Aldo Bianchini
SALERNO – Quando il 28 giugno 2013 Mons. Nunzio Scarano fu brutalmente arrestato e scaraventato in una cella di Regina Coeli la vicenda giudiziaria di Mons. Nunzio Scarano, che già campeggiava sui giornali da qualche giorno, esplose in maniera deflagrante e raggiunse subito Sua Santità Papa Francesco che, addirittura sull’aereo che lo riportava in Vaticano dal Sud America, senza por tempo in mezzo lanciò quasi una scomunica verso il suo “fedelissimo servitore” che la Curia Romana aveva qualche ora prima dell’arresto già sospeso da ogni incarico.
Circa un anno dopo, però, accadde un primo miracolo che impose una svolta ad “U” allo stesso Papa, ma questo miracolo è stato reso pubblico soltanto nel 2019 con il libro “Giudizio Universale” di Gian Luigi Nuzzi (ed. Chiarelettere) che ha dedicato un intero capitolo al sacerdote salernitano; un miracolo che, come scrive Nuzzi, non era a conoscenza neppure dello stesso Don Nunzio: “Il Vaticano nel 2014 ha incaricato una società di revisione per verificare e valutare tutto il lavoro di Mons. Scarano all’interno dell’APSA. Il rapporto reso da detta società è chiarissimo e certifica che Don Nunzio Scarano ha agito sempre in piena legalità, lanciando addirittura alcuni importanti allarmi … Nel documento si accerta che tutto quello raccontato da Scarano è drammaticamente vero”. Dunque Nuzzi nel raccontare della probabile innocenza di Don Nunzio afferma la veridicità delle dichiarazioni del sacerdote ed apre finestre inquietanti sugli “importanti allarmi” lanciati dallo stesso don Nunzio: a chi, perché e per cosa ? Ma su questo ritorniamo fra poco.
La Chiesa Cattolica Romana, universale, attraversa, lo sappiamo tutti, un periodo molto particolare con un Papa eletto, un Papa emerito (che proprio in queste ore ha avvertito la necessità di dichiarare che il Papa è uno solo) e un probabile prossimo Papa se Francesco dovesse dimettersi, come paventato da alcune fonti ecclesiastiche. Nonostante queste problematiche la Chiesa Romana, dopo il 2014, resasi conto del grave abbandono in cui era stato gettato Don Nunzio ha cominciato lentamente, ma decisamente, a schierarsi dalla parte del prelato caduto nelle maglie forzate di una giustizia che molto verosimilmente voleva raggiungere altri traguardi con il tentativo di coinvolgere nello scandalo la “famiglia D’Amico”, notissimi armatori a livello mondiale, rea secondo l’accusa di traffico illecito di denaro da far rientrare in Italia.
Questo, in sintesi, ciò che è accaduto a livello generale romano; ma Salerno e la sua Curia (con un arcivescovo titolare, con tre arcivescovi emeriti ed anche con un cardinale emerito che ha praticamente cresciuto il sacerdote inquisito) come reagirono e come reagiscono di fronte all’onda lunga di un’inchiesta giudiziaria che si va sempre più annacquando con il passare del tempo ?
In sette anni e mezzo la Curia salernitana ha saputo fare soltanto due cose:
1) Il 28 giugno 2013 emissione del comunicato, freddo e scostante, con cui il suo redattore don Nello Senatore scriveva principalmente che “l’Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno è monsignor Luigi Moretti, il quale non è assolutamente indagato da nessuna Procura”;
2) Qualche settimana dopo quel 28 giungo, la visita in ospedale da parte di Moretti al ricoverato-carcerato don Nunzio, in precarie condizioni fisiche, per chiedere di consegnargli tutti i carteggi riservati che eventualmente erano ancora in possesso dell’inquisito. Nessuna parola di cristiana solidarietà e/o di umana comprensione.
Ho letto con molta attenzione l’articolo scritto dall’avv. Salvatore Memoli (pubblicato sia da questo giornale che da “le Cronache “) titolato: “Scarano, per lui metto la faccia” che mi ha particolarmente colpito inducendomi a questo personale approfondimento della vicenda che, per altri versi e sempre credendo nell’innocenza assoluta di Don Nunzio, ho raccontato nel corso di questi sette anni.
Ma l’articolo di Salvatore Memoli (che ripubblichiamo in calce al presente) è molto particolare e mi ha consentito di entrare anche nei meandri più inesplorati ed inquietanti della Chiesa Cristiana, da Roma a Salerno, per chiedere e chiedermi il perché dell’atteggiamento decisamente ostile della Chiesa Salernitana nei confronti di un suo figlio che, allo stato, è un innocente in attesa di giudizio.
In un passaggio dell’articolo Memoli, riferendosi alla Curia di Bellandi, scrive che “É venuta meno quella solidarietà che non andrebbe negata a nessuno ed in particolare ad un consacrato”; purtroppo è proprio così. Don Nunzio Scarano è stato lasciato solo con se stesso, senza stipendio da oltre 96 mesi, in assoluta povertà e con un dolore immenso che gli squarcia il cervello ora dopo ora. Gli è stato impedito addirittura di entrare nelle chiese di Salerno, di vestirsi da prete; gli è stato negato anche l’accesso al fondo comune per i sacerdoti in difficoltà. E, colmo dei colmi, è stato stretto in una morsa mortale da chi, occultamente, vorrebbe portargli anche via la casa dove vive pregando anche per i suoi nemici nascosti nelle ombre della Curia, dell’avvocatura, e del Tribunale.
Ma la cosa più aberrante commessa in danno di Mons. Scarano è l’atteggiamento di quelli, fortunatamente non tutti, che hanno goduto della sua munifica beneficenza e che negli ultimi anni gli hanno girato violentemente le spalle.
Soltanto il nuovo arcivescovo Mons. Andrea Bellandi potrà dare, se vorrà come io spero ed auspico, una svolta decisiva alla vicenda del rapporto chiesa-don Nunzio perché soltanto Lui, il nuovo pastore, ha la possibilità di superare tutte le barriere senza entrare (come suggerisce anche l’avv. Memoli) negli atti giudiziari che rimangono propri del tribunale; in fin dei conti don Nunzio Scarano è un figlio della Chiesa alla quale ha, comunque, donato tutta la sua vita. Il silenzio rumoroso della Curia salernitana non può continuare e il suo pastore deve trovare il modo per riportare una sua pecorella all’interno del gregge.
– = O = –
Scarano, per lui metto la faccia
Salvatore Memoli
(avvocato, giornalista, manager)
SALERNO – Nella vicenda giudiziaria di Mons. Nunzio Scarano ci ho messo la faccia fin dal primo momento e continuo a metterla con responsabilità di professionista e di Cristiano. Non giudico le imputazioni perché questo ruolo compete solo ai Giudici che ne hanno competenza e diritto, anche perché lo stanno facendo con grande rigore, esaminando tutto, come deve essere fatto, come richiede l’esame dei testi e di una documentazione complessa e controversa. Ci metto la faccia dopo aver ascoltato, ricostruito minuziosamente gli atti, seguito avvocati e consulenti, che mi hanno reso partecipe di tutta la documentazione. Ci metto la faccia ricordando l’antica amicizia dell’uomo e del sacerdote e dopo averne ascoltato e condiviso gli stati d’animo, le amarezze, le pene inflittegli, la morte e le resurrezioni, subite da chi interessato al suo caso, il più delle volte con interpretazioni e posizioni faziose, lacunose, suggestive e vendicative. L’uomo e il prelato sono comparsi il più delle volte con ruoli e prospettive molto diverse dalla sua più verace dimensione spirituale che é parte rilevante e preponderante della sua esistenza. Si parla di Scarano solo per cose delittuose, per errori umani e scelte sbagliate, non condivise, per immagini suggestive, create da certa informazione da scoop, da letture forzate dri fatti, così lontane dalla realtà molto più semplice, buona, meno ingannevole e censurabile. Di Scarano conosco ed ho condiviso il buio di certi giorni, il dolore ingiusto, le ansie di un’esistenza sprecata a ricostruire le ragioni della sua vita vita religiosa, sommersa da una valanga di fango mediatico che aveva bisogno di creare il mostro. Non tutti,anche nei nostri ambienti ecclesiali, hanno mostrato di aver capito che dietro la condanna di quest’uomo, l’indice é puntato contro la chiesa, contro chi vuole trascinarla in una dimensione perversa, di maldicenza, di corruzione, di falsità che mette in luce la sua incoerenza, la sua responsabilità nella storia degli uomini, la sua posizione incomprensibile delle sue dimensioni orizzontali e verticali che fanno impazzire certi “laicisti” di turno che amerebbero combatterla senza senza prova a discarico. Una realtà che assolverebbe le loro mediocrità fi accusatori!
La solitudine di Scarano mi é parsa diventare insopportabile più per l’abbandono e il voltafaccia di alcuni confratelli più o meno importanti che per le accuse che lo hanno portato nei tribunali. É venuta meno quella solidarietà che non andrebbe negata a nessuno ed in particolare ad un consacrato. La mia idea invece é che sia venuta meno la vicinanza, indispensabile non per coprire, non per evitare un giudizio, bensì per sostenere spiritualmente chi deve provare la sua innocenza. Per Scarano provare la propria innocenza equivale ad allontanare ombre da se stesso e dalla Chiesa, per quello che egli ha rappresentato per molto tempo. Questo é il motivo per il quale ho voluto capire e sostengo la sua innocenza. Non penso di condizionare nessuno ma reputo giusto essere coerente nel sostenere le mie convinzioni. Certo lo faccio con l’affetto dovuto ad un amico ma lo faccio per la Chiesa, la stessa che smarrisce la sua dimensione, la sua missione di madre e maestra, madre di perdono. Ci sono cose di cui parlerò quando sarà il momento, non fosse altro che per onestà. Il mio impegno resta legato al mio amico ed al prelato che ha trovato più attenzione dalla Giustizia che lo esamina che dai suoi stessi ambienti ecclesiali. Per questo confido nella Giustizia degli uomini che possa dare una risposta alla stessa Chiesa che spesso smarrisce la sua missione.