Aldo Bianchini
CASALVELINO – Siamo alle solite, la storia si ripete, come si ripetono anche le inchieste giudiziarie alla caccia dei fantasmi.
Questa volta è toccato alla giovane sindaca di Casalvelino, Silvia Pisapia, per una vicenda che ha tutto il sapore della “santa inquisizione” contro una professionista prestata alla politica più per le intrinseche capacità che per l’amore sviscerato di potere. Anzi tutto il contrario, almeno così dicono quelli che la conoscono più direttamente; abilitata all’esercizio della professione di avvocato, lavora al Consac Gestioni Idriche spa (sede di Vallo della Lucania), è al secondo mandato di sindaco di un paese che ha amministrato con garbo e gentilezza senza alcuna ostentazione del potere che, comunque, ha dovuto gestire con abilità; nel 2015 sfiorò l’elezione al consiglio regionale in quota PD in ragione del fatto che all’ultimo momento dalla cabina di regia venne preferito Tommaso Amabile.
Insieme a lei (oltre ad altre 12 persone tra amministratori comunali, funzionari ed imprenditori) sprofonda nella bufera anche il suo vice sindaco Domenico Giordano (funzionario di Prefettura) che è stato sindaco per due mandati fino al 2015. Giordano è un personaggio notissimo nella Prefettura di Salerno, per la sua enorme disponibilità e per la sua propensione verso tutti quelli che hanno veramente necessità di essere aiutati e guidati nei difficili percorsi dei meandri burocratici. E questo, ovviamente, in un Paese come il nostro non è un fatto positivo ma negativo.
Il mio profondo convincimento a difesa dello stato di diritto di chiunque mi induce a pensare e credere che anche questa volta saremo costretti ad assistere all’ennesima incursione della pubblica accusa sull’onda, forse giustizialista, di investigatori molto propensi a contestare astrattamente reati che, poi, molto difficilmente potranno assurgere a “prove conclamate” in un pubblico dibattimento. Siamo alle solite, dicevo, con una impressionante marea di capi d’accusa, ipotetici – astratti e virtuali, sapientemente velinati alla stampa che non fa altro se non eclatare verso l’esterno azioni giudiziarie che, sulla carta, se non fanno ridere , lasciano sconcertati non solo gli indagati ma anche che vuole osservare i fatti con deontologia professionale prima di diffonderli nell’immaginario collettivo della gente.
Del resto basta leggere i capi dì imputazione contesati per rendersi conto della “presunzione accusatoria e colpevolista”; si va: “dalla corruzione, per l’assunzione di cittadini in cooperative locali, all’abuso d’ufficio e falsità ideologica” (fonte Il Mattino) in merito ai servizi comunali essenziali quali “la portualità, la manutenzione, la raccolta dei rifiuti, la refezione scolastica e puntava anche ad accaparrarsi illegittimi permessi di costruire in zone particolarmente appetibili dal punto di vista edilizio. Al centro delle indagini anche una concessione edilizia non in regola per la casa del marito del sindaco, Massimo Morinelli”; tutta roba da macello giudiziario fino al punto da indurre qualcuno a scrivere che siamo di fronte ad un “do ut des” che gli esperrti investigatori guidati dai due capitani dei Carabinieri che negli ultimi hanno comandato la tenenza di Vallo della Lucania. Si è parlato e scritto di una casa intestata al marito della sindaca, come se nessuno sapesse che Massimo Morinelli aveva da tempo acquistato un rudere per riattarlo e restituirlo alla sua originale bellezza nello scenario incantevole della zona; un fatto che gli inquirenti ritengono una violazione delle leggi anche se non si è ben capito di quali leggi.
Si è arrivati addirittura a pensare che molti paesi del Cilento vengono amministrati con una gestione di tipo familistico-clientelare; mi sembra che non potendo trovare niente di nuovo gli inquirenti abbiano fatto un passo indietro nel passato quando tutta l’attenzione giudiziaria si incentrò sul sindaco di Centola-Palinuro “Romano Speranza” che negli anni ‘80 raggranellò oltre 900 avvisi di garanzia per finire, dopo essere stato inserito nel guinness dei primati come “il re degli indagati”, assolto “perché il fatto non sussiste” dai 400 e più processi contro di lui incardinati presso il Tribunale di Vallo della Lucania.
Ma la cosa che in casi come questo di Casalvelino che mi inquieta di più, essendo un garantista impenitente, è che tutte le accuse sopra elencate in altre realtà, leggasi Salerno, non vengono mai contestate e perseguite, anche se sappiamo tutti che vengono gestite sicuramente in maniera più perversa di come lo sono nel Cilento. Anzi nel Cilento, rispetto a Salerno potrebbe esserci davvero una gestione familiare senza la clientela che in altre zone più ad alta concentrazione urbana si rivela più pericolosa.
E’ proprio di questi giorni lo scandalo delle cooperative sociali di Salerno sulle quali si sarebbero buttati a capofitto gli investigatori senza ampliare più di tanto la loro attenzione su tutte le attività gestite dalle stesse cooperative.
Abbiamo una giustizia a due velocità ? Per saperne di più basta leggere il libro-intervista di Luca Palamara, il giudice che accusa i giudici.
Speriamo soltanto che il sole ritorni a splendere presto sul mare di cobalto del Cilento.
Non capisco chi scrive di quale verità è in possesso per screditare la magistratura che fa il proprio dovere. La legge deve essere uguale per tutti non solo per chi è un povero Cristo