Ponti e Viadotti: il crollo di Genova … da Morandi a Ilardi e al Grancano

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Il crollo del “ponte Morandi” di Genova (detto “Ponte di Brooklyn”) ha scatenato tutti i navigatori del web (centinaia di milioni di persone) che, come spesso ho scritto e riscritto, credono di essere giornalisti, scienziati, magistrati, medici, ingegneri, letterati, scrittori, poeti ecc. ecc., ma mai per esempio semplici operatori ecologici, guardie forestali, impiegati di infimo livello, campanari o contadini.

Un minuto dopo il crollo del ponte di Genova ecco tutti i navigatori impegnarsi a pontificare ed a sparare le loro sentenze, le loro teorie sulle cause del crollo, le dinamiche progettuali e realizzative, insomma i censori di ciò che non conoscono e non sanno neppure se esiste per davvero.

Ho letto, più per curiosità che per interesse, alcuni tra le centinaia e centinaia di commenti che “gli amici” hanno depositato sulla mia pagina FB; tra i tanti ho scelto quello postato da Antonio Ilardi, noto ingegnere salernitano, rampollo di una famiglia di ingegneri, quindi del mestiere: “”In 24 ore milioni di novelli ingegneri hanno scoperto il motivo del crollo di un viadotto, identificandolo, senza avere alcun dato a disposizione, nell’assenza di manutenzione, e gli stessi, divenuti magistrati, hanno emesso la sentenza di condanna, previa unanime modifica via social delle leggi vigenti. E’ il Burundi ? No e’ l’Italia ! (Con rispetto per il Burundi)””.

Mi sembra il commento più adatto e più genuinamente comprensibile per descrivere ciò che sta accadendo intorno al crollo del Ponte Morandi di Genova, una icona non solo per la città ligure ma per l’Italia intera, almeno fino all’altro giorno.

Non mi soffermo, ovviamente, su cosa ha potuto provocare il crollo, sui rilievi fatti o non fatti, sui controlli forse inesistenti, sulle fatalità che hanno determinato l’evento disastroso perchè ciò che mi interessa è tutto il mondo strano ed incomprensibile che si muove intorno a simili accadimenti.

E questa volta vengo quasi tentato di giustificare, non comprendendo, i milioni di social-post scritti quasi tutti da assoluti incompetenti, in quanto se addirittura gli addetti ai lavori (procuratore della repubblica, presidente del consiglio, ministri, partiti politici e direttore generale di Autostrade Italia e della Concessionaria Atlantia (del gruppo Benetton) dicono cavolate e parlano senza sapere cosa dicono, figurarsi la marea dei navigatori del web che colpe possono avere a questo punto.

Più di tutti i post e le apodittiche affermazioni televisive mi ha impressionato una delle prime dichiarazioni del Procuratore della Repubblica di Genova che a poche ore dal disastro è riuscito a sentenziare le cause come attribuibili ad “errore umano”. Vero è che nelle ore successive ha fatto qualche rapido passo indietro, anche perché non aveva ancora sul suo tavolo neppure la convenzione tra Concessionaria e Stato, cercando di ripararsi dietro opportuni verbi al condizionale che non hanno, comunque, cancellato la prima dichiarazione. Insomma, quando anche un Procuratore della Repubblica incappa in simili disattenzioni è giusto commiserare i milioni di post scritti da gente assolutamente non all’altezza e sicuramente non attrezzati, scientificamente e politicamente, alla bisogna.

Ma il “crollo di Genova” riapre un’antica discussione, se non proprio polemica, sulle condizioni di salute del Viadotto Gatto, la bretella stradale volante che consente il collegamento diretto del porto di Salerno con il raccordo autostradale; una bretella da sempre molto pericolosa (per la pendenza e per la ristrettezza) ma anche continuamente a rischio sicurezza e, quindi, bisognevole di continue manutenzioni e cure. Tanto da farla inserire tra le prime nella classifica dei ponti e viadotti più a rischio crollo d’Italia.

E’ vero che le esigenze del porto non sono assolutamente conciliabili con quelle della città; ma bisogna anche capire che gran parte dell’economia cittadina e provinciale dipende direttamente dalle capacità turistiche e commerciali dello scalo marittimo nostrano che progettisti non avveduti hanno esteso nel cuore pulsante del centro storico invece di delocalizzarlo altrove già una quarantina di anni fa.

E allora cosa fare ? Innanzitutto rendere il Viadotto Gatto più sicuro e percorribile, poi limitare al massimo il transito delle autovetture riaprendo al traffico nei due sensi di marcia Via Croce- Indipendenza e, infine, cominciare seriamente la discussione per la sua delocalizzazione sulla litoranea verso Eboli.

Non si può assolutamente correre il rischio di un intervento della Magistratura per chiudere il viadotto, anche perché siamo tutti scottati dall’esperienza già vissuta per il Viadotto Grancano (quello che consente di scendere direttamente a Fratte e verso la tangenziale a tutti i veicoli provenienti dalle autostrade) che da anni ha praticamente sbloccato il traffico che si chiudeva a tappo durante i periodi estivi e spezzava il Paese in due, come vedete nella foto. Non so quanti ricordano che quando quel viadotto era in costruzione intervenne la magistratura a fermare il cantiere e ad arrestare alcuni personaggi perché un CTU aveva definito il Grancano in “imminente pericolo di crollo” con l’interessamento degli edifici abitativi sfiorati dalle sue campate (proprio come a Genova). Il viadotto è ancora lì, fa il suo lavoro ed ha sbloccato un problema enorme che ogni anno anche le tv nazionali riportavano nei loro notiziari.

2 thoughts on “Ponti e Viadotti: il crollo di Genova … da Morandi a Ilardi e al Grancano

  1. QUID EST VERITAS?
    Il viadotto Polcevera è conosciuto come ponte Morandi per via del progettista, l’ingegnere Riccardo Morandi.È stato costruito tra il 1963 e il 1967 dalla Società Italiana per Condotte d’Acqua.
    L’inaugurazione è avvenuta il 4 settembre 1967 alla presenza del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Il ponte Morandi dalla sua costruzione ha sempre fatto discutere dividendo anche gli ingegneri. «Il viadotto ha presentato fin da subito diversi aspetti problematici, oltre l’aumento dei costi di costruzione preventivati». È la valutazione che l’ingegner Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato all’Università di Genova, fa del ponte crollato IL 14 AGOSTO 2018, in un articolo pubblicato da Ingegneri.Info il 29 luglio 2016.
    Le osservazioni dell’ingegnere contenute nell’articolo del 29 luglio 2016 sono di carattere strettamente tecnico, ma fanno riferimento al fatto che il ponte, realizzato nei primi anni ‘60, fu fin dai primi decenni «oggetto di manutenzioni profonde con costi continui che fanno prevedere che tra non molti anni i costi di manutenzione supereranno i costi di ricostruzione del ponte: a quel punto – conclude l’articolo del 29 luglio 2016 – sarà giunto il momento di demolire il ponte e ricostruirlo». Il viadotto fu interessato da imponenti lavori di manutenzione straordinaria, tra cui la sostituzione dei cavi di sospensione a cavallo della fine anni ‘80 primi anni ‘90, con nuovi cavi affiancati agli stralli originari.QUID EST VERITAS?
    PIETRO CUSATI
    giornalista

  2. Quanti rimpianti sui destini del porto e di tulle le sue infrastrutture!!
    A cominciare da quando prevalse il partito della conservazione che preferì ampliare la struttura mantenendola nella sua posizione, quella attuale, piuttosto che spostarla verso sud in un sito molto più idoneo per futuri sviluppi. Oppure quando fu giustamente deciso di eliminare il binario cittadino che trasferiva le merci del porto, commettendo la grave pecca di non aver previsto e realizzato prima una alternativa che consentisse di ottenere trasporti validi efficienti ed economicamente più remunerativi mediante collegamenti diretti su rotaia con la rete ferroviaria nazionale.
    Ora la tragedia del ponte autostradale di Genova fa tornare l’attenzione sul Viadotto Gatto.
    Invero già da tempo esso era venuto alla ribalta, sia per i periodici e spesso frequenti ingorghi di traffico che coinvolgevano in una assurda commistione grossi tir autovetture e motorette, sia per allarmi sempre più ravvicinati sul suo stato di sicurezza e sulla sua efficienza e affidabilità strutturale.
    Oltre naturalmente alle accorate segnalazione degli abitanti delle case circostanti per inquinamenti ambientali, rumori, vibrazioni, ecc.
    Ora che la sensazione diffusa, al di là dell’esito dei controlli e delle rassicurazioni fornite dai responsabili, rende più tangibile il timore di imminenti pericoli, l’attenzione si sposta in maniera – direi più frenetica – sullo stato di avanzamento dei lavori riguardanti Porta Ovest.
    Il destino di questa bretella stradale, da notizie apprese dagli organi di informazione, appare fluttuante. Nata per servire il porto e la città, è sembrato a un tratto che fosse destinata ad assumere solo funzioni di accesso facilitato per le aree urbane. In seguito si è tornato a parlare di collegamenti con gli svincoli autostradali, quindi con percorribilità ammmessa anche ai grossi veicoli in transito da e per il porto. Non sono però sufficientemente informato sulla veridicità o meno di una notizia secondo cui, per tale fine, ancora non sia pronta la progettazione di massima e esecutiva in area Cernicchiara delle rampe di accesso agli imbocchi autostradali verso nord e verso sud. Condizione oltretutto affinchè vengano consolidati i relativi finanziamenti.
    Speriamo solo di non creare altri motivi di rimpianto.

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