CHIESA: quella che vorrei … la rivoluzione al contrario e le interviste inutili dell’arcivescovo Bellandi e del vescovo De Luca

Aldo Bianchini

Il duomo di Salerno

SALERNO – A Salerno si cambia il codice di diritto canonico ? E’ questa la domanda che si pone la maggior parte dei fedeli ricompresi nell’arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno retta da meno di un anno da Mons. Andrea Bellandi, l’uomo venuto da lontano.

Sembra proprio di si; difatti dopo aver provveduto alla nomina del Vicario Generale e dei vicari episcopali, il clero si chiede a quando ci saranno le votazioni del consiglio presbiterale e degli altri organi pastorali; visto che poi dal consiglio presbiterale bisogna nominare i consultori dei parroci che intervengono nelle controversie tra vescovo e sacerdote. Il collegio dei consultori è un organo molto importante poiché il vescovo per nominare il nuovo economo ha bisogno del parere vincolante sia del consiglio dei consultori che degli affari economici.

S.E. Mons. Andrea Bellandi, arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno

Tempo fa già avevamo messo in luce anomalie nella proroga del consiglio presbiterale poiché a norma dello statuto del diritto con la sede vacante cessano completamente tutte le funzioni.            Salerno, dunque, sembra aver dimenticato le norme elementari del codice di diritto canonico. Già oggetto di ricorso. A quanto pare a Salerno si è preferito sorvolare su norme e statuto approvato, ed alla “rivoluzione bellandiana” è stato dato il taglio di una vera e propria rivoluzione di popolo, pur senza interessare e coinvolgere minimamente il popolo dei fedeli.

In pratica l’arcivescovo Bellandi ha cominciato dalla testa; cosa buona e giusta se la rivoluzione fosse stata profonda ed avesse toccato i gangli più oscuri del potere dei singoli in una curia che, come scrivevo ieri, è nelle mani del Signore da almeno dodici anni.

Avrei sicuramente gridato alla rivoluzione bellandiana come il toccasana della Chiesa salernitana se in essa avessi intravisto reali intenzioni di cambiamento in meglio; così, purtroppo, non è stato in quanto sono stati sostituiti sacerdoti di potere con altri sacerdoti di potere nell’ottica di una Chiesa diametralmente opposta a quella voluta da Francesco. E pensare che mons. Bellandi è stato inviato a Salerno proprio da Francesco come il vero riformatore di una Chiesa che neppure il predecessore Moretti era riuscito minimamente a cambiare.

S.E. Mons. Luigi Moretti, arcivescovo emerito di Salerno-Campagna-Acerno

Anzi a questo punto bisognerebbe rivalutare la figura di Mons. Luigi Moretti che per la pace del Signore ha, comunque, accettato il ruolo di vice parroco a San Giuseppe Lavoratore da dove (dicono i bene informati !!) se la ride, pur nel dolore, guardando allo stato della curia salernitana. Nei primi anni del suo ministero aveva anche tentato di tenere a freno la baldanzosa e spesso tracotante alterigia dei portatori della processione di San Matteo in merito ai quali la signora Lorella M. (ormai divenuta consulente di questo giornale per le discipline religiose) scrive: “Per quanto riguarda i portatori, ne conosco la maggioranza essendo al 99% portuali, vorrei sapere se le 52 domeniche dell’anno mettono piedi in una Chiesa. Ma questa è un’altra storia. Dicevo a Don Alessandro, tra il serio e il faceto: quando divento Papa, abolisco le processioni che dovrebbero essere preghiera itinerante, ma sono retaggio di riti medievali. E mi  assumo la responsabilità di quanto affermato. Se i portatori di San Matteo conoscessero un po’ il Vangelo, per il quale il loro Santo ha dato la vita, saprebbero che il re Davide, ingiustamente perseguitato e costretto alla fuga da Saul che per invidia e gelosia lo voleva morto, quando ha l’opportunità di uccidere Saul e così mettere fine a quella sua vita raminga, desiste dal farlo perché Saul è l’unto del Signore e non si macchierà di tale peccato”.

don Alessandro Brignone, vittima del coronavirus

Prendo spunto da questo riferimento a “don Alessandro Brignone” per analizzare l’intervista che qualche giorno fa l’arcivescovo Andrea Bellandi ha rilasciato, sulle frequenze di Telediocesi, al suo intervistatore don Alfonso D’Alessio; una intervista assolutamente inutile, come ho scritto nel titolo, che non ha né capo e né coda in quanto tira in ballo la figura di don Alessandro non tanto per innalzarla sugli altari ma quasi per giustificare, in maniera anche abbastanza goffa e confusa, le dichiarazioni rese al Tg3 della Rai da un incauto Vescovo di Teggiano (Mons. Antonio De Luca) che aveva parlato genericamente di un sacerdote di Caggiano appartenente alla diocesi di Salerno, come a scaricare ogni responsabilità per quello che stava accadendo nel Vallo di Diano a causa del contagio da Covid-19. Mi meraviglio, e lo dico con grande sincerità, che l’autore di quell’intervista inutile sia stato don Alfonso D’Alessio che conosco, invece, come uno dei più consapevoli e preparati sacerdoti di Salerno in grado di analizzare la crisi e proporre soluzioni accettabili.

Purtroppo anche lui sembra essere rimasto coinvolto in questo sordido gioco di potere che attanaglia la Curia salernitana che pure ha dato natali e vita a grandi uomini di chiesa, anche se qualcuno già pensa di aggiungere al corteo di San Matteo la statua di “San Vincenzo da Ruvo del Monte”. Sarà Bellandi a completare quest’opera gigantesca ? Ce lo dirà il futuro della nostra chiesa.

 

Per grazia di Dio, c’è uno Spirito che soffia e che alimenta la Chiesa. La storia insegna che nei periodi più bui, quando l’istituzione temporale  ha dato scandalo di se stessa, sono sorti fior di Santi”, continua a scrivere la signora Lorella M.; e come fare a non essere d’accordo con lei.

Nella prossima puntata di questa storia analizzerò con voi tra le altre cose anche l’epurazione dell’economo don Peppino Guariglia che si è dimesso in tutta fretta, e il destino che l’arcivescovo avrebbe riservato al sacerdote-cantante don Michele Pecoraro che Moretti aveva elevato al ruolo di “parroco della cattedrale”; ma pubblicherò anche una lettera riservatissima che don Biagio Napolitano (già vicario generale) ha inviato a tutti i confratelli e, quindi, anche al suo successore don Alfonso Raimo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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