ANGELLARA HOME: sulla speculazione privata Moretti non risponde !!

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Il 16 marzo scorso ho scritto e pubblicato, su questo stesso giornale, un articolo con il seguente titolo: “ANGELLARA HOME: incombe lo spettro della speculazione !!  e Moretti ?”. Alludevo alla gestione  del complesso della “Colonia San Giuseppe” che da qualche mese sarebbe stata affidata sull’onda di una malcelata “licitazione privata” ad una società-associazione che al momento dell’affidamento non sarebbe stata ancora legalmente e legittimamente costituita come da prassi convenzionale, cioè con la regolare iscrizione nei registri della C.C.I.A.A. (Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura) di Salerno. Ho utilizzato il termine licitazione privata ben sapendo che non è quello più indicato per definire un accordo tra due soggetti (da un lato la Curia e dall’altro un’associazione privata finalizzata ad interessi naturalmente speculativi) dei quali, almeno il primo, potrebbe e dovrebbe anche essere considerato equivalente ad un soggetto pubblico; perché se è vero che la Curia amministra beni propri è altrettanto vero che quei beni, in pratica, appartengono alla comunità dei fedeli in senso lato. Dunque se la licitazione privata per definizione non soltanto giuridica è considerata come la “procedura ristretta alla quale partecipano soltanto le imprese invitate dall’Amministrazione appaltante” è altrettanto vero che la Curia, tutte le Curie tendono la loro qualificazione verso l’affermazione di queste procedure nella gestione materiale dei beni di loro proprietà. Non a caso in tutte le Diocesi d’Italia per la gestione dei beni materiali esiste una commissione di valutazione che, nel caso di Salerno, è costituita da don Nello Senatore (sacerdote), l’avv. Alessandro Rizzo (sindaco di San Mango Piemonte) e il dott. Gennaro Esposito (Commercialista, già revisore dei conti in provincia all’epoca di Cirielli); se, difatti, la figura dell’appaltante fosse soltanto privata non sarebbe necessario attivare una commissione di valutazione. Comunque sulla materia ci sarebbe da discutere tanto e se ne discute tanto, anche nelle sedi giudiziarie amministrative chiamate a dirimere questo arcano e mai totalmente risolto conflitto.

Per ritornare a Salerno va subito detto che l’immenso patrimonio è stato oggetto in un recente passato di inchieste giudiziarie con pesanti risvolti penali e che soprattutto sulla destinazione della Colonia-Villaggio San Giuseppe l’arcivescovo emerito Mons. Gerardo Pierro, già nel 2012, lanciò un grido di allarme sul futuro della Colonia che l’emerito pensava potesse essere fagocitata dalla straripante ricchezza della società costruttrice del Porto di Arechi. Non è andata proprio così ma la Colonia è stata, comunque, affidata (sembrerebbe in via provvisoria !!) ad una costituenda società privata che non ha nulla a che fare con il mondo del sociale, della solidarietà e le sue diramazioni; tutte cose non secondarie e fortemente evocate fin dai tempi del Rev.mo Mons. Demetrio Moscato che volle con tutte le sue forze la realizzazione del villaggio e soprattutto dell’opera “Ragazzi nostri” per sanare le ferite della guerra offrendo aiuto  e formazione ai ragazzi; una istituzione sociale affidata all’istituto delle suore piccole operaie dei sacri cuori negli anni cinquanta (leggasi iscrizione sulla lapide dedicata all’arcivescovo Moscato nel 2010 a quarant’anni dalla sua morte).

Dunque, pur volendo tener conto delle diverse correnti di pensiero sullo status pubblico e/o privato dei beni delle varie diocesi, per quella di Salerno almeno nella destinazione d’uso c’è un palese riconoscimento dell’essenza pubblica della missione ecclesiastica, e non potrebbe essere diversamente.

Da quelle riflessioni dell’emerito arcivescovo sono passati appena cinque anni ed ecco l’inquietante notizia: “Tutto il complesso di proprietà della Curia sarebbe finito nelle mani dei privati, anche l’istituto scolastico che per decenni è stato onore e vanto della chiesa salernitana” (come scrivevo in data 16 marzo 2017). Non solo, nel precedente articolo avevo anche segnalato l’ipotesi che all’interno del villaggio fosse stata organizzata una festa di “annunciazione” dell’acquisita gestione con una bella e giovane signora che si sarebbe addirittura mostrata a seno nudo, in quel 18 dicembre 2016, per il piacere dei convenuti.

Verrebbe subito da chiedersi: “E dove è andata a finire la mission di colore e calore sociale che il Villaggio avrebbe dovuto seguire nel corso dell’intera sua esistenza ?”.

Per ritornare al primo capoverso di questo articolo mi corre subito l’obbligo di precisare che, naturalmente, non mi sarei mai aspettato che l’arcivescovo Moretti rispondesse alla mia domanda “e Moretti ?”; mi sarei però aspettato che qualcosa accadesse dopo le mie rivelazioni. Invece niente, niente di niente, la trattativa (se così può essere definita) è andata avanti per i fatti suoi e il capo della diocesi salernitana sembra aver chiuso entrambi gli occhi, tacendo almeno pubblicamente sull’esistenza di un’altra offerta (molto più vantaggiosa di quella vincente, a meno che non vengano pubblicati gli estremi dell’accordo già stipulato) di gestione avanzata da un consorzio di società cooperative sociali che, al posto dei balletti rosa, si era ripromesso di ridare all’intera struttura la giusta dignità pastorale e sociale per rispondere in pieno alla volontà dell’ispiratore per la realizzazione del Villaggio.

Sembra, però, che la Curia con il parere della Commissione di Valutazione abbia preso decisamente un’altra strada, molto diversa da quella che, sulle risultanze cartacee, sembrava e sembra essere la più indicata per l’affidamento della gestione dell’importantissima struttura a sfondo sociale.

Perché la Diocesi si è intestardita nel perseguire una soluzione che, all’apparenza, è sbagliata ? Cercherò di chiarirlo nelle prossime puntate di questa storia.

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