COSCIONI: le capovolte della giustizia su un “istituto” ancora tutto da scoprire

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – E meno male che  “in questo Paese c’è ancora qualcuno che non ha smesso di credere nella giustizia e che essendo empatico non è assolutamente un violento”.

Alludo al prof. Enrico Coscioni (cardiochirurgo e primario della cardiochirurgia di elezione nella famosa Torre del Cuore di Salerno) che ha commentato così, in maniera semplice ed anche molto corretta, la sua assoluzione da quell’intricato puzzle del cambio al vertice di alcune aziende sanitarie napoletane con il “metodo spoil system” voluto fortemente da Vincenzo De Luca all’indomani della sua prima elezione alla guida di Palazzo Santa Lucia di Napoli.

Ancora una volta, quindi, ho avuto pienamente ragione per tutto quanto scritto in passato sul “caso Coscioni” (che ho soltanto intravisto un paio di volte in tutti questi anni) per il quale a più riprese sono stato quasi beffeggiato da alcuni di quei “cento e passa” (tra sanitari e parasanitari) sottoscrittori del documento contro la nomina di Coscioni alla guida di uno dei due reparti di cardiochirurgia; desidererei tanto anche una piccola riflessione da qualcuno di loro oggi, alla luce della sentenza definitiva della Suprema Corte.

Come ho sempre sostenuto, non c’è mai stata alcuna azione ritorsiva o violenta nei confronti dei colleghi. Anzi. Chi mi conosce sa benissimo che per natura e per attitudine professionale, sono un empatico, non agisco mai con violenza nei confronti di nessuno. E sono felice che i giudici abbiamo riconosciuto la mia estraneità a queste accuse che, ripeto, mi hanno sempre lasciato abbastanza sereno circa il mio operato; questo il commento “da gran signore” rilasciato dal noto professionista alla stampa locale.

Beato Coscioni, nei suoi panni non avrei affatto creduto in questa giustizia amministrata da questi giudici; quando un tribunale assolve, un appello condanna e una cassazione cancella io non mi sentirei così fiducioso nella giustizia, o almeno in questa giustizia che in tanti osannano come la corretta e democratica interpretazione del diritto di condannare e di assolvere. Metterci sette anni per una “fatto che non sussiste” non mi sembra da Paese civile.

Intanto Agnese, Salvatore e Patrizia (i tre dirigenti medici, sostituiti a Napoli, che accusarono Coscioni di violenza privata nei loro confronti) prendono, pesano, incartano e portano a casa; a Iovino, Panaro e Caputo qualcuno dovrà impegnarsi a spiegare che lo “spoil system” è un istituto che noi abbiamo imparato presto a scimmiottare dai Paesi in cui è realmente applicato per porre fine al “carrierismo di maniera” ed alla costituzione di “speciose baronie” nel mondo della sanità.

In sintesi il monito della Cassazione (anche se bisogna aspettare le motivazioni) è proprio questo; lo spoil system non è altro che l’attuazione di nomine fiduciarie, che vanno ricondotte ai nuovi assetti amministrativi determinati in seguito a democratiche elezioni amministrative e politiche. Insomma, quello che in America ma anche in vari stati europei è una regola scontata in Italia diventa subito motivo di battaglia politica e di incursioni giudiziarie da parte di magistrati più attenti alle colorazioni politiche che allo spirito promanato da un istituto modernissimo quale è lo spoil-system.

Ai limiti della perfezione la strategia difensiva posta in essere dagli avvocati Andrea Castaldo e Gaetano Pastore che hanno giustamente, come da loro compito, preferito spiegare che “il professor Coscioni ha ingiustamente subìto attacchi strumentali alla sua persona e che la correttezza e la professionalità del suo comportamento sono state finalmente riconosciute, così come quelle più in generale della trasparente amministrazione e gestione della sanità campana, sotto la direzione del presidente De Luca, nel quadro di una politica dello spoils system perfettamente legittima e anzi coerente con l’espressione del corpo elettorale”.

Insomma, come dire, se accettiamo l’esistenza dello spoil system che tutti abbiamo tenacemente voluto, dobbiamo anche farcene una ragione quando chi vince le elezioni (siano essi De Luca o altri) e/o chi sale ai vertici di un sistema economico-sociale deve poter tranquillamente riorganizzare le file del complesso strumento che si accinge a governare.

 

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