RUSSO – TRINGALI: come dire che tra moglie e marito è sempre meglio non metterci il dito; arriva l’inchiesta su “La Fabbrica” ?

Aldo Bianchini

SALERNO – Il detto vero recita così: “Tra moglie e marito non metterci il dito” … MAI !!

Nel mio fantasioso racconto la moglie è Michelangelo Russo (ex magistrato di vaglia) e il marito è Claudio Tringali (ex magistrato di vaglia, attuale assessore tecnico del Comune di Salerno); il primo impegnato tenacemente a recitare con violenza la parte della moglie (mai sedotta e mai abbandonata) ovvero di “’na zita cuntignosa” che cerca ad ogni costo di distruggere l’immagine del marito, e quest’ultimo (con Claudio Tringali come attore protagonista) impegnato a rimanere ad ogni costo molto ben saldo nella sua posizione di marito sereno ed anche serafico perché convinto che, alla fine, la non più ex e mai adorata consorte sbaglierà, ed anche alla grande, e che nel frattempo di dedica d accogliere migranti ucraini per dimostrare tutte le sue qualità umanitarie.

Nella realtà lo scontro tra i due personaggi è titanicamente politico nel senso che, come ho già scritto, Michelangelo rappresenta la vera opposizione e Claudio la vera maggioranza; tutta qui la lunga telenovela che spesso, e solo per colpa di Russo, tracima dai limiti della corretta manipolazione politica; una telenovela che, badate bene, non nasce con la nomina di Tringali ad assessore ma da quando fu scelto per occupare la presidenza della Fondazione Menna (allora Michelangelo si divertì pure con le vignette).

Ed è proprio questa storicizzazione della radice del conflitto che apre l’attento osservatore ed anche il comune cittadino ad una riflessione: “Vuoi vedere che Russo è incazzato per il solo fatto di essere stato estromesso dal sistema di potere politico deluchiano a tutto vantaggio dell’ex collega Tringali ?”.

Non sono in grado né di confermare e neppure di smentire; se la domanda che circola sui marciapiedi cittadini rispondesse al vero sarebbe molto triste dover prendere atto che in questa Città si continua a battagliare sulla testa di tutti noi, in barba all’interesse del bene comune.

Nell’articolo del 12 marzo scorso Michelangelo Russo ha toccato il top invitando, con un’azione provocatoria, gli assessori a rispondere (ma lui, si sa, vorrebbe che gli rispondesse Tringali per trascinarlo in una polemica infinita) alle sue accuse dopo aver rinunciato ai sontuosi emolumenti in favore di chi non può mettere un piatto a tavola; e conclude la sua requisitoria magnificando la Commissione Trasparenza per alcuni atti prodotti, come se non sapesse che, almeno fino ad oggi, tutte le mosse di quella commissione sono sempre iniziate bene e finite malissimo.

Gentile Michelangelo, non creda più nei sogni; non le risponderà nessuno; quella del silenzio è il miglior modo per il potere di ignorare l’avversario insidioso.

Ma al di là delle pur apprezzabili qualità di carattere personali e professionali, dall’articolo di Russo emerge un fatto allarmante: “Una imminente inchiesta giudiziaria su La Fabbrica e sulle modalità di acquisizione del sito e dei successivi permessi a costruire”. Se ciò accadrà, bisognerà chiedersi come fa l’ex magistrato a conoscere in anticipo eventuali mosse della Procura; e dovrà chiederselo la stessa Procura prima di ogni altro, anche per non far insorgere dubbi sulla sua correttezza ed equidistanza dai personaggi in campo.

Naturalmente la vena giornalistica di Michelangelo Russo, che comunque rispetto, mi darà modo di pubblicare altri e più pungolanti interventi.

 

 

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