Una lezione di civiltà dai tifosi della nazionale di calcio del Giappone

da Nicola Femminella

(docente – storico)

 

Signori, liquidiamo con poche parole, ma fortemente sprezzanti, il caso dell’europarlamentare italiano che porta in Europa la piaga corruttiva diffusa nel nostro Paese, quasi fosse uno dei prodotti made in Italy, di quelli che invece rendono onore all’Italia ed alzano il suo PIL. Spegniamo le esibizioni di volgarità, ricorrenti e insopportabili, che le TV di stato e quelle commerciali ci propinano in ogni ora della giornata. È roba che fa ormai parte della nostra quotidianità peggiore, quella da respingere o emarginare una volta per sempre, che toglie spazio a personaggi e notizie che possono irradiare e diffondere meriti e virtù. Che possano educarci e rendere la convivenza umana più solida e rispettosa dei valori positivi, come suol dirsi. Soffermiamoci, invece, sulla lezione di civiltà che i giocatori del Giappone e i loro tifosi ci hanno impartito in alcune circostanze e negli stadi dove si sono appena celebrati i campionati mondiali di calcio con la vittoria dell’Argentina. Si sente il bisogno di respirare aria sana.  A riflettere, quindi, su azioni di buona condotta, su comportamenti esemplari che possano costituire esempi da condividere e da imitare.  Soprattutto da indicare e proporre ai nostri ragazzi. Alla fine della partita vinta dal Giappone contro la Germania per 2 a1 nel Khalifa International Stadium i tifosi del Sol Levante sono stati ripresi dalle telecamere mentre raccoglievano nei sacchettini l’immondizia lasciata sulle gradinate durante la partita: bottigliette e bicchieri di plastica, fazzolettini  di carta, resti di tramezzini e biscotti e tutto quanto i tifosi lasciano di solito sugli spalti, dopo aver cantato per circa due ore  inni e cori e sventolato al vento bandiere e vessilli vari per i propri beniamini. Al termine della partita, come ad un segnale convenuto e raccolto dalla tifoseria, i sostenitori della squadra asiatica hanno smesso le grida di giubilo per i propri fuoriclasse fino ad allora riecheggiate nello stadio e si sono sparsi sulle gradinate a raccogliere quanto si era accumulato non solo negli spazi da loro occupati, ma anche in quelli dei tifosi avversari. Dopo hanno deposto il tutto nei posti destinati alla raccolta e al trasporto dei rifiuti da parte degli addetti alle pulizie dello stadio. Da tifosi avvolti dalla bandiera della nazione e pochi minuti prima accaniti supporter impegnati ad elevare grida e canti a favore della propria squadra si sono trasformati in operatori ecologici, addetti alle pulizie degli spazi occupati per una giornata di sport: il passaggio è stato celere, quasi automatico, perché del tutto normale per un popolo che tale pratica ha consolidato nel tempo e assunta definitivamente nei propri comportamenti.  Un giornalista, meravigliato del fatto e poco abituato ad assistere a tale modo di fare, ha provato a chiedere qualche spiegazione dell’avvenuto, ricevendo risposte disarmanti tutte uguali: “lo facciamo sempre da noi e in circostanze simili, perché siamo abituati a farlo. E non c’è nessuna ragione per non farlo, quando ci troviamo in un paese straniero, al seguito della nostra squadra”. Una affermazione di civiltà che ha avuto un grande risalto e diffusa in mondovisione. Non solo. Già al termine della partita inaugurale del campionato mondiale che si è giocata nello stadio di Al Bayt tra la squadra dell’Equador e i padroni di casa del Qatar, gli spettatori giapponesi, presenti all’incontro, hanno compiuto l’identico gesto, a dimostrazione, di un’abitudine virtuosa fissata nel decalogo delle loro azioni quotidiane, che dovremmo tutti assumere. Un gesto di gentilezza verso chi ci ospita, non so definirlo con parole più auliche. Il gesto, questa volta, è da apprezzare di più, perché hanno raccolto l’immondizia delle due tifoserie interessate al risultato, con le quali i giapponesi non avevano alcuna intesa.

Prof. Nicola Femminella

Non sono casi isolati quelli riportati. Anzi è quasi incredibile quello che voglio ricordare a riguardo della “gentilezza” dei giapponesi. Mondiali di Russia 2018, 3-luglio-2018, ottavi di finale. Si gioca la partita Giappone-Belgio. La squadra asiatica è avanti di due gol e sogna una qualificazione quasi certa. Le sorti della partita subiscono, però, una netta inversione, perché il Belgio segna tre gol ed elimina gli avversari. È una sconfitta cocente e si prevede una squadra in preda alla delusione e rabbia, con calci a tutto quello che incontreranno lungo il percorso, fino all’uscita. Non sarà così, perché anche in quel caso, nonostante la condizione psicologica avversa, i tifosi cacciano fuori i sacchetti e puliscono le gradinate e tutti gli spazi coperti dai rifiuti. I giocatori da parte loro lasciano negli spogliatoi un biglietto con su scritto “grazie” in lingua russa. La vicenda fece proseliti. Nello stesso mondiale, i sostenitori del Senegal ripulirono l’area dello stadio a loro assegnata e nella quale avevano espresso la loro passione calcistica e il tifo per la propria squadra.

Torniamo ai mondiale in Qatar, dove i giocatori del Giappone hanno fatto altro, rispetto ai propri tifosi sugli spalti. Dopo aver perso ai calci di rigore durante gli ottavi di finale contro la Croazia, i “Samurai Blu” hanno messo da parte la sconfitta, pur dolorosa, e hanno pulito ogni parte dello spogliatoio, lasciandolo lindo e pinto, con ogni cosa in ordine: le bottigliette d’acqua, gli asciugamani, gli sgabelli e quant’altro avevano utilizzato. Su un tavolo posto al centro del locale undici gru origami su carta (i bambini fin dalla tenera età sono abituati a costruirle e le usano in diverse circostanze) a simbolizzare la gratitudine per l’accoglienza ricevuta dal popolo del Qatar e gli auguri di felicità, di buona salute e un avvenire prospero. In evidenza un foglio con su scritto la parola “grazie” in lingua giapponese e araba. Lo stesso ringraziamento aveva espresso l’allenatore della squadra Hajime Moriyasu, uscendo dal campo con un inchino rivolto verso il pubblico.

Si ripropone l’effetto contagio. I tifosi della squadra del Marocco in Italia si radunano in Piazza Garibaldi, a La Spezia. Canti, balli, salti di gioia, sventolio di bandiere, dopo che la loro squadra è uscita vittoriosa dallo scontro con il Portogallo. Una vittoria non prevista dai cultori del calcio. Al termine della festa le telecamere immortalano i marocchini, uomini e donne, intenti a pulire la piazza e ripristinare lo stato che aveva prima della festa. È la forza dell’esempio virtuoso, che rompe la consuetudine becera e afferma la sua forza, inducendo chi lo apprende a riproporlo con i propri atti, se condiviso e ritenuto in linea con i canoni della buona educazione e del rispetto del patrimonio comune.  Tutti i cronisti hanno riconosciuto nei giapponesi i buoni maestri.

Nel 1987 ho avuto l’opportunità di fare un lungo viaggio in Giappone. Ho visitato alcune scuole e visto gli alunni di ogni età e ordine di scuola pulire i locali ove avevano consumato il pranzo. Analogo compito svolgono gli addetti agli uffici pubblici che ripuliscono e mettono in ordine i locali dove hanno trascorso la giornata di lavoro. E potrei aggiungere mille altri casi che mi hanno visto spettatore di usanze e pratiche sorprendenti per mantenere puliti giardini, strade, luoghi e mezzi di trasporto pubblico, ecc. Non a caso il Giappone è ritenuto il paese più pulito nel mondo. Ma questo articolo si allungherebbe a dismisura. Come il libro che ho iniziato a scrivere nel 1990 e che di certo non darò alla stampa, perché non ritengo che esso possa esprimere in profondità lo spirito e la cultura del popolo giapponese. È, semplicemente, consapevolezza dei propri limiti. Anche questa appresa dagli straordinari abitanti di “Nihon, sorgente, origine del sole”.

 

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