VALLO L.: quando la Chiesa va in Tribunale

 

 

Giuseppe Amorelli

(avvocato – scrittore)

 

S.E. Mons. Ciro Miniero, Vescovo di Vallo della Lucania

Il giorno 9 aprile alle ore 9,30, presso il Palazzo di Giustizia di Vallo della Lucania, Sua Eccellenza il Vescovo della Diocesi di vallo della Lucania, Ciro Miniero , ha officiato la santa messa in suffragio sia degli Avvocati che dei Magistrati che ci hanno lasciato. Una iniziativa organizzata dal Consiglio dell’Ordien degli avvocati di vallo della Lucania ed il presidente del Tribunale dr. Gaetano De Luca. La Santa messa ha assunto non solo valore di mero  e nostalgico ricordo di chi abbiamo stimato, e in alcuni casi amato, ma soprattutto di vivo ed attuale monito a servirci del loro esempio per un migliore presente.  Un modo per dire grazie a queste persone che non ci sono più. Avevamo il dovere di ricordarli con questa Messa. Colleghi con i quali abbiamo lavorato gomito a gomito e che hanno servito la giustizia e curato gli interessi dei propri clienti. Esempi di vita vissuta che restano come eredità in favore dei giovani avvocati. Particolarmente toccante e attuale la Omelia di Sua Eccellenza il Vescovo Ciro Miniero:

Signor Presidente del Tribunale dott. Gaetano De Luca, signor Presidente dell’Ordine degli Avvocati Avv. Domenico Lentini, care sorelle e cari fratelli,

Il Vangelo appena proclamato ci ha posti davanti alla reazione dei giudei di fronte alla risurrezione di Lazzaro, essa è duplice e contraria: «molti» professano la fede in Gesù, «altri» invece ne decretano la morte.

Il sinedrio, convocato dai capi dei farisei e dai sommi sacerdoti, ricalca il tipico complotto contro il giusto perseguitato descritto nei profeti e nei salmi.

Gesù va eliminato. L’accusa ormai non è più la bestemmia, né i suoi atti illegali come la violazione della legge del sabato, ma rientra nel campo politi¬co.

Una cosa sola è certa: «É meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera» (v. 50). In altre parole: innocente o colpevole Gesù deve essere sacrificato alla ragione di stato. Il «bene comune» è al di sopra della giustizia verso l’individuo. Ma Giovanni legge la storia in una luce superiore e coglie nella parola di Caifa, pronunciata in quanto sommo sacerdote, una vera profezia: Gesù morirà, ma la sua morte darà vita a un nuovo popolo che raccoglierà insieme uomini di ogni razza, cultura e nazione; per la sua morte la salvezza sarà accessibile a tutti.

Così nella decisione del sinedrio emerge misteriosamente il disegno del Padre che attende di radunare i suoi figli dispersi nel suo Figlio crocifisso.

Richiamo la vostra attenzione a considerare la circolazione paradossale di morte e vita elaborata meravigliosamente da Giovanni. La risurrezione di Lazzaro conduce alla condanna a morte di Gesù: il beneficio della vita accordato a un morto provoca la morte del Signore della vita e la morte di Cristo diventa motivo di vita per tutti.

Nel sinedrio il vertice dell’autorità religiosa giudaica formula la condanna di uno al fine di salvare tutti. L’evangelista fa subito notare la portata teologica di tale affermazione. In effetti, Gesù va incontro liberamente alla morte, al fine di «riunire i figli di Dio che erano dispersi» (v. 52). L’apostolo Paolo lo esprime così: «Uno è morto per tutti […]. Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro» (2Cor 5,14.15). La morte di Gesù, essendo una morte «uno per tutti», ha un valore aggregante incomparabile, cioè riconduce tutti in uno. La «dispersione», segno della non presenza del Signore in mezzo al suo popolo, cede il posto alla «riunione», a una presenza rinnovata del Padre in mezzo ai suoi figli, redenti dal Figlio. Ai piedi della croce nasce una nuova comunità umana, che non ha il suo centro unificatore in elementi religiosi-nazionali legati a un luogo santo particolare, o a una storia, una cultura, una tradizione determinata. Abbattendo ogni muro di separazione e distruggendo ogni inimicizia, Cristo riconcilia tutti nella pace, per mezzo della croce (cf. Ef 2,14-18).

Ricordiamo tutti come nell’episodio della torre di Babele gli uomini, per «non disperdersi su tutta la terra» (Gn 11,4), hanno cercato di fab¬bricare mattoni e costruire una città e una torre la cui cima toccasse il cielo, hanno creduto nell’onnipotenza della loro tecnica e della loro ingegneria, hanno preteso di poter arrivare alla sfera divina con le loro sole forze; invece è successo pro¬prio quello che essi temevano: la dispersione. Ora sulla croce, con la sua umiliazione, passione e morte Gesù raduna i di¬spersi, dona a tutti la figliolanza divina e apre a tutti la porta del cielo.

L’umanità oggi, lacerata dalla divisione e dalla lotta, ha più che mai bisogno di convertirsi alla logica della croce.

O Signore,

allontana la guerra dal cuore e dalle mente di tutti,

raccogli in unità perfetta

gli uomini di ogni stirpe e di ogni lingua,

per godere insieme con la Vergine Maria,

con gli apostoli e tutti i santi

in eterno la pienezza della pace.

 

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