La morte ingiusta … di Attanasio

 

 

Salvatore Memoli

(avvocato-manager-giornalista)

 

Dell’omicidio del giovane Ambasciatore italiano in Congo Attanasio, del Carabiniere e dell’Autista sentiremo parlare ancora. Ci sono cose che non si conoscono e che non sono state dette. Quel truce assassinio poteva essere evitato? Ci sono motivi che fanno ritenere che qualcosa si poteva fare, l’ONU deve una risposta all’Italia ed alla famiglia. Quel convoglio non faceva una gita fuori porta. Chi conosce la Repubblica democratica del Congo ed in particolare il luogo dell’eccidio riconosce i posti, i pericoli esistenti ed anche le precauzioni che si usano per attraversare quelle strade insidiose. Chi aveva pianificato il viaggio? Con chi si era parlato di quella traversata di un convoglio sensibile ed umanitario? Queste sono domande importanti che gli investigatori debbono porsi. Se é vero che il segretario dell’Onu Guterres vuole assicurare i killer alla giustizia e fornire risposte a chi le attende. Sulla vicenda io avanzo qualche dubbio perché la situazione presenta caratteristiche analoghe ad altre situazioni finite male in Congo. Non posso dimenticare l’uccisione dell’Arcivescovo di Bukavu, il gesuita  Christophe Munzihirwa Mwene Ngabo caduto il 29 ottobre 1996. Lo avevo incontrato nel luglio dello stesso anno, mi aveva fatto chiamare per affidarmi un messaggio sulla pericolosità della vita in quella regione del Congo, sul rischio per sé e per tanti religiosi che si davano per i problemi dello sfruttamento del territorio. Ho ancora il ricordo vivo della persona, dei suoi occhi rigidi e commossi, della lucidità di un’analisi sullo stato d’invivibilità e di pericolosità dovuto allo sfruttamento delle miniere dagli interessi di nazioni che si contendevano le preziosità dei minerali. Ne parlai con miei conoscenti autorevoli, al mio ritorno in Italia. Inviai una nota alle Nazioni Unite dove conoscevo l’Osservatore della Santa Sede e parlai con molti parlamentari italiani. Dall’Osservatore ebbi un rifiuto di fastidio, non rientrava nelle mie competenze né nelle sue occuparsi di questi fatti. Fu un tradimento lacerante per me che mi ero vantato della sua amicizia! Dopo poco l’Arcivescovo fu ucciso barbaramente. Lo ricordo per sempre nel mio cuore. L’Ambasciatore Attianese conosceva bene il Congo di oggi, da qualche intervista si capisce la sua posizione contro lo sfruttamento delle risorse pregiate, di cui non resta niente alla Nazione. Conosceva i traffici transfrontalieri quotidiani da e per il Ruanda e l’Uganda, dove avviene una ripulitura degli estratti minerari. Aveva la conoscenza, con la sua velocità intellettiva, di chi ci guadagnava e chi ci perdeva! Possono queste posizioni infastidire interessi di forte valenza? Egli é morto con tutto il suo candore di Diplomatico volitivo, generoso, fattivo. Chi doveva sorvegliare su di lui? Non solo l’Onu  che aveva la responsabilità quel giorno del convoglio umanitario. Anche l’Italia che vigila sul lavoro dei Diplomatici doveva capire che Attianese s’inoltrava in un terreno minato, pieno di vendette… non di un vigliacco esecutore bensì di chi gli ha armato la mano!

L’Arcivescovo Cristophe e l’Ambasciatore Attanasio non ci sono più. Restano i vigliacchi che avrebbero dovuto agire e prevenire per loro il triste epilogo. Gli stessi che mi dissero che non erano affari miei!

 

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