RUBINO: quando il medico fa il medico, anche senza essere eroe !!

Aldo Bianchini

Dr. Domenico Rubino - Primario Urologia presso Ospedale di Polla e sindaco di Sassano (foto tratta da Ondanews.it)

SALERNO – Dallo scorso mese di marzo che è già passato alla storia come “il mese della grande guerra biologica” è stato detto tutto e il contrario di tutto sul personale sanitario (medici, infermieri, ecc.) che all’interno degli ospedali, quasi come se fossero stati infossati in una trincea della “grande guerra 15-18”: caschi, visiere, tute bianche, gambali, scarponi, guanti, mascherine e quant’altro la tecnologia ha messo a disposizione per la guerra dei virus.

Si è arrivati perfino a definire “eroi” tutti quei medici e quegli infermieri che sicuramente si sono impegnati allo spasimo, pur non facendo altro che il proprio dovere nell’ottica della missione che ognuno di loro decide di intraprendere in piena libertà e sotto il cosiddetto “giuramento di Ippopcrate”.

Naturalmente la nobile professione del medico o dell’infermiere non deve essere esaltata dagli appellativi di maniera (come accaduto a marzo) e neppure dalle notizie dell’ultima ora dell’inchiesta sui due medici della Clinica Tortorella di Salerno indagati per “omicidio colposo plurimo” (e sui due medici, il primario Carmine Napolitano arrestato e il collega Marco Clemente sospeso, si sono già lanciati come cani famelici i killer dell’informazione); ma neppure dalla parolaccia “farabutti” pronunciata a muso duro dal governatore De Luca contro alcuni operatori sanitari dell’Ospedale del Mare di Napoli qualche settimana fa.

 

Ognuno di noi, almeno quelli di una certa età, ha una conoscenza specifica della sanità pubblica e quindi può esprimere un giudizio sulla sua efficienza che per linee generali può essere riassunto nella seguente frase: “Non esistono medici farabutti ma non esistono neppure medici eroi”, se per eroi (termine abusato durante la prima ondata del contagio) ci si riferisce a quei medici e quei paramedici che sono apparsi in tv stanchi e distrutti dal lavoro, mi corre l’obbligo di richiamare tutti al cosiddetto “senso del dovere” ormai smarrito nei gangli tumultuosi delle carriere, del potere e dei guadagni senza se e senza ma.

Per quanto mi riguarda posso aggiungere che “la sanità pubblica ha scavato un fossato talmente largo tra la funzione pubblica e i diritti dell’utenza” che è diventato quasi impossibile superare gli steccati frapposti tra i pazienti forse troppo pretenziosi e gli operatori sicuramente arroccati nella loro casta quasi intoccabile ed a volte scostante.

 

Come al solito è nel mezzo, tra eroi e farabutti, che bisogna trovare la migliore spiegazione al problema; abbiamo assolutamente bisogno di medici e infermieri che siano interpreti fedeli della loro missione, dotati di una certa autorevolezza che non deve mai tracimare al di là dei confini naturali della stessa missione che deve essere sempre al servizio di chi sta male e ha bisogno di aiuto, spesso anche morale ed umano.

Potrei anche essere smentito (sarà difficile !!) ma per come lo conosco, da oltre quarant’anni, si sento di poter affermare che un medico con tutte le caratteristiche fin qui descritte c’è ed opera, guarda caso a Polla, il suo nome è Domenico Rubino.

Sicuramente non è mai stato un eroe (gli eroi classici, storicamente, non stanno troppo bene di testa) ma altrettanto sicuramente non è mai stato un farabutto (nel senso classico della parola; Domenico Rubino è stato più semplicemente un medico che ha scelto volontariamente di fare il medico, di studiare, di aggiornarsi e, soprattutto, di mettere il suo bagaglio di lunga esperienza al servizio della sanità pubblica. All’insorgere della pandemia poteva benissimo lasciare e andarsene a godere di un giusto e meritato riposo, aveva già maturato tutti i requisiti per il pensionamento, ma aveva chiesto qualche mese prima e continuò a chiedere in quel momento drammatico di rimanere in servizio attivo e, addirittura, di scaricarsi sulle spalle la responsabilità organizzativa del nascente centro-covid del plesso ospedaliero L. Curto di Polla.

Spesso incontrandolo, con il mio amico Pierino Cusati, ha detto di avere in piena lucidità rischiato la vita pur di rispondere all’appello d’aiuto della comunità valdianese e diceva: “Di fronte ad una calamità del genere un medico deve rimboccarsi le maniche e comportarsi da medico, sempre”.

Per lunghi mesi è apparso inattaccabile dall’insidiosa malattia; e invece no, ecco che qualche settimana fa un’improvvisa crisi respiratoria lo ha costretto al ricovero ospedaliero con gravi conseguenze; e subito dopo anche la compagna, operatrice sanitaria anch’essa, Carmela Iannibelli (denominata la Clinton del Vallo di Diano), ricoverata nello stesso nosocomio. Da qualche giorno la buona notizia, entrambi a casa perfettamente guariti ed in convalescenza.

 

Ecco, l’iter professionale e operativo di Domenico Rubino (primario di urologia a Polla) può essere facilmente ricompreso in quello che, anche sotto il profilo dell’immagine, dovrebbe sempre essere la figura del medico. E questo affinchè che “gli eroi di un tempo a noi vicino non vengano trasformati in farabutti”.

 

 

 

 

 

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