Antonio Gliubizzi: nel ricordo di una stagione che non c’è più !!

Aldo Bianchini

Antonio Gliubizzi

SALERNO – In un tempo lontano, mentre correva il mese di giugno dell’anno 1967, in un giorno assolato ed afoso una lunga scia di autovetture procedeva piuttosto spedita sulle strade rotabili tra Balvano e Baragiano Scalo, due località in provincia di Potenza.

Poco prima nella “Chiesa Madre Santa Maria Assunta di Balvano, inondata di fiori bianchi e lunghi striscioni di seta per delimitare il red-carpet che aveva accolto una giovane e bella venticinquenne balvanese, Lina, che lentamente si avvicinava all’altare maggiore ai piedi del quale un giovane trentenne baragianese, Antonio, l’aspettava per impalmarla e per incominciare insieme un lungo ed affiatato percorso di vita avente come obiettivo primario la costruzione di una famiglia, numerosa e felice.

Alla testa del corteo l’autovettura dei due giovani sposi la cui felicità tracimava ed esplodeva verso l’esterno per investire tutte le altre auto piene di genitori, parenti ed amici che strombazzando andavano spensierati verso la tenuta di campagna di Antonio per il pranzo, ovvero per il “banchetto nuziale” che in quegli anni speciali, a ridosso del boom economico nazionale, appariva più simile ad una luculliana abbuffata che ai pranzi schematici ed asettici di un ristorante moderno.

C’era anche una Fiat/500 decappottabile, un pò malandata ma utilissima alla bisogna dei quattro giovani che la occupavano: Gregorio, Vittorio, Enzo e il sottoscritto nelle vesti di operatore cinematografico, con tanto di telecamera vecchio stile all’interno della quale necessitava inserire spesso nuove ricariche di pellicola, per immortalare nel tempo quella lunga colonna di macchine che scortavano e festeggiavano gli sposi: la leggiadra Lina Di Carlo e l’aitante Antonio Gliubizzi.

 

Il banchetto affollato di ospiti festanti andò avanti per tutto il pomeriggio, fino a tarda sera; non c’era fretta, bisognava vivere quella felicità a 360 gradi e niente doveva essere lasciato al caso, neppure il più piccolo particolare; Antonio lì non era un semplice giovane che convolava a giuste nozze, era un personaggio molto conosciuto e stimato nell’intera zona di quella verdeggiante vallata lucana. La sua famiglia, poi, aveva il dono dell’ospitalità e tutti sembravano a casa loro, tanto era perfetta l’accoglienza dei genitori e dei familiari del giovane sposo.

Suggestivo ed emozionante anche il momento in cui gli sposi salutarono, con una incredibile semplicità, gli invitati e partirono per un viaggio di nozze tenuto strettamente segreto.

Poi la vita, quella di tutti i giorni, di due giovani docenti che hanno dedicato la loro vita alla cura ed all’insegnamento in favore di tante giovani e nuove generazioni di studenti.

Di pari passo la vita familiare con la gioia della prima nata “Tania” e dopo di “Dolores, Ilaria e Rocco”, il figlio maschio tanto desiderato da Antonio ed ovviamente anche da Lina.

Da Baragiano a Salerno il passo fu breve, e fu qui, nella nostra città, che la famiglia Gliubizzi – Di Carlo piantò le sue radici tra gioie, felicità, difficoltà, successi e tanta, tanta disponibilità verso il prossimo, con la stessa intensità rivolta alla propria famiglia in senso stretto. E tutto per oltre cinque decenni spesi essenzialmente per i figli seguiti nella vita e negli studi fino alla laurea ed all’occupazione professionale.

Spesso, qualche anno fa, a volte, io e Antonio ci incontravamo davanti al “Bar Umberto” in Piazza Amendola; un caffè, un rapido scambio di opinioni, soprattutto di carattere politico, e poi appuntamento alla prossima; fu così anche quando ci salutammo l’ultima volta, ma né io e né lui sapevamo che non ci saremmo mai più rivisti.

Quando tutto sembrava dover scorrere con i ritmi che la vita e la natura impongono, ecco il forte richiamo delle antiche radici per Antonio che aveva sempre amato la sua terra e la sua tenuta agricola; l’amore per la terra, per la sua terra, gli è stato fatale. Una caduta accidentale, una lesione del bacino, la corsa in ospedale, anzi negli ospedali tra Eboli e Potenza con la paura del covid e la saturazione dei reparti; e lì è stato abbandonato a se stesso, lontano dagli affetti familiari per quella vaga e spesso incomprensibile precauzione sanitaria. Anche lui vittima indiretta del covid ?  sicuramente si.

Ed ecco arrivare la morte, lucida – veloce – spietata e senza appello, per strapparlo alla vita e, soprattutto, ai suoi affetti più cari tra il dolore della moglie e dei figli con le rispettive famiglie e lo sconforto di tutti quelli che l’avevano conosciuto ed apprezzato anche per il suo carattere mite ma risoluto. Il ricordo di un uomo che non aveva mai parlato più del necessario e che, quando lo faceva, i suoi suggerimenti o i suoi giudizi erano spesso trancianti e rimanevano scolpiti nella mente di tutti.

Qualche giorno fa un’altra lunga fila di autovetture, molto più tecnologiche di quelle del 1967, ha viaggiato, in ordine sparso a causa dell’emergenza sanitaria, per le stesse strade che 53 anni prima erano state percorse, dai giovani sposi Lina e Antonio, per andare a fare festa nel banchetto nuziale, ebbri di gioia e di felicità.

Questa volta non c’è niente da festeggiare, il corteo è mesto, molto triste, è cambiata anche la Chiesa che non è più inondata di fiori bianchi come quella del ‘67: bisogna accompagnare Antonio, avvolto nel suo sudario, per l’ ultimo viaggio.

Una persona speciale è andata via per sempre.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *