La Siria vista da Erdogan

di Maria Chiara Rizzo

Questa volta a fare la voce grossa è la Turchia di Erdogan. “Basta dare fiducia all’amministrazione siriana”, ha annunciato il premier turco, nella conferenza stampa a New York, al termine di un colloquio con il Presidente Obama, dichiarando di voler mettere fine al dialogo con la Siria e  pronunciandosi a favore di sanzioni immediate, già studiate dall’amministrazione americana. Nelle varie tappe del suo tour -conclusosi la settimana scorsa- nei Paesi scossi dalla “Primavera araba”, Erdogan ha ribadito il suo sostegno alle nuove leadership arabe per la messa a punto di un programma di riforme teso ad avviare il processo di transizione democratica e non ha risparmiato aspre critiche al regime di Bashar Al Assad.  “Il numero delle vittime continua ad aumentare senza sosta e abbiamo constatato che le riforme timidamente annunciate da Assad non sono state realizzate e che l’amministrazione siriana non ha mai parlato al popolo in modo onesto”- ha sottolineato il premier turco. La decisione di prendere misure drastiche nei confronti di Damasco arriva, dunque, dopo mesi di violenza durante i quali il  regime alawita ha ignorato ogni appello della comunità internazionale per la cessazione della sanguinosa repressione dei manifestanti e per l’avvio di riforme democratiche. La valutazione di  un probabile approccio congiunto di America e Turchia, dettato dalla necessità di esercitare pressione sul regime di Damasco per porre fine all’escalation di violenza, ha costituito l’ argomento  principale dei colloqui tra  Erdogan e Obama.  Le misure da adottare saranno frutto di un attento studio che terrà conto della composizione demografica del Paese e delle esigenze del popolo siriano. Così, l’amministrazione turca è pronta a lavorare a braccetto con quella americana e a sostenere le misure già annunciate da Washington, ma non senza rammarico. Infatti, come riporta l’agenzia turca Anadolu, Erdogan ha affermato: “Non volevamo arrivare fino a questo punto, ma il governo siriano ci ha spinto a farlo”.  I rapporti tra la repubblica turca e il regime alawita ha spesso sofferto di alti e bassi, covando vecchi rancori. La Siria rivendica ancora il Golfo di Alessandretta, dove oggi hanno trovato ospitalità circa 7 mila rifugiati siriani fuggiti dal loro Paese, e, negli anni novanta, le relazioni tra i due Paesi  sono state più volte compromesse da tensioni politiche derivanti dalla questione Kurda. Ma attualmente la Turchia costituisce uno dei principali partner commerciali della Siria . Secondo dati forniti da autorità turche, il commercio bilaterale tra i due Paesi è stato pari a2,5 miliardi di dollari nel 2010, mentre gli investimenti delle industrie turche in Siria hanno raggiunto 260 milioni di dollari nello stesso anno. Oggi Ankara accusa Damasco di condurre una campagna di denigrazione contro la Turchia e questo sarebbe uno dei motivi che spinge Erdogan a cooperare e ad agire prontamente al fianco degli Stati Uniti e dell’Unione Europea che hanno ripetutamente invitato Assad a rassegnare le dimissioni. La repubblica turca, che costituisce il baluardo della democrazia in Medio Oriente, vuole essere leader dei Paesi arabi segnati dalle rivolte verso la democrazia, nonché rappresentare un ponte verso l’Occidente.  Alla ricerca di una legittimità sulla scena nazionale, il governo turco del Partito di Giustizia e Sviluppo (AKP) ha modellato la sua politica estera in virtù della sua richiesta di adesione all’Unione Europea. L’affievolimento dell’autorità americana in Medio Oriente ha riacceso  l’interesse della Repubblica Islamica Iraniana verso l’area e ha riportato l’attenzione della Turchia sulla scena regionale con l’obiettivo di annientare la “concorrenza” iraniana e aumentare le chance di entrare a far parte dell’Unione Europea.

 

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