Verdi, Arredo Urbano, Cittadella Giudiziaria, Fondovalle Sele, ricostruzione di Laviano, fornitura prefabbricati post terremoto, centro storico di Ricigliano, ecc.) pochissime condanne in primo grado e tutte assoluzioni già in appello. La Procura della Repubblica di Salerno si distinse in particolar modo per essere stata la seconda Procura italiana a far decollare la tangentopoli; probabilmente perché Michelangelo Russo era stato in servizio presso la Procura milanese ed aveva ancora molti agganci con quei colleghi magistrati che ospitarono a più riprese il pool salernitano. E quindi, così come a Milano Di Pietro utilizzò per la prima volta in assoluto una valigetta con microtelecamera ed una microspia sul bavero della giacca di Macchi; così a Salerno il giudice Domenico Santacroce (subentrato in un secondo momento nel pieno delle indagini) mandò in giro l’imprenditore Vincenzo Ritonnaro munito di una potente microspia utile alla registrazione delle confessioni inconfessabili da parte di alcuni altri imprenditori, tutti coinvolti nei famosi finanziamenti del quotidiano “Il giornale di Napoli”. E dato che a Milano ci fu la famosa data del 17 febbraio 1992 come nascita della tangentopoli, anche Salerno ha una sua data precisa. Si tratta del giorno 16 aprile 1992 (esattamente due mesi dopo Milano), giorno in cui il pm Michelangelo Russo richiese ed ottenne dal gip Raffaele Oliva il sequestro degli uffici tecnici dei due ingegneri, Franco Amatucci e Raffaele Galdi, che la stampa subito bollò come i due “compassi d’oro” per via dei numerosi progetti di massima ed esecutivi di grandi lavori pubblici che avevano preparato in forza della loro appartenenza al Partito Socialista di Carmelo Conte. I primi arresti eccellenti, però, arrivarono il 23 luglio 1992 che il pool mani pulite ottenne in danno di Pasquale Iuzzolino (sindaco DC di Sicignano), Giuseppe Parente (sindaco pdiessino di Bellosguardo), Pasquale Silenzio (già sindaco socialista di Eboli), Mario Inglese (ingegnere capo Fondovalle Calore), Raffaele Galdi (direttore lavori Fondovalle) e Vittorio Zoldan (titolare di una delle tre imprese facenti parte dell’ATI che aveva vinto l’appalto della Fondovalle). L’apice viene toccato la sera del 31 maggio 1993 con gli arresti di Vincenzo Giordano (già sindaco di Salerno), Aniello Salzano (già sindaco di Salerno), Fulvio Bonavitacola (già assessore comunale a Salerno), Carlo Mustacchi e Luigi Adriani (ingegneri e docenti universitari a Napoli) e l’imprenditore metelliano Antonio Di Donato; l’inchiesta è quella che riguarda il trincerone ferroviario di Salerno. Ma anche a Salerno, così come a Milano, la tangentopoli ha registrato la morte di alcuni personaggi (Annibale Casilli, Cosmo Mastrandrea e gli stessi Franco Amatucci e Raffaele Galdi, solo per citarne alcuni) che avevano preso parte a quel grande progetto di rinnovo urbanistico, stradale, interportuale della città capoluogo e della provincia; alcuni cedettero subito, altri passarono a miglior vita per l’indebolimento delle difese immunitarie a causa delle esasperate tensioni emotive. Clamoroso fu il caso della vedova del segretario generale del Comune di Sala Consilina che avviò un’azione giudiziaria contro lo Stato per un maxi risarcimento in quanto, a suo dire, il marito era morto a causa delle tensioni cardiache subite per un’indagine giudiziaria dalla quale era stato assolto con formula piena. La domanda, oggi, è: “A cosa è servita la tangentopoli salernitana ?”. La migliore risposta l’ha data un magistrato eccellente, Marcello Rescigno (Gip nel processo Trincerone), che il 27 gennaio 1995 dichiarò: “Trincerone, tutti con le mani pulite ? Questo processo è montato, avete voluto farne la bandiera di tangentopoli, ma è molto meno … io non sono convinto, ma ho dovuto chiedere i rinvii a giudizio. Il dibattimento, a questo punto, è l’unico modo per accertare la verità”. E la verità l’abbiamo saputa molti anni dopo con l’assoluzione di tutti gli imputati.

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