Don Nunzio: la luce della verità

 

 

Aldo Bianchini

 

Cittadella giudiziaria di Salerno

SALERNO – Ore 10.54, giorno 8, mese di novembre, anno 2019; un momento che passerà alla storia del cosiddetto “processo Scarano” ma anche della Chiesa universale.

La voce stentorea annuncia che la presenza in aula dei fratelli Cesare e Paolo D’Amico (gli armatori benefattori) è inutile, addirittura superflua perché già sentiti nel corso delle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Roma; il processo potrà continuare sugli atti per quanto attiene la parte più spinosa e pericolosa inerente il reato di riciclaggio di denaro sporco. I f.lli D’Amico (Cesare, Paolo e Maria Cristina) sono testi dell’accusa, cioè indicati dal pubblico ministero come testi a carico di Mons. Nunzio Vincenzo Scarano.

La voce è quella della pubblica accusa rappresentata nel processo dalla Dott.ssa Elena Guarino, spauracchio di tanti collegi difensivi e serena ma decisa ricercatrice della verità in tanti processi importanti che in questi ultimi anni hanno attraversato la cronaca, anche nera, dell’intero distretto giudiziario della città e della provincia di Salerno.

Anche il collegio giudicante della II Sezione Penale del Tribunale di Salerno, composto dal presidente dr. Paolo Valiante e dai giudici a latere Enrichetta Cioffi e Giovanni Rossi, è stato attraversato, anche se solo per un attimo, da un senso realistico di una giusta amministrazione della giustizia nei confronti di un uomo e di un sacerdote che da sei anni a questa parte è stato letteralmente sacrificato sull’altare della chiesa; forse anche il collegio ha percepito che quella risposta positiva della Guarino ha aperto degli scenari molto diversi che attengono anche la conclusione stessa del processo attualmente in corso.

Dal mio punto di vista giornalistico il processo contro Mons. Scarano, da venerdì 8 novembre scorso, ha imboccato la strada che porterà tutti verso “la luce della verità” e che le successive fasi dibattimentali saranno molto più veloci di quanto inizialmente previsto in quanto anche la stessa difesa di Scarano si avvia a cancellare molti nominativi dalla corposa “lista testi” depositata agli atti del dibattimento. Tutte quelle incertezze che hanno caratterizzato l’iter processuale costellato da continui ed inspiegabili rinvii sembrano essere svanite alle ore 10.54 di quel venerdì, quando cioè la PM Guarino ha annunciato la scelta di rinunciare ai testi più importanti (i f.lli D’Amico) dal punto di vista dell’accusa diretta e senza appello nei confronti del principale indagato da ben due Procure della Repubblica. Cosa significa o significherà tutto questo per la strategia e l’economia processuale lo sapremo soltanto dall’andamento delle prossime udienze già fissate per il 18 febbraio e il 3 maggio del 2020.

Il reatino avv. Riziero Angeletti

E’ salito in cattedra, silenzioso, umile, ma deciso ed efficace l’avv. Riziero Angeletti che, senza strilli fuori luogo e senza sottomissioni poco professionali, è riuscito a far passare la sua linea di difesa; una linea che ha riportato il processo nei giusti canali del futuro dibattimento; e lo ha fatto, Angeletti, senza aver bisogno di azioni clamorose ma riuscendo a convincere anche l’attenta e scrupolosa pubblica accusa che probabilmente il tempo di dare addosso all’untore era finito e che cominciava quello del sereno confronto tra le parti per il raggiungimento della verità possibile.

E Angeletti, da par suo, ha fatto anche balenare in aula la possibilità corposa di rivedere l’utilizzabilità di alcuni atti dell’accusa maturati da un’inchiesta preliminare lunga, farraginosa ed a volte poco credibile sotto il profilo della conclamata probatorietà di alcuni specifici atti.

L’avv. Riziero Angeletti, difensore di fiducia in tanti processi che hanno visto e vedono coinvolta la Chiesa (quella che parte dal Vaticano per arrivare anche nelle parrocchie di periferia) non è un  avvocato scelto a caso per affiancare l’ex difensore di Scarano avv. Silverio Sica (che ha poi preferito abbandonare la difesa !!), è un avvocato che sa essere anche un riconosciuto giurista, e non solo per aver scritto addirittura dieci libri di diritto incentrati quasi tutti su “Le invalidità nel processo penale”.

Riziero Angeletti è, quindi, un avvocato in grado di dare al “processo Scarano” una lettura completamente diversa da quella data fin qui sia dalla precedente difesa che dalla stessa pubblica accusa che, come primo atto, ha già rinunciato a sentire in aula i suoi testi più importanti per il sostentamento del castello accusatorio.

Il prossimo 18 febbraio si ripartirà, quindi, ad armi pari o quasi tra la pubblica accusa e i corposi collegi difensivi nell’ambito di un processo che si annuncia molto interessante e pieno di colpi di scena per riportare tutti all’antico e mai dimenticato dibattimento pubblico in cui accusa e difesa si confrontano davanti ad un collegio giudicante che, come nel caso di specie, appare quanto mai all’altezza del difficilissimo compito.

E se il libro “Le invalidità nel processo penale”  ha dato una dimensione molto più importante alla figura dell’avv. Riziero Angeletti, c’è un altro libro che andrebbe letto non solo dalla pubblica accusa ma dall’intero collegio giudicante; parlo del “Giudizio Universale”  scritto dal noto giornalista d’inchiesta Gianluigi Nuzzi ed incentrato sulla “battaglia finale di Papa Francesco per salvare la chiesa dal fallimento”.

A pag 134 del libro, nel contesto del capitolo “Diavoli nei sacri palazzi” si legge testualmente: “Scarano nemmeno lo sa , ma in realtà il Papa ha seguito con attenzione la sua vicenda. Riservatamente, la società di consulenza americana Promontory ha approfondito le dichiarazioni rese dal monsignore all’autorità giudiziaria e riprese dai medi sulle numerose attività sospette dell’ APSA, per poi confezionare e inviare proprio al santo padre, già nel febbraio 2014, un report confidenziale con le verifiche compiute su quelle denunce. Nel documento si accerta che tutto quanto raccontato da Scarano è drammaticamente vero”.  Questo stralcio del capitolo è già molto significativo e se uno continua a leggerlo rimane, senza dubbio, attonito se pensa a tutto quanto fin qui accaduto.

Il compianto Antonio D'Amico (fondatore del gruppo di armatori) con l'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi

Un capitolo a parte lo vorrei riservare ai F.lli D’Amico che si sono sempre contraddistinti per la loro propensione alla beneficienza ed all’amore per il prossimo; dal loro immenso patrimonio hanno storicamente detratto svariati milioni di euro (in soldi e in risorse materiali) per opere di beneficienza dando a tutte le loro operazioni il massimo della trasparenza e della legalità; ed anche della tracciabilità di tutte le somme di denaro destinate al sostegno del prossimo.

Ma la strada è comunque lunga ed irta di ulteriori ostacoli; fasi che non mancheremo di seguire.

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