L’identità che ora serve al potere

di Angelo Giubileo

Un’identità si costruisce in contrapposizione ad altra o altre. A giudizio di Galli della Loggia, il partito di Renzi mancherebbe attualmente di una propria identità politica, a meno che si adegui alla strategia degli altri partiti europei sedicenti socialisti. I quali, egli dice, “non sapendo più che cosa essere né come esserlo. Sono ormai ridotti a riporre le loro residue speranze elettorali nel rappresentare comunque, con il loro nulla, il ‘meno peggio’”.

E quindi?, nulla di nuovo; ma non solo per l’area politica che una volta si sarebbe detta di sinistra, la cui denominazione appare ed è invece sempre più priva di senso, così come l’altra di destra. Era il 1976 quando, a scongiurare il sorpasso a opera del Pci, Indro Montanelli invitò gli italiani a votare Dc “turandosi il naso”. Sono trascorsi circa 40 anni e sarebbe facile arguire: siamo ancora a questo?

Sì e no. Molte cose sono cambiate, e complessivamente in meglio; guardando a ciò che, con generica espressione, riguarda il tenore di vita medio degli italiani. Eppure, traspare un antico vizio italico che è proprio quello di esprimere un giudizio su qualcuno o qualcosa non in sé e per sé ma in relazione ad altro. E, quasi una sorta di corollari di quest’antico teorema italico, di conseguenza anche le tesi riconducibili alla colpa dei predecessori o addirittura, senz’alcuna minima argomentazione, semplicemente ai tanti vorrei ma non posso.

E se fossero i fatti, a essere giudicati? I puri e semplici fatti, legati alle rispettive, sia pure, promesse e, viceversa laddove riscontrate, azioni di governo? Se così fosse, quale sarebbe il giudizio su Renzi e il suo partito? All’appuntamento del voto, avremmo ancora bisogno di altri elementi, in questo caso promesse, o ne avremmo di sufficienti, in questo caso azioni, per giudicare?

Ma, se pure volessimo tenere conto soltanto delle promesse, vecchie o nuove che siano, come dovremmo considerare le azioni, che pure sono occorse? E, è bene sottolinearlo, a differenza invece di chi, delle proprie azioni, non ne abbia dato ancora, secondo i diversi pareri, sufficiente o eccessiva mostra? E così, credo non sia troppo difficile pensare ai Cinque stelle. A meno che non si voglia dare per scontato che rappresentino comunque il “più”-“peggio”.

Durante la più recente corsa per le primarie, Renzi in assemblea di partito ha precisato più volte che in politica è sempre una questione di potere. A tale proposito, mi chiedo quanti anni siano passati da quella, divenuta celebre in Italia, espressione di Giulio Andreotti secondo cui il potere logora chi non ce l’ha. E scopro allora che una prima citazione risale a un documento del 16 giugno 1959, quasi sessant’anni orsono. Ma, come molti ben sanno, la frase non è del politico della Dc ma del più celebre politico e diplomatico francese del Settecento, Charles Maurice de Talleyrand.

Non discuto se sia solo una questione di potere, ma ammesso che lo sia, sappia allora il fiorentino che il potere è da sempre abituato a passare di mano, dalle proprie a quelle altrui o viceversa; dato che, direbbe il già citato mentore francese, “ogni passo non necessario è imprudente”. Cosa questa che, invece, il nuovo segretario del Pd non può più permettersi, dato che i passi sono ormai necessari e diventati improcrastinabili. Fatti salvi i passi di tutti gli altri, ovvero grillini e destrorsi di turno.

 

 

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