San Gregorio VII: la traslazione definitiva e la “croce pettorale” di Don Nunzio

Aldo Bianchini

SALERNO – Alla notizia della traslazione delle reliquie di San Gregorio VII (il Papa rifugiato,  morto e custodito a Salerno) la domanda è: “Si tratta di una traslazione definitiva o le spoglie del Papa, esaurito l’Anno Gregoriano indetto dalla Diocesi di Sovana, Pitigliano e Orbetello, ritorneranno a Salerno ?”.

Attendiamo una risposta decisa e convincente da parte della Curia salernitana perché dopo averle custodite dal maggio del 1614 sarebbe davvero un sacrilegio privare la città di Salerno della sua stessa immagine religiosa propalata in tutto il mondo cattolico proprio in forza della custodia delle reliquie del Santo.

Reliquie che sono state onorate con una fede quasi morbosa e sostenute da splendidi atti di munifica beneficenza da parte soprattutto della famiglia degli armatori D’Amico.

Cominciò nel secondo dopoguerra il capostipite Antonio che volle dare degna sistemazione ai resti mortali del Papa dopo la ricognizione del 10 luglio 1954.

 

Poi è arrivata la meritoria beneficenza degli eredi di Antonio, i fratelli Paolo e Cesare D’Amico, la cui incontestabile munificità è stata canalizzata e distribuita negli anni da Mons. Nunzio Scarano che per il Santo ha davvero impegnato tutto se stesso in una serie incredibile di azioni meritevoli di tutto il rispetto possibile da parte dell’enorme platea di fedelli che nel corso dei decenni hanno omaggiato la salma di San Gregorio VII.

Nel precedente articolo, dedicato a questo avvenimento, ho evidenziato una piccola parte delle opere portate avanti da Mons. Nunzio Scarano che per tutto ringraziamento sia una giustizia superficiale che una stampa molto disattente hanno scaraventato e stritolato nella infernale macchina tritacarne di un processo che non s’aveva assolutamente da fare.

Le opere sono davvero tante che è giusto tentare di elencarle per quanto i ricordi possono sorreggermi:

  • La vicenda della Croce Pettorale tempestata di pietre preziose donata da Paolo VI (che l’aveva ricevuta da Pio XII quando lavorava nella segreteria di stato, ad un suo amico S.E. Oriano Quilici (grande amico di mons. Scarano), arcivescovo e nunzio apostolico, che prima di morire la lasciò a Don Nunzio che l’ha ripristinata e offerta al santo;

 

  • Le pietre preziose che mancavano dalla tiara del grande pontefice  sono tutte ritrovate e donate da Scarano al santo;

 

  • L’anello, con topazio prezioso, donato dal cardinale Schuster all’epoca della ricognizione della salma del santo nel 1954 era addirittura scomparso; Don Nunzio lo ritrovò e lo regalò al santo tramite l’arcivescovo Pierro che aveva anche piacere di indossarlo;

 

  • La navicella che è sotto il sarcofago del santo prima è stata restaurata, poi Scarano l’ha regalata in copia ai D’Amico perché fosse il protettore delle navi dei potenti armatori; navicella preparata a mano dai gioiellieri Savi di Roma.

Le opere di Mons. Nunzio Scarano, ovviamente, non finiscono qui e vanno riviste e rielaborate anche alla luce di una sentenza del 4 febbraio scorso che ha mandato assolti Paolo Cipriani e Massimo Tulli (ex direttore e vicedirettore generale dell’Istituto delle Opere di Religione) dall’accusa di riciclaggio perché “il fatto non sussiste”. La sentenza di appello, che conferma quella in primo grado, è arrivata come dicevo il 4 febbraio, ed è stata in generale ignorata dai media, anche da quelli che si occupano di informazione religiosa. Per Cipriani e Tulli, è la fine di una procedura che li aveva messi sul banco degli imputati con una opinione pubblica ostile. Per la Santa Sede, è la certificazione che il lavoro svolto in tema di antiriciclaggio era stato fatto in piena trasparenza.

Non è una cosa di poco conto, anche perché la vicenda giudiziaria che sta travolgendo Mons. Scarano è assai simile, anche nelle accuse, a quella di Cipriani e Tulli.

Ma di questo scriverò nella prossima puntata.

 

Intanto, questa mattina (martedì 18 febbraio 2020) appuntamento in aula nel Tribunale di Salerno con una nuova udienza del processo-madre a carico di Mons. Nunzio Scarano e rivedremo subito all’opera l’avv. Riziero Angeletti (difensore del prelato) che ritorna a Salerno con un nuovo successo professionale.

Nell’articolo di qualche giorno fa scrivevo dell’avv. Santonastaso e della difesa portata dall’avv. Angeletti per la parte inerente le presunte accuse di intimidazione nei confronti dello scrittore Roberto Saviano , della parlamentare Rosaria Capacchione (giornalista de “Il Mattino”) e del magistrato Raffaele Cantone. Ebbene qualche giorno fa la Suprema Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello di condanna ad undici anni di reclusione a carico di Santonastaso con rinvio ad altra sezione della stessa Corte di Appello di Napoli.

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