Elezioni 2021: l’Arcivescovo e gli spazi mancati per gli altri … e la Barone ?

 

Salvatore Memoli

(avvocato – giornalista)

 

Non discuto le disposizioni dell’autorità ecclesiale, men che mai dell’arcivescovo di Salerno che ha impartito disposizioni ai suoi sacerdoti di Salerno di non concedere spazi per le assemblee a nessuna formazione  politica, per le elezioni amministrative prossime. Il problema non é rimanere estranei ed imparziali, le realtà pastorali la loro imparzialità non la dimostrano così. La chiesa e la politica hanno bisogno di partecipazione e d’identità. La Chiesa salernitana non ha bisogno di distanze ma di identità chiara, fedele agli insegnamenti del Concilio, dei Pontefici e delle indicazioni dei suoi Vescovi che non sono mai di stretto carattere politico o sociologico bensì strettamente legate alle scelte della Dottrina sociale della Chiesa e dei piani pastorali della Chiesa locale. Il messaggio di Bellandi non sembrava diretto alla candidata Sindaca Elisabetta Barone. Per la Chiesa locale Elisabetta è una garanzia, nonostante la sua tessera del PD. La sua storia personale ci dice che è espressione e figlia della Chiesa e possiede i numeri per stare in gioco. Ovviamente la sua aurea di laica cattolica non la puó retrocedere ad un raggruppamento, nato per caso, mezzo rivoluzionario e mezzo conservatore, un contenitore dove c’è tutto ed il suo contrario. Elisabetta e chiunque altro dovrebbero poter utilizzare spazi aperti delle nostre strutture ecclesiali, senza essere confusi con un’opzione di gruppo espressione della Chiesa locale. La Chiesa non perde dignità da un’apertura fisica dei suoi spazi. Se sente questa preoccupazione deve interrogarsi su tutto quello che ha permesso ad altri, continuamente e per tante motivazioni poco ecclesiali. Diceva un vecchio e saggio cattolico che il denaro è lo sterco del diavolo, se concima opere pie deve essere benedetto! Non mi fermo a questa riflessione. Da un Vescovo mi aspetto, benché difficile da spiegare, un insegnamento ed una guida teologica sicura sul valore” dell’Unità politica dei Cattolici”. Se ci venisse indicata questa strada, molti di noi avrebbero tanto da riflettere ed agire di conseguenza. Stare uniti vorrebbe dire costruire una comunità militante di credenti che attuano liberamente scelte impregnate del profumo della cristianità. Non vuol dire rifare la Democrazia Cristiana! Non significa creare una nuova cinghia di trasmissione con la Chiesa! Non significa rilanciare i “baciapile”! Se così fosse io dovrei stare con Elisabetta, ovvero a lei spetterebbe valutare un cammino con me e tanti altri che condividono i suoi stessi valori. Sarebbe bello e commovente. Non essendo così, non vuol dire che in altri schieramenti non ci siano cattolici degni di rispetto. Sono tutti meritevoli di stima individuale ma non di essere riconosciuti come identità ecclesiale, eredi di un magistero autorevole di contenuti unitari e di scelte garantite dal sigillo dell’autenticità. La Chiesa dovrebbe indicare alla politica le sue scelte ed i suoi valori non negoziabili, dovrebbe indicare la strada comunitaria e la scelta generosa di uomini con il carisma della politica, non per se stessi ma per la comunità. Non facendolo lascia l’arbitrio a tutti di possedere la verità, di essere nel giusto, di alzare la cresta sugli altri e di seminare divisioni. Dov’è la Chiesa Madre e Maestra dell’Unità? Questo Vescovo no, ma altri, sacerdoti inclusi, sono stati e stanno nelle segreterie di De Luca e dei suoi proconsoli, pronti a chiedere e sicuri ad ottenere. Riverberando quella certezza che tra il dire e il fare c’è il piatto di lenticchie a fare la differenza.

 

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