ALFREDO DE MARSICO … ”Il Maestro”

 

Giuseppe Amorelli

(avvocato – scrittore)

 

Avv. Prof. Alfredo De Marsico - "Il Maestro"

Nasceva  a Sala Consilina (SA) il 29 maggio 1888, Alfredo De Marsico: Avvocato, Docente universitario e Politico.  “il Maestro dei Maestri”, fu definito da Enrico De Nicola “un penalista emulo di Demostene” in virtù dell’autorevolezza conquistata nelle aule dei Tribunali.

Faro dell’avvocatura di ieri e direi anche, e, soprattutto di oggi. Rimangono principi ed insegnamenti indelebili  e di sicuro riferimento ancora oggi,  la sua concezione della ”Parola” , l’arte oratoria, e dell’ “Avvocato”.

E in quella “Parola” elegante e al tempo stesso rigorosa che l’arte e le scienze trovarono la perfetta armonia.

L’arringa del Maestro è simile ad una costruzione  architettonica della parola, non fine a se stessa., in quanto sorretta  da saperi multidisciplinari, tutti diretti alla dimostrazione difensiva-

“L’arringa sia sempre diretta al perseguimento di un “fine pratico” una delle ragioni per le quali l’oratoria forense si distacca dalla letteratura” . L’oratoria, arte del convincere e del muovere spiriti, non ha sede; può esplicarsi nel deserto, e v’è infatti chi parla sulle spalle del suo tempo, all’avvenire, ma se  un vestigio non resti, chiunque vi s’imbatterà ,ne sarà mosso e convinto. La essenza oratoria della lirica, che può esser vista come una espressione, più alta dell’oratoria , è questa.. Cosi, il Maestro  nella prefazione delle Arringhe vol.II. Rimane superba e austera la Sua definizione di oratore: Oratore è chi,  nelle tenebre o nella caligine, fa spuntare una luce, e di luci gli uomini saranno sempre avidi, e ad essa sempre aspireranno gli occhi con un battito festoso di palpebre.

Nella prefazione al V volume delle Arringhe è racchiuso un messaggio che il Maestro ha voluto tramandare all’avvocatura di oggi.

Infatti De Marsico, quasi alla fine della sua carriera, avvertì un pericolo che poteva travolgere la parola. L’introduzione nel processo della “scienza” .

Il destino della eloquenza, cuore della difesa e anche la figura dell’avvocato erano in pericolo con l’avvento di nuovi saperi specialistici . l’eloquenza quindi doveva “trasformarsi” se “prima accettava i risultati della filosofia e li applicava al caso ristretto che illustrava, oggi l’eloquenza respinge le conclusioni acquisite, le considera tutte suscettibili di modificazioni e di incrementi e definisce per questo allargamento gli elementi che il caso ha offerto”.

Ci si puo chiedere quale  fu l”Arringa” piu bella del Maestro. La risposta nella prefazione delle Arringhe vol.III: “ Ogni manifestazione della parola, anche la piu restia ai morsi del tempo, non può che essere approssimativa, in ciò consistendo la diversita della parola e della musica da tutte le altri arti, ,, e forse la loro superiorità: che mente le arti figurative possono avere termine di comparazione una parte del mondo oggettivo, e la distanza fra opera dell’artista e la realtà può ridursi fino alla scomparsa, la parola e la musica non lo hanno che in un modello ideale, non raggiungibile mai, poiché quando il talento di un oratore sembra realizzarlo esso è già sfuggito alla stretta avanzando ed innalzandosi. Sicchè non arringhe puo dare un avvocato ma abbozzi, tentativi, nel modo inconquistabile della sua tecnica e della sua arte.”

Il Maestro ha colto sempre l’occasione di tracciare la figura dell’Avvocato, libera e fiera, in ogni suo intervento pubblico sostenendo espressamente che:” L’Avvocato che aspiri ad essere tale dovrà in primo luogo rendersi libero e poi dimostare  financo nel corso di disordini sociali e nonostante il vento contrario dell’impopolarità che non rinuncia  ad esprimere il proprio argomentato dissenso  quando questo è necessario per la difesa di un altro uomo. Grazie al suo mondo interiore deve sempre rendersi libero da ogni pastoia.

Mirabile il discorso che il Maestro tenne a Pescara nell’anno 1971 sull’Avvocatura, delineando il “ruolo” insopprimibile dell’ AVVOCATO  e quindi  della professione forense nell’ambito della società civile e che valga anche come monito alle nuove generazioni di Avvocati.

“In ogni momento del nostro cammino, l’occhio non sia fisso che al vero. La ricerca del vero, la difesa del vero, il culto del vero; questo indica il primo obbligo a cui costringe la nostra toga; essa diventa la divisa di una grande funzione civile: l’attuazione della giustizia attraverso l’accertamento, quasi arduo , del vero.”.

A Sala Consilina, Sua città natìa, un busto  del Maestro, giace dimenticato in un edificio, prima palazzo di Giustizia, oggi adibito a uffici dell’Asl, farmacia,

 

 

 

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