Elezioni 2019: Riace … quando gli elettori danno ragione ai giudici !!

 

Aldo Bianchini

SALERNO – E’ un fatto quasi storico, comunque mediamente provato; quasi sempre quando i giudici colpiscono un politico (soprattutto prima delle elezioni) producono una sorta di reazione nel corpo elettorale che istintivamente si schiera dalla parte del più debole e cerca di premiarlo sul piano dei voti donandogli un consenso  che in caso di pace giudiziaria non avrebbe mai concesso. In pratica all’elettore medio non interessa più andare a scoprire i punti deboli dell’indagato, piuttosto è molto più disponibile a far risaltare la presunta arroganza e il più concreto strapotere dei magistrati che, da molto tempo, mal si concilia con l’immaginario collettivo della gente. E questo solo per colpa di un sistema giudiziario che ha bisogno di pesanti e profonde modificazioni.

Non ne parliamo quando, poi, il personaggio politico “violentemente” indagato viene difeso a spada tratta dalla stampa e idolatrato dai soliti soloni che credono, dall’alto degli strumenti che hanno a disposizione, di poter condizionare e/o ribaltare l’opinione dei loro lettori e telespettatori lanciando assurdi e immotivati attacchi a trecentosessanta gradi dei magistrati quando osano mettere nel mirino delle loro inchieste i cosiddetti “campioni della sinistra”. Fortunatamente la mitizzazione di certi personaggi non ha mai pagato e non paga, e questo senza avere la pretesa di scendere nel dettaglio della loro innocenza o colpevolezza.

Tutto questo è accaduto nel cosiddetto “caso Riace” con l’indagine giudiziaria a carico del sindaco Domenico Lucano (detto Mimmo) che tutta la sinistra italiana ha mitizzato forzando tutti i canoni della corretta prudenza che, invece, sarebbe necessaria nei casi molto complessi per non tracimare da quelle che possono anche essere considerate giuste posizioni di principio, soprattutto quando sull’altra faccia della medaglia si brutalizza un magistrato come Luigi D’Alessio che non ha mai condotto inchieste per mettersi in evidenza e non ha mai rincorso la stampa o i grandi soloni per dare ampia pubblicità al suo modello lavorativo che è stato da sempre contenuto nelle righe della perfetta e corretta osservanza delle regole del gioco.

Ed è accaduto ciò che i grandi soloni  non avrebbero mai voluto che accadesse: la gente, ovvero l’elettore, ha scelto ed ha mandato a casa l’ex sindaco Lucano che, con un gesto di sfida aperta nei confronti del Procuratore della Repubblica di Locri (appunto il dr. Luigi D’Alessio), si era candidato per un posto nel nuovo consiglio comunale di Riace; la sinistra tace e tacciono anche i grandi soloni del mondo dell’informazione.

E mi torna alla mente soprattutto il commento del 3 ottobre 2018 postato dalla non meglio identificata “Paola”, anonima lettrice di questo giornale, in calce ad un mio articolo nel contesto del quale cercavo di chiarire a chi non lo conosceva di che pasta era fatto il giudice D’Alessio: “Non voglio vivere in un paese dove si arresta un Sindaco non per mafia, corruzione, disastro ambientale ma per aver messo in essere  un modello di integrazione esportabile ed esportato  in tutto il mondo civile.  Un Sindaco che non ha inventato gli immigrati ma se li è trovati in casa, sulle spiagge, e li ha riconosciuti come Persone alle quali offrire un’opportunità. La strana alleanza che ci governa, con questa porcata, rischia. Per quanto mi riguarda ha già perso un consenso. Bloccate Salvini prima che sia troppo tardi”. Commento durissimo ma anche sicuramente fuori da ogni contesto ragionevole; come fai a spiegare, difatti, ad una persona del genere che il giudice D’Alessio ha semplicemente portato avanti un’inchiesta non sugli immigrati ma su come essi sono stati gestiti, un’inchiesta che non era e non voleva entrare nel novero della politica ma che in essa è stata pesantemente scaraventata dai soliti “grandi soloni” dell’informazione.

Come fare, ad esempio, a dimenticare l’uscita fuori luogo dell’ex sindaco di Cava de’ Tirreni, Marco Galdi, autore di un ordine del giorno presentato in consiglio comunale per esprimere ammirazione per l’amministratore arrestato (e siamo al 28 ottobre 2018).

Come fare a non rispolverare l’incauto intervento pubblico dell’ex magistrato Claudio Tringali (pm, gip, presidente di sezione, presidente del Tribunale di Vallo e presidente di Corte d’Appello), già compagno di lavoro di D’Alessio nel Tribunale di Salerno, quando apoditticamente sentenziò che non c’erano i presupposti per l’arresto come se avesse letto tutte le carte agli atti del fascicolo giudiziario. E pensare che durante l’epoca di tangentopoli lo stesso Tringali, nel ruolo di Gip, approvava e convalidava metodicamente quasi tutte, per non dire tutte, le inchieste e le richieste afflittive che D’Alessio gli sottoponeva.

Ma l’episodio più scabroso si è verificato, a mio modo di vedere, quando Domenico Lucano è stato invitato nella trasmissione televisiva di Rai/1 “Che tempo che fa” per essere osannato e mitizzato dal mitico solone milionario Fabio Fazio che indusse anche il pubblico presente in sala ad alzarsi in piedi e ad applaudire a scena aperta l’uomo che secondo Fazio e l’intera sinistra era stato brutalizzato ingiustamente da un’incauta e tutta politica indagine giudiziaria.

Io sono stato da sempre garantista assoluto (e D’Alessio ne sa qualcosa) ma nel vedere quella scena sono rimasto un po’ perplesso; e se è giusto non condannare subito Lucano è anche giusto aspettare l’evolversi dell’inchiesta prima di massacrare gli investigatori.

Ci ha pensato il popolo con il suo giudizio inappellabile a zittire tutti, anche i pesanti ermellini della Cassazione che, politicamente, avevano cercato di scardinare l’inchiesta di D’Alessio; ora spetterà soltanto al processo dire se Lucano era colpevole o innocente.

Il popolo ha già deciso.

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