BIMALTEX: dopo l’arresto di Maceri lo strazio di madre e sorella di Giovanna … lacrime di coccodrillo ?

Aldo Bianchini

SALERNO – Ho seguito talmente tanto la mostruosa vicenda della morte di Giovanna Curcio (16 anni) e di Annamaria Mercadante (49 anni), nell’incendio del materassificio (Bimaltex) di Montesano del 5 luglio 2006, che ogni volta che devo riparlarne mi viene una rabbia talmente grande da non poter sopportare i commenti sterili e neppure le lamentele postume e inutili dei familiari delle due sventurate vittime. Sia loro che gli avvocati non hanno seguito neppure uno dei tanti consigli e delle tante rivelazioni che ho fornito, passo dopo passo, a tutti loro dopo quello sventurato incendio. Per quanto mi riguarda lo strazio e la rabbia della mamma e della sorella di Giovanna Curcio (la bambina morta dell’incendio) mi appaiono come vere “lacrime di coccodrillo”; non è sufficiente dire oggi che “E’ troppo lieve la sua pena” (quella comminata al presunto unico responsabile Biagio Maceri, bisognava fare qualcosa allora e negli anni successivi quando le indagini della Procura di Sala Consilina se non battevano la fiacca erano quantomeno indirizzate a senso unico contro una sola persona. Maceri è responsabile di quella tragedia, ma non è l’unico responsabile. Poco tempo dopo la tragedia consegnai al Tribunale di Sala addirittura un ampio dossier su tutte le cose che avevo scoperto nel corso della mia inchiesta giornalistica, anche con l’aiuto dello stesso avvocato Renivaldo La Greca (difensore degli eredi delle vittime), soprattutto in merito alle precise responsabilità degli amministratori locali di Montesano e finanche a carico della commissione per le vertenze di lavoro incardinata nell’ex UPLMO (Ufficio Provinciale Lavoro e Massima Occupazione). Ricordo a tutti di aver già ampiamente scritto e documentato che, ben nove mesi prima della tragedia, sulla scena arrivarono due ex lavoratrici (in nero!!) del Maceri che  denunciarono le condizioni pietose in cui avevano lavorato in nero e chiesero che il Maceri venisse chiamato alle sue responsabilità. Anna Elisa Pepe e Lady Mary Cristian De Masi, sempre tramite l’avvocato Renivaldo Lagreca, mettono in moto la Commissione Provinciale di Conciliazione delle Controversie di Lavoro (insediata presso la Direzione Provinciale del Lavoro). E’ il giorno 3 ottobre 2005 quando la Commissione riceve la richiesta delle due esasperate lavoratrici; parte la procedura di convocazione e il 24 novembre 2005 (prot.13210 e 13196) viene fissata la riunione della commissione per il giorno 16 dicembre 2005, alle ore 9.00, data in cui dovrà essere esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione; alla riunione vengono invitate le due lavoratrici denuncianti, il loro legale e il datore di lavoro Biagio Maceri che dovrà rispondere di gravissimi reati quale quello di aver utilizzato “in nero”  le due lavoratrici e di averle sottoposte a condizioni di lavoro non perfettamente in linea con le leggi vigenti in materia.  La mattina del 16 dicembre 2005 le due lavoratrici  Anna Elisa Pepe e Lady Mary Cristian De Masi, accompagnate dal loro avvocato, giungono a Salerno e si presentano dinanzi la Commissione. Vengono aperti due verbali (contrassegnati dai protocolli nn. 3607-Pepe e 3601-De Masi); nei verbali viene attestata la presenza delle ricorrenti e dei rispettivi difensori e viene verbalizzata l’assenza del “convenuto”. In pratica il datore di lavoro Biagio Maceri non si presenta (come era nel suo diritto) e non fornisce alcuna spiegazione della sua assenza; i verbali vengono chiusi alle ore 11.20 del 16 dicembre 2005. A quel punto la Commissione, composta da Lucrezia Zito (Presidente), Vincenzo Pacifico (rappresentante dei d.l.) e Clementina Cammarota (rappresentante dei lavoratori) esce di scena e, purtroppo, l’oggetto del contendere viene sepolto e dimenticato nei cassetti della burocrazia. La pubblica istituzione, cioè, in presenza di due lavoratrici che denunciano l’esistenza di “lavoro nero” ed in mancanza di spiegazioni da parte del datore di lavoro, chiude la pratica e, presumibilmente, l’archivia in maniera definitiva non tenendo conto che in quell’esposto si parlava di specifiche carenze di presidi antinfortunistici e non trasmette il fascicolo agli organi istituzionali deputati al controllo, ovvero all’Ispettorato del Lavoro, all’Inps, all’Inail, all’ASL ed all’Ispesl o, in estrema ipotesi, alla stazione dei Carabinieri competente per territorio. La storia non finisce qui, essa nasconde momenti davvero inquietanti. Il 5 luglio 2006 il materassificio si incendia e muoiono due lavoratrici in nero, Giovanna e Annamaria, per loro è la fine.  Anna Elisa Pepe, però, non si arrende e in data 12 ottobre 2006 si presenta presso il “nucleo operativo dei Carabinieri di Sala Consilina” e  denuncia cose incredibili. La Pepe verbalizza che il 5 agosto 2004 si era recata presso la stazione dei Carabinieri di Montesano/M. per denunciare i soprusi e le pessime condizioni di lavoro patiti nel materassifico di Maceri; il maresciallo Recano le avrebbe assicurato un pronto intervento anche perché la Pepe denunciava le precarie condizioni di lavoro presenti pure nell’altro laboratorio di Padula. Invano la Pepe attende notizie; si spazientisce e nel mese di giugno 2005 si presenta presso la Guardia di Finanza di Sala Consilina e sporge nuova denuncia; ma tutto sembra cadere nel vuoto. La Pepe (sempre secondo la denuncia del 12-10-2006) riesce infine a sapere occasionalmente che la sua denuncia presso i Carabinieri di Montesano/M. sarebbe stata inviata all’Ispettorato del Lavoro: un anno prima della grave sciagura. Tutti sarebbero rimasti immobili nell’attesa delle fiamme devastanti. Di chi la colpa? Se quel fascicolo depositato presso la Direzione Provinciale del Lavoro fosse stato inviato all’Ispettorato sarebbe stato evitato il disastro ? Non spetta a me dare risposte. Posso soltanto dichiarare che tutto quello che ho scritto, nei numerosi articoli pubblicati, l’ho espressamente comunicato (come detto) alcuni anni fa anche al Presidente del Tribunale di Sala Consilina che avrebbe sollecitato la Procura della Repubblica; allora il caso era ancora aperto ma nessuno fece alcunché. Le due sfortunate vittime aspettano, nel freddo delle loro tombe, ancora giustizia. Non voglio assolutamente difendere il Maceri che deve comunque pagare per le sue colpe, ma la responsabilità di quel maledetto incendio non credo possa essere addebitata soltanto a lui. Ecco perchè gli sfoghi e la rabbia dei familiari di Giovanna mi appaiono, oggi, più che mai come “lacrime di coccodrillo”.

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