Superbonus 110%, i crediti di imposta al 31 marzo superano i 122 miliardi

da Remo Ferrara (portavoce Federcepicostruzioni)

Le detrazioni fiscali legate al Superbonus 110% (dati ENEA aggiornati al 31 marzo scorso), continuano a crescere, superando, nel complesso, i 122 miliardi (122.245.224.985,02).
Grazie a questa misura sono stati eseguiti lavori di efficientamento energetico e messa in sicurezza antisismica in 132.492 edifici condominiali, 244.682 edifici unifamiliari, 117.224 unità immobiliari funzionalmente indipendenti, e anche 8 castelli.
L’investimento medio nei condomini sfiora i 600 mila euro (593.579,95), quello negli edifici unifamiliari è di 117.202,55.
Anche i dati di marzo, quindi – al di là di strumentalizzazioni e disinformazione – testimoniano la capacità del Superbonus di attivare considerevoli investimenti, fungendo da volano per una vasta filiera, ed impattando sensibilmente sull’intera economia, creando occupazione e riqualificando, nel contempo, un patrimonio immobiliare vecchio, energivoro e sismicamente insicuro.

IL PRESUNTO “BUCO” IN BILANCIO

“Si continua a parlare, fomentati da informazioni fuorvianti di presunti buchi nel bilancio dello Stato” commenta il presidente di Federcepicostruzioni Antonio Lombardi. «Eppure – aggiunge – basterebbero due calcoli ed un minimo di approfondimento, per accertare che il Superbonus non sia la causa tutti i mali dell’economia italiana».
L’Istat ha accertato, appena qualche giorno fa, che il rapporto deficit/PIL registra nell’ultimo anno un miglioramento del 7,2 %, in buona parte ascrivibile al Superbonus. Ancora l’Istat ha certificato nero su bianco, ma nessuno pare se ne sia accorto, che il Superbonus 110 non ha affatto arrecato danni al Bilancio dello Stato. Anzi, registra miglioramenti di tutti i parametri. E vale la pena ricordarli, giacché qualcuno continua, strumentalmente o colpevolmente, ad ignorarli nella valutazione del Superbonus.
Eccone alcuni:
– nel 2023 il Pil ai prezzi di mercato è stato pari a 2.085.376 milioni di euro correnti, con un aumento del 6,2% rispetto all’anno precedente. In volume il Pil è cresciuto dello 0,9%;
– dal lato della domanda interna nel 2023 si registra, in termini di volume, un incremento del 4,7% degli investimenti fissi lordi e dell’1,2% dei consumi finali nazionali. Per quel che riguarda i flussi con l’estero, le importazioni di beni e servizi sono scese dello 0,5% e le esportazioni sono cresciute dello 0,2%.
– La domanda nazionale al netto delle scorte e la domanda estera netta hanno contribuito positivamente alla dinamica del Pil, rispettivamente per 2,0 e 0,3 punti percentuali, mentre l’apporto della variazione delle scorte è stato negativo per 1,3 punti.
– Il valore aggiunto ha registrato aumenti in volume del 3,9% nelle costruzioni e dell’1,6% nelle attività dei servizi. Si rilevano contrazioni del 2,5% nell’agricoltura, silvicoltura e pesca e dell’1,1% nell’industria in senso stretto.
– L’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche (AP), misurato in rapporto al Pil, è stato pari a -7,2%, a fronte del -8,6% nel 2022.
– Il saldo primario (indebitamento netto meno la spesa per interessi) misurato in rapporto al Pil, è stato pari a -3,4% (-4,3% nel 2022).
Nel 2023 l’economia italiana ha registrato una crescita dello 0,9%, in decelerazione rispetto al 2022 (4,0%). La crescita è stata principalmente stimolata dalla domanda nazionale al netto delle scorte, con un contributo di pari entità di consumi e investimenti. Dal lato dell’offerta di beni e servizi, il valore aggiunto ha segnato crescite nelle costruzioni e in molti comparti del terziario, mentre ha subìto contrazioni in agricoltura e nel complesso delle attività estrattive, manifatturiere e nelle altre attività industriali.
Il rapporto tra l’indebitamento delle Amministrazioni pubbliche e il Pil ha registrato un miglioramento rispetto al 2022, con una pressione fiscale rimasta invariata.
«Appare quindi evidente – commenta il presidente Antonio Lombardi – che, lungi dall’aver determinato buchi nel bilancio statale, come si continua ad affermare, l’impatto del Superbonus sia stato assolutamente positivo. Se a tutto ciò si assommano i contributi a fondo perduto del Pnrr (13,9 miliardi) e i maggiori importi riscossi dallo stato per IVA, IRPEF lavoratori, IRES, contributi previdenziali e assicurativi (41,5 miliardi circa); se si considera altresì che le detrazioni si spalmano in 4 anni mentre le maggiori entrate sono state pressoché immediate, ecco che parlare di buco da 122 miliardi è una palese mistificazione, una vera e propria falsità non ascrivibile ad un mero errore di calcolo».
«Anziché strumentalizzare e criminalizzare il Superbonus – conclude il presidente Lombardi – è necessario risolvere le enormi difficoltà che ancora permangono. Bisogna tutelare chi aveva avviato i lavori con il Superbonus ed è rimasto incastrato mei meccanismi di blocco delle Cilas dormienti del decreto n. 39/2024.
Va agevolata la cessione dei crediti incagliati: sono ormai 20.000 le imprese edili che hanno eseguito lavori e hanno difficoltà a cedere crediti fiscali per 28 miliardi di euro. Una situazione estremamente grave che ha determinato il blocco dei lavori in 30.000 condomini. Si rischia una catastrofe economica e sociale senza pari. Questa vera e reale! Non fantomatica come il “buco in bilancio”».

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *