Al capolinea dell’assistenzialismo o del Paese

 

Angelo Giubileo (avvocato – scrittore)

Da questione socio-sanitaria, anche l’emergenza Covid19 è diventata, qui da noi, questione politico-istituzionale e quindi, è bene chiarirlo e ripeterlo, qui da noi quella in corso è piuttosto un’emergenza politico-istituzionale. Sia chiaro, niente a che fare con ipotesi complottistiche o fantapolitiche. L’emergenza politico-istituzionale è nei fatti. Dato che – in assenza di uno stato reale di emergenza socio-sanitaria, verità che neanche la sinistra e il governo possono attualmente smentire – i fatti dicono che la sinistra e il governo vorrebbero viceversa prorogare l’attuale stato di emergenza, ripetiamo in assenza di presupposti, al fine di prorogare il regime emergenziale di legislazione (leggi Dpcm) e di governo (leggi reddito di emergenza) varato e sostenuto politicamente negli ultimi 4-5 mesi.

Che si tratti di un vero e proprio scontro politico-istituzionale è confermato nei fatti, innanzitutto dalla feroce presa di posizione dei partiti di opposizione parlamentare, che vorrebbero almeno un voto in Parlamento, così come per il Mes e tante altre questioni essenziali per il presente e il futuro della nostra democrazia, nei fatti sospesa. La settimana scorsa, al grido delle opposizioni, si è unito anche quello della Presidente del Senato (ma non del Presidente della Camera) che ha invitato il Governo a sottoporre le proprie decisioni al voto del Parlamento e il parere di illustri costituzionalisti come, per citarne uno soltanto, l’ex ministro Sabino Cassese il quale ha scritto di “non abusare dell’emergenza” al fine di evitare “l’accentramento di tutte le decisioni” politico-istituzionali e in effetto sottrarre “gli atti dettati dall’emergenza” al controllo perfino del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale.

Se questo è il quadro politico-istituzionale – comunque soggetto al governo della norma giuridica sia pure di emergenza, eccezionale e quindi legato al tempo dell’emergenza stessa, reale che è o prevedibile che sia – perfino assai più grave è la situazione relativa all’attuale quadro economico-finanziario che nel presente e soprattutto in futuro dovrebbe garantire una ripresa al Paese. Dato che oggi in Italia, il numero dei pensionati (22,78 milioni) ha superato il numero dei lavoratori (22,77 milioni) – e misure che favoriscono il reddito in assenza di lavoro non possono che implementare questo trend e questo sbilancio improduttivo a vantaggio della rendita e del capitale e a svantaggio del lavoro -, sarebbe ora che il Governo ci dica piuttosto cosa intende fare per la ripresa.

Continuare la politica assistenziale finora perpetrata servirebbe solo a sancire definitivamente il declino dell’Italia industriale, postindustriale ed essenzialmente produttiva. Capisco che forse alcuni preferirebbero ancora attendere le decisioni che saranno assunte in sede Ue nei giorni 17-18 luglio p.v. e a seguire per il settennato di bilancio 2021-2028 e le decisioni elettorali USA del 4 novembre p.v.; ma già oggi sappiamo bene che – ed è inutile negarlo o ammantare la seguente verità di falsi ideologismi: la politica assistenzialista italiana dell’ultimo decennio (e oltre) è giunta al capolinea!

Pertanto, è necessario rimboccarci subito le maniche. Prima lo facciamo, meno grave sarà la situazione che dovremo affrontare. Come precisato anche dal ministro degli interni Lamorgese, è giunto il tempo che anche il Governo “delle quattro sinistre” prenda atto della situazione reale. L’autunno è vicino. Basta con l’assistenzialismo, non serve che a peggiorare la realtà delle cose.

 

 

 

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