Parmenide, l’essere e l’antico tesoro

Angelo Giubileo

(avvocato – scrittore)

La vita degli uomini si compone di due “elementi” (dal greco antico), entrambi essenziali ma uno soltanto imprescindibile: lo spazio (ciò che Heidegger chiama dimora) e il tempo. E pertanto Esiodo dice nella Teogonia che, tradotto: in principio è lo spazio. Tutte le storie dei miti, a cui si rifanno nel tempo tutte le teorie – fisiche politiche e religiose – narrano di una dimora originaria e di un approdo futuro di cui però, si capisce bene, non possiamo avere alcuna certezza. Sono molti oggi i fisici, anche assai noti, che negano l’esistenza del tempo. Eppure “i nostri più antichi progenitori” (come li chiama Aristotele nella Metafisica) già sapevano questo. Essi, in ordine al tempo, parlavano piuttosto di “viaggi degli dei”, intesi come viesentieri (con riferimento ancora una volta a Heidegger) di ogni elemento dell’Essere. In questi giorni ricorre un anno dalla morte di Emanuele Severino, il cui percorso non sempre ho condiviso. A commento di un’antologia di scritti del filosofo bresciano, in uscita per il Corriere della sera con il titolo “Il dito e la luna”, Armando Torno scrive che la riscoperta della verità da parte di Parmenide è per Severino “come il pirata che torna sull’isola a dissotterrare il tesoro”. A mio parere, Parmenide avrebbe detto invece che il “tesoro” dimora nell’essere, privo di un dio, che è e non è possibile che non sia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *