Nel tempo della guerra e della pace

 

da Angelo Giubileo

(avvocato – scrittore)

 

Non c’è alcun dubbio sul fatto che, per quanto riguarda la guerra in Ucraina, siamo di fronte a un’escalation, e non soltanto di parole che comunque fanno seguito ai fatti che quotidianamente accadono nei territori di combattimento. In guerra le parole contano molto, ma non possono contare più dei fatti che, quotidianamente, lasciano sul terreno un numero spesso imprecisato di morti ammazzati.

Si tratta dunque di una guerra, militare, di cui si dovrebbe piuttosto discutere; guerra che pare sia in corso dal 2014 e cioè da oltre otto anni. E pertanto una guerra a cui, dopo otto anni, non si è ancora trovata una soluzione, che necessariamente consiste in una “pace” tra i contendenti.

Le cronache della guerra dicono – invece – di un inizio delle operazioni militari russe, che hanno invaso i territori dell’Ucraina, a far data dal 20 febbraio di quest’anno. A seguito dell’invasione, il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelens’kyj, ha immediatamente richiesto il sostegno militare dell’intera comunità internazionale, e in primis dell’Unione Europea e della Nato, organizzazioni che finora hanno garantito e fornito il loro apporto di armi e di sanzioni economiche alla Russia. Aiuti che, però, sembra non siano stati forniti nella misura esattamente richiesta, e cioè mediante l’impiego di truppe militari sia europee che Nato e un’artiglieria pesante in grado di attaccare il territorio russo.

L’Ue e la Nato hanno quindi scelto, in appoggio agli ucraini, una strategia “di risposta” e “di resistenza” agli attacchi russi; strategia che ha impedito in qualche modo l’allargamento del conflitto – in modo permanente – ad altre aree del territorio ucraino oltre quelle comprese nel braccio di confine all’incirca tra Kharkiv, a nord, e Kherson, a sud; eccezion fatta, s’intende, per gli attacchi russi che hanno colpito altre aree dell’intero territorio ucraino, e in particolare le aree delle grandi città e della capitale Kiev.

Attacchi alla capitale promossi dall’esercito russo anche nelle ultime ore, “in risposta” – si dice – all’attentato al ponte di Kerch di tre giorni fa. E dunque un fatto che testimonia la possibilità di un allargamento del conflitto militare – nuovo ma anche vecchio – oltre i territori di guerra divenuti in questi mesi purtroppo e disgraziatamente abituali. Quest’ipotesi di allargamento del conflitto militare – come si è appena sottolineato, vecchia e nuova nel contempo – da qualche giorno spinge la maggior parte degli osservatori internazionali a parlare di un rischio di escalation militare e in particolare di un maggiore rischio di conflitto nucleare.

A seguito dell’odierno e ultimo attacco a Kiev delle truppe militari russe, sembra che Zelens’kyj abbia chiesto ad Olaf Scholz, Cancelliere federale della Germania, che attualmente esercita la presidenza di turno del G7, di convocare una riunione urgente, riunione che, per l’appunto, è stata convocata per domani.

Nella riunione, secondo il linguaggio degli osservatori, saranno di certo gettate nuove basi per: un prosieguo del conflitto, un allargamento ulteriore del conflitto o l’ipotesi di una tregua definitiva, dopo le tante parziali finora andate a vuoto? Nel libro del Qoelet, uno dei libri dell’Antico Testamento, sta scritto che c’è un tempo per ogni cosa. E allora sarà finalmente giunta l’ora della pace?

 

 

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