Il risparmio italiano in mezzo al guado

Di Gabriele Cavallaro – Consulente Finanziario Credem

SALERNO – La tradizionale celebrazione della giornata  mondiale del risparmio, organizzata a Roma il 31 ottobre dall’Acri,  si è intrecciata con le polemiche conseguenti alla presa di posizione in Parlamento del Pd sulla riconferma del governatore uscente Visco.
Anche per questo Visco e il ministro Padoan nei loro interventi hanno scelto toni moderati per evitare ulteriori polemiche.
Ciò non ha impedito al riconfermato governatore di affermare che il sistema bancario è solido, rispondendo indirettamente a chi ha accusato Bankitalia di scarsa vigilanza per Mps e per le  ultime crisi bancarie .

Crisi che hanno certamente minato la fiducia dei risparmiatori anche per le strumentalizzazioni politiche che sull’argomento si sono sviluppate.
Venendo al merito dei dati emerge che la propensione al risparmio degli italiani è profondamente cambiata nel corso degli ultimi decenni. Innanzitutto in termini di flusso (cioè nella definizione economica di reddito non consumato) si è ridotto significativamente. La propensione al risparmio che era fra le più alte al mondo a metà degli anni Novanta (19%) è scesa sotto la media internazionale all’8,6% del 2016. Questo dato ha comportato l’aumento del debito delle famiglie (il 62% del reddito disponibile).
Una media ancora di gran lunga inferiore alla media europea (circa 100%) e soprattutto ai Paesi anglosassoni, ma che serve anche compensare il maggior debito pubblico e che ci ha consentito di resistere alla crisi del 2011.
Il crollo della propensione al risparmio è l’altra faccia decadenza economica dell’Italia che si è manifestata con un tasso di crescita molto più basso delle altre economie europee fino alla crisi del 2007. Crisi che ha inciso in modo ancora più pesante sul tessuto economico produttivo con un calo della produzione superiore al 20%. La ripresa in corso è certo incoraggiante, ma nulla toglie al fatto che la nostra capacità di risparmio si è contratta.
In valore assoluto la ricchezza finanziaria accumulata negli anni passati rimane molto elevata: 4.200 miliardi, un valore in percentuale del Pil allineato a quello dei principali Paesi. Ma è il modo di come questi risparmi sono allocati che merita qualche riflessione: al calo della quota investita in depositi bancari e postali per i bassissimi rendimenti e per paura del Bail in non ha fatto riscontro un aumento della quota investita nelle forme tipiche dei Paesi avanzati, in particolare in fondi comuni e risparmio assicurativo e previdenziale. Il confronto con gli altri Paesi europei, e Francia e Germania in testa, evidenzia un gap molto consistente 
Il risparmio degli italiani non va verso gli impieghi degli investitori istituzionali (fondi comuni e fondi pensione) che non solo potrebbero offrire le migliori garanzie di ottimizzazione nel tempo del rapporto rischio/rendimento, ma sono anche in grado di evitare le tante trappole di cui è stata disseminata nel tempo la strada dei risparmiatori italiani: dalle obbligazioni Cirio e Parmalat di un tempo a quelle delle banche in crisi dell’ultimo periodo. La focalizzazione del dibattito politico sulla vigilanza mancata ha impedito che la giornata del risparmio potesse coincidere con una riflessione serena su due temi di primaria importanza che andrebbero affrontati fuori da ogni speculazione politica.. Da una parte la polemica contro il governatore ha impedito di accendere i fari sul fallimento da parte dei gruppi dirigenti e di tanti centri grandi e piccoli che venivano considerati come il meglio della provincia italiana, da Siena e Arezzo a Vicenza, passando per Ancona e Ferrara e che fino a un minuto prima della crisi erano considerate delle eccellenze con il plauso ed il sostegno della classe politica locale.
L’altro aspetto trascurato è stato il mancato un approfondimento sulla riforma del sistema di vigilanza e di controllo ( coordinando l’azione di Bankitalia e Consob) per ridare fiducia ai risparmiatori oltre ad un’inasprimento delle norme penali sui reati finanziari per impedire ciò che è accaduto e sta accadendo con la Popolare di Vicenza .
Ma la riforma del sistema di vigilanza e di tutela da sola non basta senza promuovere una vasta campagna di educazione finanziaria che passa necessariamente anche attraverso l’erogazione da parte degli intermediari di una consulenza finanziaria indipendente fuori dal conflitto di interessi tipico delle banche italiane nel collocamento dei prodotti di casa.
Rendere i risparmiatori più consapevoli delle scelte finanziarie dovrebbe rappresentare un obiettivo politico di primaria grandezza per valorizzare il grande tesoro del risparmio italiano.
Più che sulle polemiche e le strumentalizzazioni a fini elettorali è su questi aspetti che dovrebbe concentrarsi l’attenzione delle  forze politiche più responsabili

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