VENERE: il falò delle povere vanità

 

 

da Antonio Cortese (giornalista)

 

 

Il solito falso sdegno per il rogo alla Venere degli stracci a Napoli in questi giorni. Ma il gesto disperato del clochard é stato eroico. Al rogo l’ignoranza squallida dell’ “arte povera” finalmente, di un’accozzaglia finto-borghese lasciva e arrogante. Una piazza salvata da uno scempio ai danni del buon gusto, delle forme auliche e classiche accostate ad una matassa di panni unti e bisunti dalle zingarate di chi di arte ne millanta i talenti senza averne mai avuto né il senso né l’educazione.

 

Innanzitutto non esisterebbe la distinzione tra arte ricca e arte povera,  e quando lo sia è semplice alibi per un miserabile business. Uno schifo di uguale portata fu somministrato agli italiani da un altro Oliviero, Toscani, che riempì negli anni ottanta l’immaginario pubblicitario con malati di aids e suore che baciavano omosessuali. Si smosse il mondo dell’advertising a giustificare i creativi milanesi che si riempivano di droghe o vini forse ancora non controllati da alcuna norma haccp o dai N.a.s. di allora. Manco a farlo apposta il brand Benetton negli anni a seguire ebbe un forte calo incoraggiato poi una quindicina di anni dopo che il gruppo della nota famiglia italiana irrobustì le proprie finanze con altri investimenti in altri settori.

 

Tornando alla vicenda attuale, personalmente non ero a conoscenza di tale schifo in una piazza tradizionalmente baciata dal sole, e a differenza dei trend malsani globali che interessarono le violenze su statue e monumenti in ogni dove nel periodo prepandemico con gli spray o rimozioni delinquenziali, stavolta il singolo malvivente ha compiuto una giustizia a difesa del legittimo senso dell’arte, di cui per anni e anni hanno abusato i mercivendoli dello chic deficiente.

 

Va ricordato che Napoli due anni fa, fu ugualmente riempita a piazza Plebiscito di cani randagi  in bronzo, poi rimossi sulla stessa falsa riga dell’arte usa e getta , e di altri esempi di creativi blitz-flash mob terroristici.

 

Solamente in questo caso il clochard del gesto disperato andrebbe a mio avviso premiato al valor civile con una dicitura ed un proclama al merito “…per il risveglio cosciente dell’originalità artistica di una nazione contro le influenze del meltin-pop che hanno origini confuse solamente nel Novecento ma specialmente contro la mistificazione delle radici sane del genio millenario della nostra gente.”

 

Un modello approssimativo la Venere di Milo non può svilirsi con il riciclo panni della Caritas, così come i fagioli non possono andare con le cozze: se l’abbinamento vale per la cucine sbagliate, cafone, tossiche e deleterie non lo può essere per i caposaldi simbolici e culturali della Magna Grecia.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *