Il permesso di costruire in sanatoria (condono) che non doveva essere rilasciato

La redazione

Avv. Giovanni Maria Di Lieto

NAPOLI – E’ quanto argomenta il Tar Campania Sez. II^ Salerno nella sentenza pubblicata a novembre 2020.

Il fatto. Con ricorso notificato, il ricorrente A. R., (difeso dall’Avv. Giovanni Maria di Lieto), nella qualità di proprietario confinante di un immobile sito in Minori, impugnava i provvedimenti relativi alla sanatoria ed al completamento di un manufatto (deposito) realizzato su area confinante intestata ai controinteressati R. M. e F. M. Deduceva, in particolare, la non condonabilità dell’opera in contestazione, in quanto non ultimata al rustico e funzionalmente incompleta (ossia realizzata con copertura precaria, priva di tamponatura sui lati e priva dei servizi e degli impianti necessari alla sua utilizzazione), tanto da richiedere interventi di nuova costruzione con opere a farsi, non assentibili attraverso il condono edilizio. Deduceva inoltre che:

– l’abuso edilizio condonato è stato realizzato successivamente all’entrata in vigore del D.M. n. 1404/1968 ed è stato realizzato a distanza inferiore a quella prevista per le strade statali dal D.M. 1 aprile 1968, n. 1404;

– sussiste inidoneità statica della costruzione, non essendo stato presentato l’obbligatorio progetto di adeguamento antisismico e mancando il prescritto parere del Genio Civile;

– l’abuso edilizio è stato realizzato su area destinata a pubblico servizio – già prima dell’esecuzione dell’opera – dallo strumento urbanistico comunale, quindi sussiste vincolo di inedificabilità assoluta;

– è stato omesso il sub procedimento e il parere dell’Ente Parco “Monti Lattari”;

– l’opera edilizia abusiva ricade in zona R3 – P3 del Piano Stralcio dell’Autorità di Bacino, sicché l’intervento edilizio di completamento autorizzato dal Comune non è consentito in tale zona; in ogni caso, l’intervento edilizio autorizzato avrebbe dovuto essere preceduto dal parere dell’Autorità di Bacino.

Con sentenza pubblicata a novembre 2020, il Tar Campania Salerno Sez. II^ ha ritenuto fondati i motivi e le argomentazioni sostenute dall’Avv. Giovanni Maria di Lieto, difensore del ricorrente A. R. e ha accolto il ricorso proposto contro Comune di Minori – Commissario ad acta – Responsabile pro tempore del Servizio Edilizia Urbanistica del Comune di Minori e nei confronti di R. M. e F. M., annullando il rilasciato permesso di costruire in sanatoria (condono). Per il rapporto di continenza tra la censura accolta e quelle non esaminate, il Giudice di primo grado ha ritenuto assorbito l’esame dei residui motivi del ricorso.

Si legge nella sentenza in esame: <<Rileva in proposito il Tribunale che l’impugnata concessione in sanatoria presenta un evidente vizio di legittimità, che il ricorrente ha stigmatizzato con il primo motivo di ricorso. 10.2. Ed invero, ai sensi del combinato disposto degli artt. 39 della L. 23/12/1994, n. 724 e 31 della L. 28/2/1985, n. 47 possono essere sanate le “… opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993 …”. Ai fini della sanatoria “…si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente”. […] 10.4. Nel caso di specie, in base alle emergenze documentali in atti, deve escludersi che, alla data del 31 dicembre 1993, il manufatto, destinato a uso non residenziale, potesse considerarsi ultimato, in quanto funzionalmente non completato. 10.5. Infatti, nella relazione tecnica illustrativa, […] si legge: “Allo stato l’immobile in oggetto, costituito da una struttura in profilati di ferro e copertura in lamiere metalliche, si presenta quale deposito di materiali ed attrezzatura per l’attività dei (controinteressati). Perimetralmente, il manufatto è inserito tra il setto murario che delimita la proprietà con la Strada Statale 163 sul lato sud, ed il muro di contenimento del terreno della piazzola situata a quota superiore sul lato nord; mentre sui lati est ed ovest è priva di chiusure verticali”. […] 11. Per tutto quanto sopra esposto, dunque, l’impugnato permesso di costruire in sanatoria risulta illegittimo>>.

Induce ad una cauta e ragionata riflessione la circostanza di fatto che il pdc in sanatoria (annullato dal Tar perché illegittimo), rilasciato dal Comune di Minori, rectius dal Commissario ad acta, organo straordinario del Comune (di nomina regionale), aveva finanche superato il controllo di legittimità da parte della Soprintendenza BAAAS Salerno e Avellino (rectius, controllo di legittimità sulla autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune).

Pure merita una cauta riflessione la circostanza di fatto che il Comune di Minori si sia costituito in giudizio per sostenere la tesi della legittimità del pdc in sanatoria rilasciato dal Commissario ad acta, di nomina regionale (quando invece il Comune non aveva provveduto, né aveva opposto un diniego rispetto alla richiesta di condono). Si aggiunga che, sulla stessa area in questione, interessata dal manufatto e dal condono annullato dal Tar Campania Salerno Sez. II^, sembra pendere la procedura di project financing e relativo procedimento espropriativo finalizzato alla realizzazione di box interrati da parte del Comune (“Strada di collegamento della viabilità interna con la S.S. 163 Amalfitana Km 32+500 e relativi parcheggi pubblici e pertinenziali”). Evidentemente, l’azione amministrativa sembra non procedere con la necessaria coerenza.

Per completezza va detto che, avverso la sentenza del Tar Campania Salerno – Sez. II^ in esame, è stato proposto dai controinteressati R. M. e F. M. e pende ricorso in appello al Consiglio di Stato – Roma.

02/05/2021

 

 

 

 

 

 

 

N. _____/____ REG.PROV.COLL.

N. 01203/2010 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1203 del 2010, proposto da

Antonio Rispoli, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Maria Di Lieto, con

domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in

Salerno presso lo studio dell’Avv. Lentini, Corso Garibaldi n. 105;

contro

Comune di Minori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato

e difeso dall’avvocato Ruggiero Musio, con domicilio digitale come da PEC da

Registri di Giustizia;

Commissario ad acta Dr. Michele Chiagano, nominato dal Dirigente del

Provveditorato OO.PP. di Salerno in ottemperanza alla ordinanza del T.A.R.

Salerno n. 166/08, non costituito in giudizio;

Responsabile pro tempore del Servizio Edilizia Urbanistica del Comune di Minori,

non costituito in giudizio;

nei confronti

Raffaele Mormile e Francesco Mormile, rappresentati e difesi dall’avvocato

N. 01203/2010 REG.RIC.

Vincenzo Lamberti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

a) del permesso di costruire in sanatoria n. 07 del 04.06.2009, rilasciato ai sigg.ri

Raffaele Mormile e Francesco Mormile dal Commissario ad acta nominato dal

Dirigente Provveditorato OO.PP. di Salerno in ottemperanza alla ordinanza della

Sez. II del TAR Salerno n. 166/08 del 27/11/2008;

b) dei pareri espressi dalla CECI il 24/11/2008 e il 19/02/2009, verbale n. 31;

c) del provvedimento di autorizzazione paesaggistica del Responsabile del Servizio

del Comune di Minori prot. 2458 del 06/03/2009;

d) del provvedimento della Soprintendenza BAAAS di Salerno e Avellino n. 13320

del 11/05/2009;

e) del provvedimento del Commissario ad acta n. 4969 del 14/05/2009;

f) del verbale di accesso del 21/05/2009;

g) di tutti gli atti preparatori, presupposti, collegati, connessi e conseguenziali,

comunque lesivi della posizione giuridica del ricorrente

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Minori e dei

controinteressati Raffaele Mormile e Francesco Mormile;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza di smaltimento del giorno 19 ottobre 2020 il dott. Nino Dello

Preite e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 26 giugno 2010 e depositato il 23 luglio 2010 il

ricorrente, nella dedotta qualità di proprietario di un immobile sito in Minori alla

via Amato, impugnava i provvedimenti in epigrafe specificati, relativi alla sanatoria

ed al completamento di un manufatto realizzato su area confinante dalla società in

N. 01203/2010 REG.RIC.

nome collettivo, intestata ai controinteressati.

2. Con articolata prospettazione denunziava:

a) Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 31 e 35 L. n. 47/85; art. 39 L. n.

724/94; art. 5 L. Regione Campania n. 35/87; P.R.G. del Comune di Minori;

Circolari interpretative n. 2241/UL del 1995 e n. 3357/25 del 1985); Eccesso di

potere (Violazione del principio del giusto procedimento – Difetto / Erroneità dei

presupposti in fatti e in diritto – Difetto di istruttoria e di motivazione –

Contraddittorietà – Perplessità – Sviamento);

b) Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 31 e 35 L. n. 47/85; art. 39 L. n.

724/94; Circolari interpretative n. 2241/UL del 1995 e n. 3357/25 del 1985); Art.

32 co. 2, lett. c) e co. 3 L. n. 47/85; Art. 33 L. n. 47/85; D.M. 1 aprile 1968, n.

1404; Eccesso di potere (Violazione del principio del giusto procedimento – Difetto

/ Erroneità dei presupposti in fatti e in diritto – Difetto di istruttoria e di

motivazione – Contraddittorietà – Perplessità – Sviamento);

c) Violazione di lege (Delibera G.R. Campania n. 5447 del 07/11/2002 di

riclassificazione sismica del territorio della Campania; Artt. 136, 91, 83 D.P.R. n.

380/01; Capo IV D.P.R. n. 380/01; L. 64/74 – Art. 32, co. 2 e co. 3, L. 47/85 – Art.

33 L. 47/85 – Eccesso di potere (Violazione del principio del giusto procedimento –

Difetto / Erroneità dei presupposti in fatti e in diritto – Difetto di istruttoria e di

motivazione – Contraddittorietà – Perplessità – Sviamento);

d) Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 31 e 35 L. n. 47/85; art. 39 L. n.

724/94; Circolari interpretative n. 2241/UL del 1995 e n. 3357/25 del 1985);

Violazione del vincolo preordinato all’esproprio e dell’art. 9 D.P.R. n. 380/01;

Eccesso di potere (Violazione del principio del giusto procedimento – Difetto /

Erroneità dei presupposti in fatti e in diritto – Difetto di istruttoria e di motivazione

– Contraddittorietà – Perplessità – Sviamento);

e) Violazione di legge (Delibera G.R. Regione Campania n. 2777/03 e Circolare n.

1/2005;

f) Violazione di legge (Artt. 25 – 34 – 31 Disposizioni generali della disciplina

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normativa del piano stralcio per la tutela del rischio e per l’assetto idrogeologico

adottato dall’Autorità di Bacino Regionale Destra Sele) – Eccesso di potere

(Violazione del principio del giusto procedimento – Difetto del presupposto –

Difetto di istruttoria e di motivazione).

2. Deduceva, in particolare, la non condonabilità dell’opera in contestazione, in

quanto non ultimata e funzionalmente incompleta (ossia realizzata con copertura

precaria, priva di tamponatura sui lati e priva dei servizi e degli impianti necessari

alla sua utilizzazione), tanto da richiedere interventi di nuova costruzione con opere

a farsi, non assentibili attraverso il condono edilizio.

3. Allegava, inoltre, che:

– l’abuso edilizio condonato è stato realizzato successivamente all’entrata in vigore

del D.M. n. 1404/1968 ed è stato realizzato a distanza inferiore a quella prevista per

le strade statali dal D.M. 1 aprile 1968, n. 1404;

– sussiste inidoneità statica della costruzione, non essendo stato presentato

l’obbligatorio progetto di adeguamento antisismico e mancando il prescritto parere

del Genio Civile;

– l’opera edilizia abusiva ricade in zona R3 – P3 del Piano Stralcio dell’Autorità di

Bacino, sicché l’intervento edilizio di completamento autorizzato dal Comune non è

consentito in tale zona; in ogni caso, l’intervento edilizio autorizzato avrebbe

dovuto essere preceduto dal parere dell’Autorità di Bacino.

4. Instauratosi il contraddittorio, si costituiva il Comune intimato, nonché i

controinteressati specificati in epigrafe.

Deducevano inammissibilità, irricevibilità ed infondatezza del ricorso.

5. Con ordinanza n. 886 del 24 settembre 2010, il Collegio respingeva l’istanza

cautelare.

6. All’udienza del 19 ottobre 2020, la causa è stata trattenuta per la decisione.

7. Devono essere preliminarmente esaminate le eccezioni di rito proposte dai

controinteressati.

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7.1. Questi contestano in primo luogo la irricevibilità del ricorso per tardività, in

quanto lo stesso sarebbe stato proposto oltre il termine decadenziale, decorrente

dalla data di conoscenza del provvedimento in sanatoria, ovvero dalla data di inizio

dei lavori.

7.2. Il rilievo non può essere condiviso, in quanto non è emersa con certezza la data

di conoscenza del provvedimento impugnato da parte del ricorrente, che non ha

ricevuto specifica comunicazione dello stesso da parte del Comune; né il termine

per impugnare il titolo in sanatoria può esser fatto decorrere dall’inizio dei lavori,

che per definizione sono stati già completati, trattandosi di abuso edilizio.

7.3. Infatti, secondo condivisibile giurisprudenza, “nel caso d’impugnazione del

titolo edilizio in sanatoria, il termine decorre dalla data in cui sia portato a

conoscenza che, per una determinata opera abusiva già esistente, è stata rilasciata

la concessione edilizia in sanatoria (da ultimo, in termini, Cons. Stato, sez. IV, 26

marzo 2013, n. 1699)” (cfr. T.A.R. Salerno, Sez. I, n. 462 del 3 marzo 2015).

7.4. Deve, dunque, essere ritenuta la tempestività del ricorso.

8. Dipoi, i controinteressati deducono il difetto di legittimazione al ricorso del

ricorrente per carenza di un interesse specifico all’annullamento degli atti, atteso

che la sussistenza del requisito della mera vicinitas non costituirebbe elemento

sufficiente a comprovare la legittimazione a ricorrere e l’interesse al ricorso,

occorrendo invece la positiva dimostrazione di un danno alla posizione di colui che

insorge giudizialmente.

8.1. L’eccezione è infondata.

8.2. Osserva, a tal riguardo, il Collegio che – nell’ipotesi di impugnazione di titoli

edilizi – il rapporto di vicinitas risulta di per sé idoneo a fondare tanto la

legittimazione (ossia la titolarità di una posizione giuridica qualificata e

differenziata rispetto a quella del quisque de populo) quanto l’interesse a ricorrere

(e cioè la sussistenza di una lesione concreta e attuale alla posizione giuridica del

vicino per effetto del provvedimento amministrativo impugnato) nell’ipotesi di

impugnazione di titoli edilizi, mentre nel caso di impugnazione di strumenti

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urbanistici, anche particolareggiati, o di loro varianti, il semplice rapporto di

vicinitas vale – al più – a dimostrare la sussistenza di una generica legittimazione,

ma non è viceversa sufficiente a fondare anche l’interesse a ricorrere, occorrendo

l’allegazione e la prova dell’insorgenza di uno specifico e concreto pregiudizio a

carico dei suoli in proprietà della parte ricorrente per effetto degli atti di

pianificazione impugnati, dai quali, per definizione, quei suoli non sono incisi

direttamente (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 22 aprile 2020, n. 2242; Cons. Stato, Sez.

IV. 26 luglio 2018, n. 4583 e 4 dicembre 2017, n. 5674).

8.3. Dal momento che, nella specie, ha formato oggetto di impugnativa un singolo

intervento edilizio e non già uno strumento di pianificazione urbanistica, deve

concludersi che la mera allegazione della vicinitas da parte del ricorrente integri

condizione, ex se, necessaria e sufficiente per contestare nella sede giudiziale

l’attività edilizia posta in essere dai controinteressati; dovendosi, in proposito,

rammentare che, per quanto attiene al pregiudizio della situazione soggettiva

protetta del vicino, “il danno è comunque ritenuto sussistente in re ipsa per gli

abusi edilizi, e ciò poiché ogni edificazione abusiva incide se non sulla visuale,

quanto meno sull’equilibrio urbanistico del contesto e l’armonico e ordinato

sviluppo del territorio, a cui fanno necessario riferimento i titolari di diritti su

immobili adiacenti, o situati comunque in prossimità a quelli interessati dagli

abusi” (Cons. Stato, Sez. II, 30 settembre 2019, n. 6527; Cons. Stato, Sez. IV, 26

luglio 2018, n. 4583).

9. Sempre in via preliminare, i controinteressati sostengono che il ricorso avrebbe

dovuto essere notificato alla Soprintendenza per i Beni Artistici e Culturali, in

quanto Amministrazione resistente.

9.1. Anche tale eccezione non può essere accolta.

9.2. Il Collegio rileva che, nella fattispecie oggetto di giudizio, l’atto lesivo

dell’interesse di natura oppositiva, fatto valere dal ricorrente, è individuabile nel

permesso di costruire in sanatoria, adottato dal Commissario ad acta nominato con

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ordinanza n. 166/2008 del T.A.R. Salerno, la cui attività è imputabile

all’Amministrazione comunale, avendo agito in sostituzione della stessa. Con tale

atto, sulla base del parere positivo espresso dalla Commissione edilizia e

dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Responsabile del Servizio dello

stesso Comune (non annullata dalla Soprintendenza di Salerno), è stata accolta

l’istanza di sanatoria presentata dal ricorrente.

9.3. Invero, il potere riconosciuto alla Soprintendenza è da intendersi quale

espressione non già di un generale riesame nel merito della valutazione dell’ente

delegato, bensì di un potere di annullamento per motivi di legittimità, riconducibile

al più generale potere di vigilanza, che il legislatore ha voluto riconoscere allo

Stato nei confronti dell’esercizio delle funzioni delegate alle Regioni ed ai Comuni

in materia di gestione del vincolo, fermo restando che il controllo di legittimità può

riguardare anche tutti i possibili profili dell’eccesso di potere (cfr. Corte Cost., 7

novembre 2007, n. 367).

9.4. Siffatta conclusione è, a maggior ragione, confortata dalla constatazione che

l’intervento della Soprintendenza, nel modello legale che regola la fattispecie, è

soltanto eventuale.

9.5. Del pari da escludere è la configurazione della Soprintendenza quale

controinteressato.

9.6. Come affermato dalla consolidata giurisprudenza, infatti, per controinteressato

s’intende il soggetto, contemplato nell’atto impugnato ovvero facilmente

individuabile dalla lettura dello stesso, che per effetto diretto ed immediato del

provvedimento impugnato abbia ottenuto una posizione giuridicamente qualificata

alla conservazione dell’atto impugnato e perciò ha un interesse sostanziale antitetico

e di segno contrario rispetto all’interesse del ricorrente (cfr., ex multis, T.A.R.

Basilicata Potenza, 12 gennaio 2011 , n. 1; T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 08

novembre 2010 , n. 7196).

9.7. La Soprintendenza, dunque, alla stregua di tali coordinate, non assume, nella

fattispecie oggetto di giudizio la veste di controinteressato, mancando tanto

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l’elemento sostanziale, ossia la titolarità di un interesse analogo e contrario a quello

azionato con il ricorso, quanto l’elemento formale, costituito dall’espressa

contemplazione del soggetto nell’atto impugnato ovvero dall’agevole sua

identificabilità sulla base di quello (Cons. Stato, Sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3692).

10. Può a questo punto passarsi all’esame del merito della controversia.

10.1. Rileva in proposito il Tribunale che l’impugnata concessione in sanatoria

presenta un evidente vizio di legittimità, che il ricorrente ha stigmatizzato con il

primo motivo di ricorso.

10.2. Ed invero, ai sensi del combinato disposto degli artt. 39 della L. 23/12/1994,

n. 724 e 31 della L. 28/2/1985, n. 47 possono essere sanate le “… opere abusive che

risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993 …”. Ai fini della sanatoria “…si

intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la

copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non

destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente”.

10.3. Relativamente alla nozione di completamento funzionale, operante con

riguardo ai manufatti non destinati, come quello di specie, alla residenza, la

giurisprudenza ha affermato che essa implica uno stato di avanzamento nella

realizzazione tale da consentirne potenzialmente, e salve le sole finiture, la

fruizione; in altri termini l’organismo edilizio, non soltanto deve aver assunto una

sua forma stabile nella consistenza planivolumetrica (come per gli edifici, per i

quali è richiesta la c.d. ultimazione “al rustico”, ossia intelaiatura, copertura e muri

di tompagno), ma anche una sua riconoscibile e inequivoca identità funzionale che

ne connoti con assoluta chiarezza la destinazione d’uso, occorrendo, all’uopo, che

siano presenti le opere indispensabili a rendere effettivamente possibile

l’utilizzazione a cui la costruzione è destinata (Cons. Stato, VI, 24/1/2020, n. 588;

9/12/2019, n. 8389; Sez. II, 14/1/2020, n. 339; Sez. V, 3/6/2013, n. 3034).

10.4. Nel caso di specie, in base alle emergenze documentali in atti, deve escludersi

che, alla data del 31 dicembre 1993, il manufatto, destinato a uso non residenziale,

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potesse considerarsi ultimato, in quanto funzionalmente non completato.

10.5. Infatti, nella relazione tecnica illustrativa, avente ad oggetto il progetto di

completamento dell’immobile de quo e presentata nel mese di febbraio 2009 dagli

stessi controinteressati, si legge: “Allo stato l’immobile in oggetto, costituito da una

struttura in profilati di ferro e copertura in lamiere metalliche, si presenta quale

deposito di materiali ed attrezzatura per l’attività dei (controinteressati).

Perimetralmente, il manufatto è inserito tra il setto murario che delimita la

proprietà con la Strada Statale 163 sul lato sud, ed il muro di contenimento del

terreno della piazzola situata a quota superiore sul lato nord; mentre sui lati est ed

ovest è priva di chiusure verticali”.

10.6. Tenuto conto della descritta consistenza ontologica del manufatto,

comprovata dagli atti di causa (si vedano, in particolare, i rilievi fotografici, allegati

alla predetta relazione paesaggistica), deve ritenersi che il provvedimento sia stato

adottato in violazione del chiaro disposto degli artt. 39 della L. n. 724/1994 e 31

della L. n. 47/1985, sopra richiamato.

10.7. Ed invero, alla stregua delle acquisizioni processuali, la struttura per cui è

causa risulta priva delle opere indispensabili a rendere effettivamente possibile il

riconoscimento delle caratteristiche tipologiche necessarie per individuarne la

funzione.

10.8. La tamponatura perimetrale e la copertura costituiscono, infatti, elemento

essenziale ai fini dell’ultimazione dell’opera, in quanto concorrono ad individuare

il volume dell’edificio, onde è altresì necessaria la continuità tra muri perimetrali e

copertura (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 6 luglio 1992, n. 627). In buona sostanza, per

edificio al rustico si intende un’opera mancante solo delle finiture (infissi,

pavimentazione, tramezzature interne), ma necessariamente comprensiva delle

tamponature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili

ed esattamente calcolabili (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16 ottobre 1988, n. 1306).

11. Per tutto quanto sopra esposto, dunque, l’impugnato permesso di costruire in

sanatoria risulta illegittimo.

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11.1. Deve, pertanto, esserne pronunziato l’annullamento, restando assorbito, per il

rapporto di chiara continenza tra la censura accolta e quelle non esaminate (cfr. Ad.

Plen. n. 5/2015), l’esame dei residui motivi del ricorso.

11.2. Le spese del giudizio, considerata la vicenda nel suo complesso, possono

essere compensate tra tutte le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di

Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in

epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi e nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2020 con

l’intervento dei magistrati:

Paolo Severini, Presidente

Gaetana Marena, Referendario

Nino Dello Preite, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Nino Dello Preite Paolo Severini

IL SEGRETARIO

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