Verga e la Certosa: un rapporto quasi carnale … tra misteri e segreti

 

Aldo Bianchini

Giuseppe Verga

PADULA – “Cosa farò da grande ?” è questa la domanda che qualche anno fa si è posta il giovane Giuseppe Verga; una domanda che, ovviamente, si pongono tutte le nuove generazioni che a causa di una inesistente “politica del territorio” si ritrovano con le mani conserte afflitti nel pensiero di un futuro che non lasci intravedere squarci di “buone speranze” se non la via maestra  dell’emigrazione verso territori più fertili sia dal punto di vista lavorativo che culturale e professionale.

Per noi di una certa età è stato tutto più facile, dobbiamo riconoscerlo; anche noi ci ponevamo la stessa domanda, ma a noi toccava solo di scegliere con il privilegio di non lasciare la nostra terra, le nostre radici e i nostri affetti familiari; oggi è tutto più difficile, alla mancanza  di un concreto progetto politico di crescita complessiva si è aggiunto lo zampino della cosiddetta “globalizzazione” che invece di snellire ha complicato le cose in maniera incredibile, dando molto peso al valore della finanza e dell’economia a discapito delle singole identità.

Ecco, per descrivere il personaggio e la personalità di Giuseppe Verga che non è un “novello scrittore” (e lui non si atteggia a tale !!), piuttosto un giovane che ha saputo dare una precisa risposta alla domanda iniziale; Lui l’ha cercata affannosamente ed, infine, l’ha trovata la sua cristallizzazione identitaria legando il suo nome indissolubilmente alla Certosa di San Lorenzo di Padula e, quindi, anche al suo paese di crescita e formazione.

Un esempio, un modello per i tanti giovani alla ricerca della propria identità ? Direi di sì, il suo si profila come un modello da seguire per tutti i giovani che come lui hanno tante altre peculiarità in tante altre branche della società; anche se per affermarlo con forza e in maniera definitiva occorrerebbero prove più conclamate sul rapporto tra giovani-scuola-lavoro-territorio e le strategie politiche a salvaguardia dell’intero comprensorio vallivo.

Probabilmente per Giuseppe Verga è stato più facile, lui non è nato a Padula o a Polla; lui è nato nel cuore della Certosa di San Lorenzo di Padula, ed è proprio lì, all’interno di quel meraviglioso monumento che è stato allevato a “pane – misteri – segreti – storia con l’obiettivo di una pianificazione strategica a salvaguardia e rilancio dell’imponente opera architettonica certosina m anche, se non soprattutto, per inserire al meglio il valore aggiunto della Certosa nell’immaginario collettivo di una società sonnolenta, magari attraverso le scuole, e non soltanto del territorio circostante.

Non a caso e non per caso un trisavolo di Giuseppe Verga è stato, quasi un secolo fa, uno dei primi custodi dell’immenso monumento; un trisavolo che aveva contribuito, con il suo impegno e dedizione performante, i primi vagiti di riscoperta dei valori inestimabili dell’opera dopo vari decenni di abbandoni e di degrado assoluto.

Senza dimenticare, naturalmente, il papà di Giuseppe letteralmente cresciuto, anche lui portato per mano nelle corti (esterne ed interni) piene di luce e nei meandri oscuri di opere d’arte che era impossibile immagine come recuperabili alla cultura moderna; il miracolo c’è stato, e di questo va ringraziato senza timore alcuno proprio il papà di Giuseppe Verga che è stato capace di attraversare un lungo tratto della storia del monumento, anche agevolando il cammino impervio di documentaristi, attori e registi che nei decenni hanno offerto la loro professionalità per il rilancio universale della Certosa.

Giuseppe ad un certo punto della sua giovane vita sembrava essersi perso, sembrava aver smarrito quel filo conduttore che unisce la sua famiglia alle sorti della Certosa; dopo gli studi doveva andare via o fermarsi, questo il dilemma. Poi è riuscito a farsi quella domanda (cosa farò da grande ?) e con caparbietà e tenacia è ritornato, alla grande, su quella strada maestra che Lui conosce a  menadito fin da bambino: l’amore per la Certosa.

Ed ecco sgorgare, in maniera naturale, come partorito d un rapporto quasi carnale la sua “opera prima” dal titolo ambizioso e promettente: “La Certosa di San Lorenzo a Padula – viaggio nella città celeste dei monaci angeli”.

E non poteva mancare il successo per la presentazione del libro proprio in quelle fredde celle percorse fin d bambino in lungo e in largo, rinate e divenute saloni per le cerimonie, un libro che si è subito posto all’attenzione non solo del pubblico presente e caloroso ma anche dei tanti relatori e cultori della scienza dell’arte e della politica in genere.

Con quell’amore innato per la Certosa l’altra sera (domenica 6 febbraio 23) Giuseppe ha superato la palese commozione ma anche se stesso.

 

 

 

 

 

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