Costruire intese e reti per pianificare il futuro

 

prof. Nicola Femminella (scrittore)

Prof. Nicola Femminella (scrittore - storico)

CILENTO / VALLO di DIANO – Ritengo che i sindaci in carica debbano tenere sul proprio tavolo di lavoro due statuette di figure umane con l’indice a indicare due imperativi categorici, riguardanti l’attività amministrativa e i compiti gestionali dell’amministrazione comunale, di cui sono a capo e di cui sono i maggiori responsabili:

1)      Il Documento Regionale di indirizzo strategico DGR 489 del 12-11-2020 -Programmazione 2021/2027

2)      Le reti da costruire con i sindaci viciniori che amministrano gli altri comuni presenti nel comprensorio di appartenenza, con uguali aspirazioni relative ai programmi da redigere per le proprie comunità.

Il primo punto riguarda il documento, emanato il 12-11-2020, recante i contenuti del programma che la Regione Campania ha predisposto e indicato per gli anni 2021-2027. Una summa di obiettivi da perseguire, per elevare i territori su una piattaforma dalla quale far partire i vettori socio-economici, che possono apportare sviluppo e utili acquisizioni per la nostra amata Campania. Settori e comparti dai quali attingere indicazioni, per definire progetti definitivi e ottenere risorse finanziarie da spalmare su tutto il territorio regionale con proposte coerenti e calibrate sulle linee generali ritenute dal Consiglio Regionale prioritarie e funzionali al futuro delle popolazioni. Il documento precisa che tali sono i piani per i quali saranno impiegati i flussi finanziari di ogni provenienza, di cui si dispone e che costituiranno le coperture finanziare e le risorse che potranno richiedere gli organismi istituzionali abilitati a farlo.

Segue un lungo e dettagliato elenco di indicatori di Sviluppo Sostenibile, definiti “Punti di forza” e “Punti di debolezza” con la ”Analisi Swot Strategia di Sviluppo per la Campania, indicanti Opportunità e Minacce”, verso i quali dovrà essere rivolto lo sguardo degli amministratori, per poter ipotizzare per i propri territori traguardi concreti e certi, relativi  al lavoro, alla sanità, alle attività produttive, alle innovazioni, alla scuola, all’ambiente, ecc. Tali visioni generali, con la declinazione delle voci che le propongono, costituiscono priorità indifferibili, rispondono ad esigenze ben fondate della comunità regionale, sono collegate ai nuovi tempi che viviamo e alle opportunità che sono date. Sono, in definitiva, tutti obiettivi verso cui indirizzare il denaro pubblico e per spenderlo bene. Perché sia produttivo e al servizio dello sviluppo e del progresso, senza sprecarlo con politiche a pioggia e senza farne una coperta tirata in tutte le direzioni da coloro che devono alimentare clientele fedeli o botteghe nascoste, dedite a investimenti discutibili. Una sorta di nuova era per una progettualità irreprensibile, quella che è mancata in tante occasioni e per la quale i politici del nord con ci risparmiano critiche e richiami severi. Quella che, invece, deve essere buona politica, dettata unicamente dall’imperativo etico di assolvere nel migliore dei modi ad un dovere e a una funzione di governance illuminata e al servizio della società. Anche alla luce di una opportunità storica, come quella del Ricovery Fund elargita al nostro Paese dalla Comunità Europea, che contiene, però, nei miliardi assegnati, anche una parte da restituire, seppure a tassi molto bassi. Una specie di spada di Damocle, che impone alle regioni del sud di fare per intero e nel migliore dei modi il compito assegnato, riscattando comportamenti poco virtuosi mostrati nel passato, allorquando neppure hanno speso le somme ricevute.

In campo sono argomenti cruciali, alcuni già accennati, come lavoro, infrastrutture e mobilità, sanità, sostenibilità ambientale e tutela e promozione del territorio, cultura e scuola, connessione digitale, welfare e inclusione sociale, le emergenze e criticità di vario tipo, che per il sud si condensano nell’unico capitolo della Questione Meridionale, che tutti li contiene. Quasi tutti segnano, ad oggi, ritardi e insufficienze, il cui peso diverrà insostenibile, se non interverranno corposi e radicali cambiamenti, novità inedite mai messe in campo finora, che possano realmente modificare il destino delle giovani generazioni, dando loro barlumi di coraggio e fiducia in se stesse. I fondi nazionali ed europei non possono non essere impiegati in maniera sapiente, con spirito “riformatore e progressista”, per individuare e perseguire obiettivi comprovati, costituendo schiere unitarie di amministratori solerti e organismi tecnici capaci, superando inadeguatezze e apatie croniche. La nuova programmazione dovrà seguire procedure forse mai compiutamente sperimentate. Intervenendo per prima sulla burocrazia paralizzante. Senza se e senza ma. Pur essendo i politici e gli apparati tecnici non del tutto all’altezza dei livelli richiesti, come hanno denunciato alcuni sindaci di grandi città nel sud. Da qui l’esigenza di introdurre il secondo argomento, anticipato dall’ultima mia considerazione.

I responsabili della cosa pubblica, nelle diverse dislocazioni del potere, (la rappresentanza democratica), devono comprendere la valenza assiomatica del Documento Regionale di indirizzo strategico. Fino a farne la stessa polare, verso la quale deve volgere ogni loro attività propositiva e deliberante, affinché le progettualità della comunità e le linee generali della Regione trovino una compatibilità e un alveo scorrevole verso il finanziamento previsto. Spero che in questo 2021 lo abbiano incominciato a fare.

Il secondo punto, contemplato all’inizio di questo articolo, indica l’altra preminenza che, secondo il mio modesto parere, deve accompagnare l’attività delle istituzioni locali e comprensoriali, senza escludere il ruolo dei Consorzi e quello residuale dell’Amministrazione della Provincia: l’unità tra di loro per portare a compimento idee e iniziative. Come si fa a programmare una strada che si snoda e attraversa molti paesi, se fin dall’inizio non si registra una unità di intenti e di concorso tra i soggetti interessati? E la gestione e la sicurezza di un fiume può non essere di pertinenza di tutte le località che su di esso si affacciano? Come si crea innovazione tecnologica nei servizi e a costi contenuti senza interconnessione tra le località che si trovano nelle condizioni di poter soddisfare le stesse esigenze? Come si migliora la sanità pubblica se non si assegnano ruoli diversi e complementari agli ospedali dislocati nei nostri quattro comprensori, per ottenere un ordito fatto di reparti eminenti, tali da arrestare i costosi viaggi della speranza per i cittadini e la sanità regionale? Sempre più si costituiscono reti di comuni, aggregazioni e consorzi, per dare forza alle proprie istanze da rivolgere alle Regioni, allo Stato per ottenere possibili finanziamenti. Anzi, taluni bandi indicano esplicitamente che, per ottenerli, si aprono corsie più scorrevoli, se a richiederli sono cordate di comuni coinvolti nello stesso progetto. L’istanza deve necessariamente contenere l’esigenza sentita su un territorio comprensoriale o su un’area abbastanza estesa, per ottenere un esito positivo.  Il progetto acquista forza e decolla, se mostra la propria indifferibile utilità per un numero adeguato di abitanti, che giustifichi l’investimento da parte delle istituzioni chiamate a concederlo. Soprattutto nelle regioni, dove le comunità montane sono state abolite, sono sorte miriadi di associazioni tra i comuni con denominazioni istituzionali diverse. Da tempo operano attraverso attività condivise di pianificazione sul territorio e nei servizi. È la strada da seguire per approdare a risultati positivi e innovativi. Per quanto riguarda il Cilento, su questa testata è stata auspicata una unione dei suoi quattro comprensori per una politica di ampio respiro, che dia risultati fruttuosi mediante una interlocuzione forte e costruttiva con l’istituto regionale, che, non dimentichiamo, dista 150 chilometri dalle nostre zone interne periferiche. E la stessa questione dell’Alta Velocita, se vuole giungere a buona conclusione, metta da parte le polemiche gratuite che la inondano di frasi divisive, e i quattro nostri comprensori cerchino la compattezza, invitando di nuovo al tavolo del confronto anche la vicina Basilicata, con la quale dividono aspirazioni comuni e lo stesso trascorso storico.

 

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