CONSIP: la notte della repubblica … la storia è sempre quella

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Che piaccia o meno, alla fine sta vincendo la politica sulla magistratura; a meno di un colpo di coda, non improbabile, da parte dei magistrati inquirenti romani saremo chiamati a registrare lo stop clamoroso degli inquirenti sulla “mamma di tutti gli scandali” del secondo dopoguerra. Gli ingredienti ci sono tutti per la proclamazione di una impensabile vittoria della politica: l’alleanza larga (PD, FI, Ala, ecc.), i soggetti in campo (Renzi, Berlusconi, Verdini, Alfano, ecc.), la dimensione presumibilmente affaristica, la gogna per uno dei magistrati più in vista, il ridimensionamento dell’azione esplosiva della Procura di Roma che con “mafia capitale” aveva toccato l’apice dello scontro di potere istituzionale.

            Poi c’è il messaggio mediatico, una sorta di condizionamento del pensiero di massa, con la scusa di dover rimettere in piedi un carrozzone di potere (leggasi CONSIP) che con le sue scelte avrebbe fatto risparmiare alle casse dello stato una trentina di miliardi di euro sulla spesa complessiva dello Stato in questi ultimi anni. Un messaggio subliminale che il Parlamento (nella sua quasi totalità) sta cercando di far passare nell’opinione pubblica come uno strumento assolutamente necessario per l’economia generale e che per questo necessita una pulizia generale con l’azzeramento dei vertici del CONSIP, anche quelli che per ubbidire ad un dovere istituzionale (leggasi Marroni) hanno dichiarato ai magistrati napoletani che ci sono state alcune fughe di notizie molto importanti (il generale dei carabinieri che avverte il ministro Lotti dell’esistenza di alcune microspie negli uffici di Marroni e che quest’ultimo era stato avvertito dallo stesso Lotti dell’esistenza delle spie !!).

            Insomma siamo alle solite, anzi la cosa è peggiorata e la storia rimane sempre quella con un valore aggiunto sicuramente di primaria importanza: oggi al contrario del passato si cerca di far passare messaggi mediatici tali da rendere l’azzeramento dei vertici e la gogna per chi ha sbagliato nel dichiarare la probabile verità come cose ineluttabili, anzi necessarie. Prima era diverso, nella prima repubblica tutto avveniva nel silenzio ovattato con azioni trasversali e misteriose che risultavano anche più interessanti di quelle di oggi; insomma se prima potevamo indicare gli scandali come “la notte della repubblica”, oggi possiamo soltanto pubblicizzare “il giorno della repubblica”. Perché oggi, contrariamente ad ieri, lo scontro viene gestito in campo aperto ed alla luce del sole sotto mentite spoglie fino al punto di riuscire a convincere la gente della bontà di una decisione del Parlamento che fa a cazzotti con le regole più ovvie e semplici della vita pubblica.

            Con questo non intendo associarmi al contesto generale nella condanna, senza se e senza ma, dell’operato di Henry John Woodcock (pm napoletano non nuovo ad inchieste clamorose e spesso naufragate nel nulla) che si è macchiato soltanto di un “reato linguistico” (come direbbe Vincenzo De Luca) per aver rilasciato alcune confidenze ad una giornalista in gonnella e per aver sostenuto che “… a parer suo solo un pazzo avrebbe potuto compiere un falso negli atti dell’indagine in corso, escludendo dunque che potesse trattarsi di altro se non di un errore …”, come scrive il presidente della Cassazione Ciccolo nell’atto di incolpazione a carico del magistrato napoletano. Ma, come scrive Il Fatto Quotidiano, il potere vero sta cercando con tutti i mezzi di far fuori (istituzionalmente !!) il pubblico ministero che riesce sempre ad entrare negli scandali apparentemente più grossi del Paese e che, dopo qualche successo iniziale, viene quasi sempre messo nelle condizioni di non nuocere. Ecco perché quello dello “scioglimento del patto confidenziale” tra il giudice e la giornalista mi appare sempre di più come una banale giustificazione per avviare un provvedimento disciplinare in grado di svilire l’intera azione investigativa.

            Questo sta accadendo, e di questo dobbiamo prendere atto; come scrivevo nel precedente articolo siamo forse arrivati alla battaglia finale tra i due poteri più forti della nostra democrazia: politica e magistratura. Chi vincerà potrà gestire il potere assoluto e per vincere occorrono tanti soldi. Tendo conto che il CONSIP è un immenso granaio di soldi si può, quindi, ben affermare che chi controlla il Consip potrà mettere le mani su tutto il potere esistente in questo Paese. Una massima di Bettino Craxi spiega benissimo il potere dei soldi, ma questo lo vedremo nella prossima puntata.

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